Nel GP di Singapore l’Italia è stata decisamente protagonista. A prendere le prime pagine dei giornali, ovviamente, è stata la doppietta della Ferrari. Ma la gara nella Città del Leone passerà alla storia come quella in cui, dopo 10 lunghissimi anni, un pilota italiano è tornato in testa ad un Gran Premio di F1. Quando Lewis Hamilton – leader della corsa fino a quel momento – ha preso la via dei box, al comando è passata, quasi incredibilmente, l’Alfa Romeo di Antonio Giovinazzi che così ha interrotto quel digiuno che durava dal Gp del Belgio 2009 quando fu Giancarlo Fisichella a guidare il plotone.
L’italiano, partito con gomme medie, ha tenuto il comando per 4 tornate fino al giro 31 quando Sebastian Vettel lo ha superato in Curva 7. Nonostante una strategia suicida che gli ha fatto perdere parecchio tempo a cui si è aggiunta una penalità di 10 secondi, alla fine Giovinazzi si è assicurato la decima piazza confermando il momento di crescita. Antonio merita la riconferma in Alfa Romeo e lo sta dimostrando in pista con prestazioni degne di nota nonostante la sfortuna sembra proprio non lo voglia abbandonare. Domenica, infatti, poteva ottenere un risultato clamoroso se solo la Safety Car fosse uscita un giro prima.
Si conferma la “Teoria di Antonio”
L’inizio per l’italiano è stato tribolato: negli ultimi due anni Giovinazzi aveva corso solamente tre volte: due Gp nel 2017 in sostituzione di Pascal Wherlein e la 24 ore di Le Mans del 2018. Per lui, in quel periodo, ci sono stati solo dei turni di prove libere e tanto simulatore Ferrari. Debuttare in F1 non è mai facile (anche Leclerc ha faticato nelle prime gare), ma diventa complicato quando si perde l’abitudine a stare in pista con altri piloti. A tutto ciò bisogna aggiungere che come compagno di squadra non ha con un driver qualsiasi, bensì un Kimi Raikkonen campione del mondo 2007 che fino a qualche mese prima guidava la Ferrari.
Le prime gare sono state molte toste, condite da qualche errore di troppo e parecchia sfortuna con i problemi tecnici che hanno impedito al pilota pugliese di portare a casa qualche risultato di rilievo. Ma, prendendo in esame l’ultimo vero campionato che ha disputato (la Gp2 nel 2016), si scopre che anche in quella stagione Giovinazzi era partito a rilento per poi scatenarsi nella seconda parte, contendendo il titolo a Pierre Gasly fino all’ultima gara. Anche in questo mondiale il driver di Martina Franca si è comportato come tre anni fa: dopo i primi appuntamenti in cui faceva fatica a mostrare il potenziale, ha pian piano raggiunto (e in alcuni casi superato) le prestazioni di Raikkonen. Sia in qualifica che in gara. Da segnalare che in queste ultime due gare è stato l’unico pilota a portare punti all’Alfa Romeo e anche a Spa sarebbe successo lo stesso senza l’incidente nel corso dell’ultimo giro.
Giovinazzi merita la riconferma e le prestazioni di queste ultime gare lo dimostrano. Certamente non si sta parlando di un fenomeno ma si tratta di un buon pilota che merita di stare nel salotto buono del motorsport. Il prossimo appuntamento è Sochi, circuito sul quale non ha mai corso e che ha solo saggiato durante le FP1 dello scorso anno in cui, con la mente sgombra grazie all’annuncio della scuderia svizzera che ne formalizzava l’ingaggio, raccolse un ottimo decimo tempo davanti a Leclerc. Chissà che non arriverà proprio qui il suo miglior risultato in carriera. Dopo il Gp di Russia ha a disposizione altre 5 gare per far bene e dimostrare a tutti che l’Alfa Romeo farebbe bene a puntare su di lui. Se si conferma la teoria secondo la quale Giovinazzi va forte nei finali di stagione sono sicuro che Antonio non ci deluderà.
Autore: Mattia Maestri – @mattiafunoat
Foto: Antonio Giovinazzi e Alfa Romeo racing