Hamilton e la Ferrari. Sirene rosse per l’uomo nero. Che lancia il sasso senza abboccare all’amo. Che ama il colore e le vetture di Maranello. Ma probabilmente non sarebbe ancora disposto a portarne il fardello. La storia si ripete nel corso degli anni e le domande si ripropongono nella loro ciclica banalità. Ti piacerebbe? Vorresti? Ci hai mai pensato? E via così, con la fiera dell’ovvio, che genera risposte in salsa trita e ritrita, tutt’al più insaporite da una battuta piccata.
Hamilton avrebbe tutto da perdere se abbandonasse la Mercedes. Questa è l’opinione diffusa, la scusa che giustifica l’immutabilità di un sodalizio fin troppo vincente. Ambo le parti legate a doppio filo in attesa di una forbice che recida lo spago, di una mano che rescinda un contratto. Un atto di coraggio tale da restare impresso nella storia di questa Formula Uno, che relega i vincenti sul carro più veloce, che reputa perdenti coloro che non riescono a vincere con l’auto sbagliata. Un atto di amore indirizzato ai cuori di tifosi, che hanno ritrovato antiche emozioni, animate dalle sfide delle nuove leve che combattono anche solo per contendersi un podio.
Lewis sospeso tra sentimento e ragione, sorpreso ad ammirare, immediatamente frainteso e poi costretto a ritrattare. Un copione già visto, atto a cavalcare le fantasie di una tifoseria disillusa, pronto per essere rivenduto ciclicamente al miglior offerente. Eppure, se ci fosse qualcosa di reale? Se quel desiderio nascosto contenesse un messaggio subliminale, una sorta di codice ancestrale ancora tutto da decriptare? Se quella possibilità prendesse vita in un universo parallelo?
Hamilton è al cospetto di un limbo pagano, mentre sigla un moderno patto con il diavolo. Diavolo che non veste Prada e neppure Tommy Hilfiger, ma che pretende in cambio il suo sesto mondiale per abbigliarlo di rosso. Sarà nei panni di Vettel, calzando le stesse scarpette, occupando lo stesso sedile a stagione già in corso, a partire da Singapore. Dovrà eclissare la giovane stella di Charles nella notte di Marina Bay, facendolo inghiottire dal buco nero dell’oblio, per poi tornare a brillare sotto alle luci scintillanti del circuito.
Lewis arriva nella città asiatica un giorno dopo rispetto agli altri piloti a causa di impegni legati alla fashion week milanese. Stanco, stravolto e trafelato, non nega comunque sorrisi e l’attenzioni ai suoi fan, che gli porgono decine di cappellini rossi da firmare per l’occasione.
Hamilton si concede per gli immancabili selfie e gli scatti social fanno il giro del mondo, attirando l’attenzione rapace della stampa, che fa notare come il nuovo pilota Ferrari abbia l’aria incredibilmente sconvolta. Deducono che sia imputabile allo stress, poiché l’inglese si troverebbe alle prese con una vettura poco performante sul tracciato di Singapore, e abituato alla perfezione Mercedes, faticherebbe ad adattarvisi. Qualcuno fa notare che avrebbe dovuto arrivare con almeno un giorno d’anticipo per prendere parte a un briefing con gli ingegneri. Non si salta su una vettura da un giorno per l’altro con la mente rivolta alle sfilate.
Hamilton non è più abituato a certe osservazioni. Ha sempre svolto egregiamente il proprio lavoro nonostante continuasse a coltivare altre passioni al di fuori della Formula uno, dunque i giornalisti avevano smesso di punzecchiarlo. Però ora ha cambiato casacca, ed essere un pilota Ferrari significa necessariamente essere esposto alle critiche, perfino a quelle preventive e immotivate. Lewis cerca di prendere sonno, ma non ci riesce. Troppi pensieri affollano la sua mente, troppi dubbi necessitano di essere chiariti. Ma ora è il tempo del riposo, quindi dovrà attendere.
Hamilton è il grande atteso per la conferenza stampa del giovedì. Miriadi di interrogativi sollevati da tutti i paesi. L’inglese risponde con l’abituale cortesia, tentando di dribblare i concetti scomodi, che vengono riproposti con indefesso puntiglio. Il paragone con Leclerc è il loro chiodo fisso, non c’è verso di distogliere la loro attenzione da questo. Lewis inizia a mostrare un po’ di insofferenza. Nulla di che, una piccola smorfia, quasi impercettibile. In serata si rincorrono i titoloni che sottolineano il nervosismo del re nero.
Venerdì avviene il primo contatto con la SF90. La monoposto è rigida, sbilanciata, impossibile da governare. Le 23 curve del tracciato rappresentano altrettanti momenti di agonia. Hamilton resiste come può alla prima sessione facendo segnare tempi alti che lo portano lontano dalla top ten. Charles riesce invece a strappare il quinto crono dietro alle due Mercedes e alle due Red Bull. Lewis ha difficoltà a mandare in temperatura le gomme e fatica a trovare le traiettorie ideali. La seconda sessione fa registrare un miglioramento da parte dell’inglese, che risale in nona posizione. La Ferrari numero 16 però è quarta. Tempo al tempo. Il britannico ha bisogno di adattarsi alla nuova vettura, ed è sicuro di potersi migliorare. Al solito, però, i commenti sono impietosi ed evidenziano la differenza di prestazione tra i due compagni, guardandosi bene dal considerare la differente situazione.
