Binotto: la minaccia di veto funziona?
E se la minaccia del diritto di veto di Mattia Binotto, fosse essa stessa il diritto di veto?
Non sapremo mai tutti i retroscena delle segrete stanze della politica. Idem per la parte politica della Formula Uno. Gli accordi inconfessabili, al rialzo o al ribasso, le dinamiche di potere, la lotta per pesare di più ed influenzare la FIA e Libert Media. Un dato incontestabile però lo possiamo appuntare: La Ferrari tornata centrale con il Binotto del “pugno di ferro in guanto di velluto”. Detta in altre parole:perseguire un determinato obiettivo con costanza ma senza (apparentemente) fare la guerra, senza scontri verbali all’arma bianca, funziona.
D’altronde, la morale del libro “L’Arte della Guerra” di Sun Tzu, è che la maggior vittoria è raggiungere l’obiettivo senza fare la guerra vera e propria. Ovviamente sto parafrasando (neanche troppo liberamente) ma il concetto è chiaro. Dietro le lenti rotonde da secchione, c’è anche una forte determinazione, da parte del team principale della Ferrari, non solo nel difendere la sua scuderia, ma anche per il “prodotto” Formula Uno in generale.
“Sarebbe un peccato usare il diritto di veto”, aveva detto quasi a bassa voce nelle settimane precedenti, se ricordate, quando al centro del dibattito sulle nuove regole per il 2021 si parlava insistentemente di standardizzazione delle monoposto. Quasi fossimo una Formula Indy qualsiasi (il retaggio statunitense di Liberty Media). E non può essere un caso. Ora, in molti avevano intonato il “de profundis” per la categoria regina del Motorsport. E non si tratta di vecchi conservatori attaccati alla loro gioventù sbiadita, ma semplicemente di persone di buon senso (compresi gli attuali piloti) che riflettono sul fatto che il dna della Formula Uno non è quello della Formula Indy.
Non si tratta di essere peggiori o migliori, ma diversi. Si parlava di un progetto chiaro; tutti uguali o quasi. E Mattia Binotto aveva usato quella frase, che significava una cosa molto concreta: se ci costringete, lo usiamo, il diritto di veto. Sono anni che non ricordo una dichiarazione così sibillina ma anche così forte e concreta. E sarà un caso, ma l’impianto frenante standard è scomparso dagli orizzonti ed ora si parla, per il 2021 di un’altra cosa, che se non è (per me) l’optimum, certamente è una cosa diversa dal fare monoposto praticamente identiche per tutti: l’Open Source, termine preso a prestito, immagino, dall’informatica.
Detto in sintesi, i team possono mettere a disposizione i progetti delle proprie parti (da definire) a tutti. Con il duplice obiettivo di non avere la standardizzazione e di dare ai team più piccoli un significativo risparmio per tutto il lavoro preliminare alla produzione di una parte della monoposto.
Nel fine settimana di Sochi, su questo “Open Source”e si sono pronunciati i tre big: Red Bull, Mercedes e Ferrari con rispettivamente Paul Mohaghan, James Allison e Paul Mekies.
Dalla Red Bull è arrivato il primo via libera: “Sosteniamo la proposta open source. Servirà ragionare un po’ su quali pezzi inserire nell’elenco e quali escludere. Penso che protegga lo sport da ogni errore sulle componenti standard che potrebbe portarci nel 2021 con uno strascico di problemi e difficoltà. Siamo felici di partecipare a questa proposta”, ha spiegato Monaghan a ESPN.
Più neutra la posizione di James Allison, per quanto possibilista: “L’idea è piuttosto nuova e servirà parlarne un bel po’ per trasformarla da concetto a una realtà concreta, però penso valga la pensa esplorare la soluzione”. Ha poi aggiunto: “Ci vorrà molta pazienza, immaginiamo di arrivare al 2021, tutti progettano fino all’ultimo istante e poi diffondono le specifiche e vanno in pista, così non puoi startene seduto e aspettare che il progetto open source arrivi da un avversario. Nel tempo che ci vorrà perché venga diffuso sarebbe troppo tardi. Si parla di un sistema che si svilupperà nel corso delle stagioni e un database di dati che porterà effettivamente ad avere il miglior design che filtra tra tutti i team e smette di essere un’area nella quale qualcuno vuole spendere soldi sullo sviluppo perché c’è già un buon design”.
Laurent Mekies ha commentato, parlando a nome della Ferrari: “Penso sia meglio che avere pezzi standard per le ragioni spiegate da Paul Monaghan”. L’unico aspetto potenzialmente critico: “É probabilmente un po’ più complicato trovare un altro modo di classificare i componenti delle monoposto”.
In ogni caso, il fatto importante è che si cominci a parlare di qualcosa di ben diverso dalla prima idea della FIA di copiare (e male) l’automobilismo sportivo americano. E non può non essere notata, neanche tanto sotto traccia, la decisa linea politica di Mattia Binotto che, probabilmente, ha dato il via libera ad una discussione seria con gli altri top team per il futuro della Formula Uno.
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Foto: Alessandro Arcari – @berrageizf1
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