Messico 2016 e il nuovo record di Vettel
Con il Gp del Messico, inizia la lunga trasferta americana che ci farà attraversare tutto il Continente partendo, appunto, proprio dal centro America per poi trasferirci a nord in Texas; per poi concludere il tour nel caldo Brasile. La gara messicana è di sicuro una tappa cruciale, in quanto è collocato all’interno del calendario del campionato, in un momento temporale in cui è facile assistere all’assegnazione del titolo piloti… cosa che, naturalmente, nel recente passato è già avvenuta. Naturalmente, perché nell’era turbo ibrida l’unico beneficiario che può reclamare questo vantaggio è Lewis Hamilton.
E neanche a farlo apposta, potrebbe laurearsi campione del mondo proprio nel circuito dedicato ai fratelli Rodriguez se totalizza quattordici punti di vantaggio sul suo diretto avversario e compagno di box; cioè Bottas. Sebbene questo GP sia ricco di storia, è anche vero che in questo circuito è da poco che si corre (dal 2015) e, nonostante tutto, offre buoni spunti di riflessione. Trovo alquanto singolare che, in un modo o nell’altro, in queste mie riflessioni capiti sempre il “capitano” della Rossa. Procediamo con ordine. Nello specifico mi riferisco all’edizione del 2016. La corazzata anglo tedesca aveva raggiunto l’apice del suo dominio.
In Mercedes erano cosi forti che, addirittura, si permisero il lusso di far lottare, in una guerra fratricida e senza quartiere, i loro due piloti Hamilton e Rosberg. Il tedesco si presenta in circuito con ventisei punti di vantaggio sul “compagno” inglese. Lewis sa benissimo che, se vuole vincere il mondiale, umiliare il compagno e dare una lezione alla squadra (che ha permesso tutto ciò) deve fare gli straordinari. Per Hamilton è anche vero che queste sfide sono pane quotidiano, ed infatti non delude le aspettative andando a prendersi prima la pole rifilando, a parità di macchina, un distacco marcato di oltre due decimi al compagno e poi andando a vincere la gara domenica, mantenendo vivo il mondiale e le sue speranze iridate, che si concluderanno solamente (per la gioia di Liberty Media) all’ultimo GP in Abu Dhabi.
Ciò che più è interessante di questo GP, tuttavia, non è tanto la scontata vittoria grigia quanto ciò che succede nelle immediate retrovie, dove i (presunti) top team non fanno altro che spartirsi e litigarsi le briciole. Mi riferisco nello specifico a Ferrari e Red Bull: ognuno aveva un valido motivo per lottare con i denti. I bibitari per consolidare la posizione in classifica, visto che sono stati i soli a strappare qualche vittoria in quell’anno alla corazzata anglo tedesca. Ferrari per cercare di salvare una sciagurata stagione, iniziata male (l’allontanamento di Allison), e che stava finendo anche peggio, visto che sono a secco di vittorie; e ciò è inaccettabile, considerando che proprio l’anno prima era stata Ferrari a riuscire a strappare tre vittorie ai grigi.
Tutto succede alla fine del GP (percorso sulla distanza di settanta giri), e per la precisione al sessantottesimo giro: Kimi Raikkonen passa Nico Hulkenberg, che va in testacoda prima e riprende immediatamente la pista dopo. Nello stesso giro Vettel attacca Verstappen che taglia la prima curva, restando davanti al tedesco senza cedere la posizione. Poco dopo Ricciardo si avvicina a Vettel, (grazie o a causa del fatto che Max non cede la posizione) e tenta il sorpasso.
Il ferrarista chiude lo spazio, tanto che le due vetture si toccano. Il GP finisce in una ridda di polemiche, con le urla (e gli insulti al direttore di gara) via radio di Seb e con le vetture al traguardo congelate nelle posizioni del sessantottesimo giro. Fatto sta, che in questa F1 non è sempre la bandiera a scacchi a decretare la fine di un GP: infatti i commissari retrocedono l’olandese (quando ormai era pronto a salire sul podio), per far salire sul gradino più basso proprio il tedesco; il quale a sua volta, solo a premiazione e festa finita, deve cedere la posizione all’australiano per via del contatto. Una situazione surreale.
La riflessione è presto fatta: personalmente trovo anti sportivo che le punizioni vengano comminate a gara finita, in quanto il pilota reo di una infrazione ha la possibilità di condizionare una gara. Infatti, se Max avesse ceduto immediatamente la sua di posizione, dubito che ci sarebbe stato il contatto fra Ricciardo e Vettel. Verstappen in quell’anno palesava ancora tutta la sua irruenza e la sua “educazione” alle corse, perseguendo il mantra “boia chi molla”, visto che chiunque sapeva che avrebbe dovuto cedere la posizione dopo quel taglio di pista.
Infine, Vettel entrò di diritto nella storia (segnando un nuovo record) della F1, con quello sfogo via radio dove, oltre ad utilizzare epiteti irripetibili (aveva tutte le sue ragioni e non lo critico per questo), addirittura invitava l’allora direttore di gara (il compianto Charlie Whiting) a raggiungere quel paese dove non batte il sole… senza ricevere nessuna penalità per questo gravissimo fatto. Quell’episodio era solamente l’antipasto di tutto il nervosismo che ha contraddistinto Vettel e che purtroppo ha palesato in questi ultimi anni, passando per la ruotata volontaria ai danni di Hamilton a Baku 2017 e a tutti gli errori che si sono sommati l’anno successivo.
La Ferrari sta crescendo in maniera “preoccupante” (per gli avversari) proprio nel periodo in cui si è sempre plafonata: in questo weekend che sta per iniziare ci sono tutti i presupposti per nuovi spunti di riflessione, visto che in Messico la Mercedes non dovrebbe essere la favorita e proprio la Rossa e i bibitari se la dovrebbero giocare.
Buon GP a tutti
Autore: Vito Quaranta
Foto: Ferrari – F1