Al destino, si sa, non manca il senso dell’ironia. Ed è per questo che non mi meraviglio troppo dopo aver visto il Gran Premio d’Italia.
L’otto settembre del 1943, come noto, è una data molto importante per la storia del nostro Paese. Infatti, il maresciallo Badoglio ufficializza (per dovere di cronaca il trattato fu firmato cinque giorni prima) la resa incondizionata dell’Italia fascista agli Alleati, dando inizio alla liberazione d’Italia. Quel giorno viene semplicemente ricordato come il giorno dell’armistizio.
Mutatis mutandis, l’otto settembre del 2019 abbiamo assistito ad un’altra resa incondizionata, ed è quella del capitano della Scuderia Ferrari: Sebastian Vettel. Al destino piace proprio prendersi gioco di noi, poveri mortali. Lo spettacolo a cui abbiamo assistito è stato unico, come non vedevamo da tempo, con un Charles Leclerc in stato di grazia che ha letteralmente dominato il week end di gara e costretto alla resa il penta campione del mondo Lewis Hamilton. Per contrasto quanto accaduto a Vettel, ormai caduto in un “loop” mentale che sembra senza fine.
Sabato, alla fine delle qualifiche, sono stato molto duro con il tedesco. Ho trovato inaccettabile la sua ingenuità, come inaccettabile è stata la pantomima a cui abbiamo dovuto assistere negli ultimi due minuti delle qualifiche. Non faccio che leggere giustificazioni per Sebastian. Eppure, se c’è una cosa che tanti anni di F1 mi hanno insegnato, vedendo i grandi campioni all’azione è che, se vuoi vincere, lo devi fare a qualunque costo: la vittoria te la devi andare a prendere senza contare su nessuno. Le mie parole potrebbero sembrare troppo dure o retoriche; di fatto, quello che ho appena affermato, lo ha attuato un ragazzino di ventuno anni che ha un solo scopo, una sola missione: vincere a qualunque costo.
Nel primo run delle Q3 Seb avrebbe dovuto offrire la scia a Charles, cosa che non è avvenuta perché c’è stato un disguido tra i due ferraristi. Leclerc a mio modo di vedere, si è rimboccato le maniche, come si suol dire, ed ha sfruttato sapientemente la scia di un avversario davanti a lui, conquistando in quel momento la pole.
Nel secondo run, si è consumata la “tragedia”: Sebastian sa che il compagno deve mettersi a disposizione, solo che il monegasco approfittando (non avremo mai le prove, eppure ai miei occhi mi sembra evidente quanto successo) del marasma che si è venuto a creare in pista, ritarda il sorpasso da effettuare sul compagno, al fine di offrirgli in seguito la sua scia. E’ in questo episodio, a mio modo di vedere, che si mette a nudo tutta la fragilità (di questo periodo) del tedesco, la sua mancanza di sangue freddo. Quel sangue freddo che lo ha sempre contraddistinto nel periodo in cui era in Red Bull.
Un quadri-campione come lui, di consumata esperienza, non può non sapere che il primo avversario da battere è il proprio compagno di squadra… specie se è un ragazzino affamato, di ventuno anni, che gli sta dando filo da torcere. Vettel non poteva non sapere che, a due minuti dalla fine e con quel delirio che stava succedendo attorno a lui, non poteva e non doveva né aspettare né fidarsi più del suo compagno.
Il tedesco avrebbe dovuto fare solo una cosa: lanciarsi per il suo giro veloce (l’avesse fatto tra l’altro, avrebbe approfittato della scia di Sainz) e tentare il tutto per tutto; ed in seguito chiarirsi con il suo compagno. Sebbene Vettel sia stato vittima prima della sua stessa squadra, e poi del suo compagno, è anche vero che lui stesso ha colpa: un campione come lui non può permettersi queste mancanze di lucidità.
La gara e tutto quello che è accaduto sono stati solamente la conseguenza del suo atteggiamento mentale. In quel “girarsi” c’è stata, a mio avviso, la sua resa definitiva. Per quest’anno i giochi sono conclusi. La settimana scorsa, avevo vaticinato che Belgio e Italia sarebbero state le ultime due occasioni da parte di Ferrari di poter vincere. Bottino pieno certo, solo che chi si arricchisce è il monegasco, sontuoso per cattiveria agonistica, per freddezza e lucidità, per maestria di guida.
Charles ha letteralmente dominato il weekend di gara, ed appena ha avuto l’occasione di lanciare la zampata l’ha fatto. In questo momento, la differenza tra lui ed il tedesco è la mentalità… la stessa che ha permesso a Le Clerc di tenere dietro un indiavolato Hamilton che ha provato di tutto per riuscire a passare il missile terra-aria che era la SF90 a Monza. Alla Roggia si è presentata l’unica vera occasione, solo che il buon Lewis per la seconda volta (la prima è successa in Ungheria contro il coetaneo di Charles che guida per i bibitari) in questo mondiale, ha dovuto alzare il piede, altrimenti per lui sarebbe finita diversamente.
Il re nero questo mondiale l’ha già vinto, è solo questione di tempo ormai, eppure se c’è una cosa che sa, è che l’anno prossimo se il monegasco e l’olandese avranno un mezzo all’altezza, per lui sarà molto, molto dura. Vorrei poter dire che della partita ci potrebbe essere anche Sebastian (infatti non a caso affermo che Ferrari, sulla carta, ha la coppia più forte del mondiale), solo che, al momento, il tedesco non è pervenuto.
Attendendo che Vettel recuperi la forma mentale che si conviene ad un campione come lui, noi tutti ci godiamo il talento di Charles: se lasciato libero di esprimersi (come affermai tempo fa) è godimento per gli occhi. A Monza abbiamo assistito all’esplosione di una stella: GP come quelli di domenica scorsa non si vincono se non si hanno le basi solide: talento da vendere come solo un campione può avere.
Il futuro della rossa è assicurato, manca “solo” la macchina giusta. Il presente è ricco di incognite e sorprese. E Vettel è atteso alla riscossa, sperando che avvenga. Vero è che questo presente inizia ad essere meno cupo, grazie a certezze come Binotto, capo di questo esercito rosso prima allo sbando e pronto anch’esso all’armistizio incondizionato; Esercito che ora, invece, scalpita per lottare per il posto che gli compete… il tetto del mondo.
Autore: Vito Quaranta – @quaranta_vito
Foto: Stefano Arcari – Andrea Lorenzina
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