Lewis trascorre un’altra notte di veglia, affidando il suo disappunto e le sue speranze per l’indomani a un lungo post su Instagram, dove racconta luci e ombre della sua prima giornata in Ferrari. Le sue intenzioni vengono fraintese e i tifosi Mercedes iniziano ad esprimere feroci rimproveri nei confronti del loro ex beniamino. La sensibilità del pentacampione viene scossa nel profondo. Basta davvero così poco per deludere? Hamilton è certo che si ricrederanno quando, domani, andrà a caccia della pole. Sabato mattina Lewis inizia a forzare. Sta prendendo confidenza con la sua Ferrari. I tempi lo dimostrano. Riesce a staccare un’impensabile secondo crono. Galvanizzato da quella prestazione forza ancora di più. Vuole trovare il limite perché è consapevole che alla resa dei conti servirà essere perfetti. Purtroppo, a causa di una piccola imprecisione, trova un letale contatto con il muro, che gli danneggia irreparabilmente l’avantreno impedendogli di disputare le qualifiche. L’indomani partirà in ultima fila.
Lewis piange come un bambino, si scusa, la voce rotta da singhiozzi che non riesce a trattenere. Il suo team radio diventa subito virale. I detrattori lo irridono, la stampa lo accusa, i ragazzini iniziano a far circolare decine di stupidi meme. Hamilton è desolato, ma grazie alla sua grinta conta di riscattarsi in gara, pronto a mettere in scena la sua rimonta più bella, per placare l’oscena sequela di eventi avversi. Rientrato ai box sente una voce che lo chiama. Una tuta Mercedes si avvicina. Sebastian Vettel gli rivolge qualche parola amica, ricordando il supporto che il campione gli ha offerto lo scorso anno. Si dice convinto che Lewis disputerà uno stupendo gran premio. Hamilton lo ringrazia commosso.
La partenza è brivido e polvere. I semafori neppure si vedono dal fondo dello schieramento. Nonostante questo la rossa numero 44 è capace di uno scatto poderoso che lo porta in dodicesima posizione. A centro gruppo si verifica un contatto tra una Haas e una Racing Point. Lewis riesce a stare lontano dai guai e sfila anche un paio di vetture, rallentate dalla situazione. Alla fine del primo giro è ottavo. La gara prosegue. The Hammer è indiavolato. Con due sorpassi capolavoro si sbarazza di entrambe le McLaren e mette la Renault di Hulkenberg nel mirino. Lo sopravanza grazie a una staccata incredibile portandosi in quinta posizione. Arriva il momento del cambio gomme e purtroppo qualcosa va storto. Un bullone riottoso lo costringe a una sosta superiore ai dieci secondi. Hamilton precipita in mezzo al gruppo, ma non si dà per vinto.
Una giostra di sorpassi. Luci psichedeliche tutte puntate sul campione inglese che sta forse disputando la sua gara più appassionante. Lassù Vettel comanda con la sua Mercedes,partito dalla pole e avviato al successo. Bottas lo segue a debita distanza, mentre Verstappen e Leclerc si contendono la terza posizione. Hamilton è sesto e pensa di poter raggiungere Ricciardo quando arriva il momento di doppiare una vettura più lenta. Un attimo, un’incomprensione, una monoposto che scarta in maniera imprevista. Lewis prova a spostarsi leggermente per evitare il contatto, ma la pista in quel punto, è troppo stretta. La sua favolosa rimonta s’incaglia nel carbonio nero di un’altra vettura.
L’indomani Hamilton si sveglia di buon ora. Tutta la stanchezza accumulata nel weekend sembra essersi dissolta magicamente. Apre gli occhi. Sul comodino uno dei suoi berretti personalizzati con la stella a tre punte. Accanto, lo smarthphone che segna le sette di domenica 15 settembre. Nessun patto con il diavolo dunque, nessun Gran Premio con la tuta rossa. Lewis sorride, ma al tempo stesso è colto da una strana forma di nostalgia.
La Ferrari che ha guidato in sogno torna con prepotenza nella sua mente. Riesce ancora sentire le sensazioni che ha provato nell’abitacolo, a ricordare l’emozione di tutti i sorpassi compiuti, a rivivere l’umiliazione delle lacrime versate, delle ingiuste critiche ricevute. Rivolge lo sguardo verso il soffitto, estraniandosi per un momento dall’ambiente circostante. E per un attimo pensa che vincere, in fondo, non sia l’unico modo per farsi ricordare. Che forse varrebbe la pena di calarsi nell’inferno rosso di Vettel pur di guidare una Ferrari. Anche a Singapore.
Foto: Mercedes – Lewis Hamilton – F1
Articolo da brividi