Salutata l’Europa con la gara di Monza, la Formula 1 si sposta in Asia per il 15° appuntamento del Mondiale 2019, dal 20 al 22 settembre al Marina Bay Street Circuit di Singapore. Teatro nel settembre 2008 del primo GP di Formula 1 in notturna nonché dell’800° GP della storia, il circuito è ricavato sulle strade solitamente aperte al traffico di Marina Bay.
La pista di Singapore è stata disegnata dall’architetto Hermann Tilke ha subito una prima modifica nel 2009, una seconda nel 2013 con l’eliminazione della chicane alla curva 10 e una terza ed ultima nel 2015 con la correzione delle curve 11, 12 e 13. Rispetto agli alti circuiti cittadini si distingue per la lunghezza (5.063 metri contro i 3.337 di Monaco) e le velocità (la media sul giro è di quasi 190 km/h, 19 km/h in più di Monaco), oltre che per le sconnessioni dell’asfalto dovute a tombini e strisce verniciate che talvolta costano perdite di grip.
Il ritmo serrato e la mancanza di adeguati spazi per il raffreddamento (il rettilineo più lungo misura solo 832 metri) ne fanno uno dei circuiti più duri per gli impianti frenanti. L’usura del materiale d’attrito rappresenta uno dei canali da tenere costantemente monitorato in telemetria. Secondo i tecnici Brembo, che hanno classificato le 21 piste del mondiale, il Marina Bay Street Circuit rientra nella categoria dei circuiti altamente impegnativi per i freni. In una scala da 1 a 5 si è meritato un indice di difficoltà di 5.
L’impegno dei freni durante il GP
Le 23 curve del tracciato richiedono l’impiego dei freni in 15 occasioni per giro, valore record per il campionato: fra tutte le altre 20 piste arrivano a 11 frenate al giro solo Monaco, Baku, Budapest e Abu Dhabi e le restanti presentano valori inferiori. Da record è anche il tempo impiegato in frenata, quasi 24 secondi al giro mentre la percentuale di utilizzo dei freni è del 25 per cento della durata complessiva della gara, valore inferiore solo a Monaco.
E pensare che due settimane fa le Formula 1 giravano a Monza usando i freni solo 6 volte al giro per una percentuale del 13 per cento. Elevata è anche l’energia dissipata in frenata: ben 275 kWh. L’estrema tortuosità del tracciato contiene la decelerazione media sul giro a 3,4 g. Dalla partenza alla bandiera a scacchi ciascun pilota esercita un carico totale sul pedale di quasi 70 tonnellate: detto in altre parole per ogni minuto di gara lo sforzo è superiore ai 630 kg. Un impegno fisico non da poco considerando l’elevata umidità che solitamente contraddistingue questa gara (da 66 a 71 °C nel 2016) insieme alle alte temperature ambientali.
Le frenate più impegnative
Delle 15 frenate di Singapore 3 sono classificate dai tecnici Brembo come impegnative per i freni, 4 sono di media difficoltà e le altre 8 sono light. La più impegnativa in assoluto è la curva Memorial (curva 7 il nome deriva dalla vicinanza al Parco che ricorda le vittime della Seconda Guerra Mondiale): le monoposto passano da 335 a 128 km/h in 2,06 secondi in cui percorrono appena 118 metri. In questo punto i piloti sono soggetti ad una decelerazione di 5,4 g ed esercitano un carico di 144 kg sul pedale del freno.
Significativo è anche lo sforzo per i piloti (5,2 g) e per l’impianto frenante alla curva Sheares (curva 1, intitolata alla memoria di Benjamin Sheares, ex presidente di Singapore): la velocità delle auto crolla in 105 metri e 1,70 secondi da 326 a 154 km/h, grazie ad un carico di 114 kg sul pedale del freno. Leggermente meno dura, ma solo perché le monoposto vi arrivano a meno di 300 km/h, la frenata alla curva 14: da 299 a 93 km/h in 107 metri con 4,9 g di decelerazione e 139 kg di carico sul pedale.
Autore: Alessandro Arcari – @BerrageizF1
Foto e informazioni: Brembo
Per ulteriori informazioni visita il sito Brembo – https://www.brembo.com/it/