La stagione 2019, se non dovessero verificarsi inauspicabili cataclismi, verrà ricordata come quella del sesto titolo costruttori consecutivo ottenuto dalla Mercedes. Analogo discorso per ciò che concerne il campionato piloti che si sta avviando ancora una volta verso Stevenage: praticamente cinque sono i titoli di Hamilton con la Stella a Tre Punte, a cui si aggiunge quello ottenuto con una McLaren motorizzata, guarda un po’, dal costruttore tedesco. Il britannico, nell’era turbo-ibrida, ha lasciato per strada solo il mondiale 2016 che comunque è stato vinto da Nico Rosberg su una vettura anglo-tedesca. Un dominio senza precedenti, una striscia che difficilmente verrà ripetuta negli anni a venire. Per ottenere simili risultati tutto ha rasentato la perfezione, in ogni ambito. Iniziando da quello tecnico per terminare alla gestione delle attività in pista.
Gran parte del vantaggio che la Mercedes ha avuto in questi anni è stato costruito su una power unit più efficiente, potente ed affidabile di quelle della concorrenza. Un motore che consentiva agli aerodinamici di progettare vetture che generavano moltissimo carico. In questo modo ne sono uscite monoposto valide e dominanti su ogni tipo di pista e in ogni condizione. Ma, a partire dal 2017, qualcosa sembra essere cambiato. Non nei risultati che, a guardare gli almanacchi, sono sempre i medesimi. E’ in realtà iniziata a diminuire sensibilmente la frattura prestazionale creatasi tra il team di Brackley e gli avversari. Il 2016 è stato l’ultimo anno in cui i due alfieri della Mercedes hanno chiuso nelle prime due posizioni. Nel 2017 alle spalle di Hamilton c’è un Vettel che, fino alla trasferta asiatica, era stato più di una spina nel fianco per l’inglese. Situazione ancor più emblematica l’anno scorso quando Bottas chiude addirittura in quinta posizione e Hamilton riesce ad imporre la sua legge solo perchè la squadra, da Spa in poi, investe risorse extra per mettere a punto la W09. Ma anche perchè Vettel, ancora una volta vicecampione, si smarrisce in una serie di inspiegabili errori di guida. La costante, nelle ultime tre stagioni, è stata una progressiva diminuzione del vantaggio della power unit ibrida costruita a Brixworth sulle unità motrici concorrenti. Sino ad arrivare, in questo campionato, in una condizione assolutamente inedita: Mercedes che diventa cacciatrice e Ferrari che fa da lepre. Perchè tutto questo è potuto succedere? Vediamo.
In questo momento sembra che il V6 Ferrari stia facendo la differenza su quello Mercedes in virtù di una maggiore efficacia della parte non termica, come evidenziato in un articolo dedicato all’argomento uscito ieri su queste colonne (link). Ad acuire le distanze tra le due unità c’è sicuramente la difficoltà che la Mercedes sta incontrando, in situazione particolari, col il raffreddamento. Ricordiamo che in Austria le power unit hanno girato usando mappature più blande per contrastare il deficit d’ossigeno tipico delle gare in altura. Un problema che potrebbe ripresentarsi ancor più aggravato in Messico. Anche a Singapore lo staff diretto da Andy Cowell ha deciso di tenere in ghiacciaia la PU Phase 3 che ha debuttato in Belgio per montare la vecchia specifica 2 che ha girato in modalità poco aggressiva.
In questa fase – e a confermarlo è lo stesso Cowell – l’unica cosa che i motoristi possono fare è settare il propulsore in base alle caratteristiche delle piste sulle quali si corre. Un margine di manovra assolutamente limitato per una PU che sembra essere arrivata all’apice dello sviluppo, concettualmente parlando. Una condizione della quale il boss Toto Wolff è ben consapevole, come sottolineato qualche giorno addietro (link). A Brixworth, negli anni, hanno adottato la politica dello sviluppo a piccole dosi per favorire l’affidabilità. Ed è stato possibile fare ciò anche perchè la Mercedes era forte di un vantaggio che fino al 2016 era siderale. Gli avversari, di contro, hanno fatto gli straordinari per incollarsi e ora è chiara la sensazione che il sorpasso, da parte della Ferrari, sia stato operato. Anche a scapito della totale affidabilità. Infatti, la power unit di Maranello qualche grattacapo l’ha dato in questo campionato.
Il recupero degli ingegneri guidati da Corrado Iotti è partito in grande stile nel 2017 per concludersi con successo quest’anno, con la specifica introdotta a Monza. Va detto che l’aumento dei kg di carburante utilizzabili in gara (110 ora, nda) ha dato una mano tangibile alla Rossa che ha potuto ovviare ad uno dei suoi più classici talloni d’Achille: l’attitudine a consumare di più rispetto al V6 turbo-ibrido della Stella a Tre Punte.
La stagione 2019 può dirsi praticamente chiusa con entrambi i mondiali quasi assegnati. Ma il recupero della concorrenza a cui stiamo assistendo dalla ripresa post pausa estiva fa suonare rumorosi campanelli d’allarme nelle stanze dei progettisti anglo-tedeschi. Pare che a Stoccarda sia stata definita una campagna acquisti per introdurre altri tecnici che possano lavorare ad una power unit, sostengono i bene informati, che dovrebbe essere un drastico passo in avanti rispetto a quella che sta portando a Brackley l’ennesimo titolo iridato. Bisogna vedere se il paventato incremento prestazionale sarà possibile mantenendo, o addirittura migliorando, gli stessi standard attuali relativi ai consumi e all’affidabilità sciorinata da marzo in poi. E’ questa la vera sfida che dovranno vincere Cowell ed il suo staff.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto:
– Alessandro Arcari – @berrageizf1
– Mercedes AMG F1