L’edizione 2019 del Gran Premio del Belgio verrà ricordata per due avvenimenti che stridono tra di loro, eppure sono e fanno parte del mondo delle corse. Il dolce e l’amaro si potrebbe dire. L’amaro è rappresentato dalla prematura e terribile scomparsa di Anthoine Hubert, giovane pilota francese che si cimentava nel campionato di F2. Nella mia vita ho assistito alla morte di Ratzenberger, di Senna (avvenuta il giorno dopo la dipartita dell’austriaco) e del povero Bianchi; eppure non mi ero mai trovato a dover scrivere di un evento di tale portata.
Purtroppo mi trovo nella doverosa e triste circostanza di dover dire qualcosa, e solo ora mi rendo conto di quanto sia difficile parlare di un argomento cosi delicato. Personalmente non seguo la Formula 2, e di conseguenza non sono a conoscenza di tutti i piloti che ne fanno parte. Ovviamente Anthoine non fa eccezione a questo eppure, pur non conoscendolo, sono sicuro che aveva un unico desiderio in mente: quello di diventare campione del mondo di Formula Uno.
Come mai lo so? Perché non c’è pilota al mondo che non desideri questo. Chiunque pensi il contrario è decisamente fuori strada. Rappresenta, scopo, motivazione e giustificazione per tutti questi sacrifici che, insieme alle loro famiglie, realizzano per raggiungere quel sogno che gli brucia dentro e che hanno in mente sin da bambini.
Tempo fa mi trovai a scrivere sul regolamento e sul modo in cui viene applicato, al fine di proteggere il più possibile i piloti. In realtà l’impressione, soprattutto alla luce di quanto successe con il povero Jules, è quella che la federazione internazionale tenga a tutelare esclusivamente le proprie coscienze. Per quanto tecnologia e Formula Uno abbiano progredito in maniera eccellente nella ricerca della sicurezza, l’incidente di Jules e quello del povero Anthoine stanno a ricordarci solo una cosa: il Motorsport è pericoloso.
Non è mio costume scadere nel qualunquismo, ne tanto meno perdermi in discorsi politicamente corretti. E’ sempre stata mia idea, e continuerà ad esserla, che ogni pilota giovane che si affaccia a questo mondo è consapevole dei rischi che corre, accettandoli senza remore.
La cancellazione della gara di F2 era doverosa per rispettare il giovane pilota francese, se non altro perché l’impatto emotivo era troppo forte, anche se forse un’altra maniera per onorare Anthoine era quella di continuare a correre… perché anche lui avrebbe fatto lo stesso…lui avrebbe voluto cosi. Grande è il rispetto che dobbiamo ai nostri eroi, i quali, sebbene siano fortunati per tanti motivi, ogni volta che si calano all’interno di un abitacolo rischiano la pelle. Per questo il minimo che possiamo fare è sostenerli, indipendentemente dal colore della tuta che indossano. Riposa in pace caro Anthoine.
Il Gran Premio del Belgio oltre all’amaro ha regalato, ai tifosi del monegasco, anche il dolce, ovvero la gioia di vedere la Ferrari del giovane pilota trionfare. Come ho detto all’inizio trattasi dell’essenza delle corse…il dolore e la gioia…l’amaro e il dolce. Solo cosi si può spiegare la tanto attesa ed agognata vittoria di Charles, più giovane pilota di sempre ad aver vinto un Gran Premio con la Ferrari.
In passato mi sono già speso nei riguardi del monegasco, definendolo, senza remora alcuna, “l’anti Max“. Domenica il ventunenne ha dimostrato nuovamente al mondo per quale motivo, nonostante la sua giovane età, sia stato messo alla guida di una Rossa. Charles sapeva che era la sua occasione e non ha mancato l’appuntamento dominando il week-end, dapprima conquistando senza paura la pole mettendosi alle spalle ben nove titoli iridati, per poi gestire la gara da veterano.
Mi riferisco in particolar modo al saper controllare l’usura delle gomme, sapendo di non avere un compagno di squadra a proteggergli le spalle, bensì uno squalo di nome Hamilton. È stato anche grazie al tedesco se Leclerc è riuscito a vincere la gara. Infatti, grazie al prezioso lavoro da gregario di Sebastian capace di regalare secondi preziosi, Leclerc ha potuto tagliare il traguardo per primo.
La condotta di Sebastian, durante e dopo la gara, sono sintomatici di qualcosa di molto importante che non si vedeva da tempo all’interno del team: armonia, ordine, unità d’intenti. Fino all’anno scorso, al fianco di Sebastian, c’era l’amico Kimi Raikkonen, eppure non ricordo questa gioia di festeggiare dopo aver ricevuto un ordine di squadra. Inutile che vi menzioni il podio di Monaco 2017, o addirittura quello che successe l’anno scorso proprio a Monza.
Mattia Binotto, con buona dose di umiltà e con l’aiuto di tutti, sta risollevando dalle macerie una situazione che era precipitata. L’obiettivo è cercare di vincere già dall’anno prossimo, sebbene l’intento è dominare con il nuovo regolamento a partire dal 2021.
Il dolce e l’amaro anche all’interno della scuderia quindi, con un Charles sempre più promessa, e un Sebastian sempre più ombroso. Continuerò sempre a ripetere che Ferrari ha bisogno del suo capitano. A mio modesto parere Monza è l’ultima chiamata, in quanto difficilmente Ferrari riuscirà a dire la sua nei circuiti futuri. Per questo il tedesco è obbligato a dare tutto, sia per la squadra che soprattutto per se stesso. Niente più di una vittoria rimetterebbe in gioco il quattro volte campione del mondo.
Autore: Vito Quaranta – @quaranta_vito