Vettel il campione ritrovato
Vettel smarrito nella selva oscura di un rosso sempre più infernale. Vettel che sbaglia troppo e in maniera quasi banale. Vettel che ci mette il cuore e lo butta oltre l’ostacolo. Spettacolo e rabbia, ostinazione caparbia. Perché Sebastian da Heppenheim è un campione che sfugge a ogni definizione. Non è solo dedizione alla Schumacher. Non è solo la grinta crudele di Alonso. Non è il calcolo di Prost o la ragione di Lauda. Vettel è il nuovo e l’antico, l’impeto e il raziocinio, sapientemente miscelati, per creare un’eroe lontano da ogni etichetta. Sebastian arriva in Ferrari con lo sguardo scanzonato, ancora disegnato dalle molteplici vittorie. Storie di altri mondi e di altri momenti, favorevoli, a tratti inconsapevoli.
C’è chi lo vede seguire le orme del più illustre tedesco. Lui che di Michael era pupillo, lui per cui Michael è stato pigmalione. Vettel e il continuo assillo di un paragone insensato, massacrato da un’analogia distorta, consacrato da una bandiera avversa. Colpe che lo designano a mo’ di condanna. E non importa se lui si affanna, cercando il titolo, il merito, la leggenda. Per troppi è sempre il ragazzino viziato, che ha vinto grazie al prodigio di uno scarico soffiato. Parole che si rincorrono e ritornano puntuali nelle chiacchiere da bar, nei confronti spietati e affrettati di chi lo vorrebbe campione. Dimenticando la pressione e tutto ciò che gravita attorno all’orbita Ferrari, capace di inghiottire in un buco nero anche l’appassionato più sincero.
Vettel dicevamo. Vettel che si è perso in qualche intoppo, in qualche sfuriata di troppo, ma che non è stato adeguatamente supportato. Nel 2017 fu il caso, una sequenza puntigliosa di eventi sfortunati. Da Singapore alla Malesia passando per il Giappone. Sconfitte che ancora stanno sul groppone. Ogni tifoso le vuole rimuovere, almeno quanto si vorrebbe commuovere per un titolo finalmente conquistato. Nel 2018 una sequenza interminabile di errori e di sfortuna, materia bruna per chi ha adombrato un’iride che pareva finalmente a portata.
Tanto e troppo si è dibattuto sulle colpe di Sebastian. Un’annata sotto tono, una sinfonia sbagliata, un requiem di fatti e misfatti suonato ad arte per colui che avrebbe dovuto essere messo da parte. Con l’arrivo del nuovo e del bello, la materia fresca offerta da Leclerc, perfezione e audacia miscelati in maniera impeccabile. Fiato alle trombe di tutta la stampa a lodare il prodigio, a criticare il vecchio segugio. Senza indugio tutti a schierarsi dalla parte della novità, dimenticando le qualità di chi per la Ferrari ha sofferto, di chi alla Ferrari ha tanto offerto.
Certamente Vettel ha sbagliato. Troppo forse. Ha sprecato, per irruenza. Ha mancato, offrendo scarsa consistenza. Ma ha altrettanto compensato con l’ardore e con l’amore incondizionato che dimostra ogni volta nei confronti del Cavallino. Dedizione? Lui preferisce chiamarla missione. E non si riferisce certo al nefasto sponsor ‘Mission Winnow’, bensì all’ipotesi di vincere con la sua Ferrari. Croce e delizia di ogni pilota. Occasione o condanna a seconda dell’opportunità.
Il 2019 di Sebastian inizia come una vetta da scalare. Da una parte si trova a confermare quanto di buono mostrato dalla vettura negli ultimi due anni, quando è stata in lizza per il titolo. Dall’altra si trova a fronteggiare un compagno rivale, o perlomeno dichiarato tale dall’assordante tam tam della stampa. Opinioni e illazioni per un confronto forzato che si preannuncia da subito pepato. Perché il materiale incandescente abbonda. Quattro titoli e un’enorme voglia di rivalsa da un lato. Talento spregiudicato e velocità pura dall’altra. Una miccia sul punto di esplodere ad ogni gara, per una rivalità cercata e invocata più che conclamata.
Lo start non è dei migliori per Vettel, che sembra patire, subire in silenzio. Il destino crudele che priva Charles della sua prima vittoria in Baharain, mentre Sebastian s’incaglia dando battaglia, cozzando contro Lewis e incappando nell’ennesimo testacoda. In seguito è una continua lotta, contro la monoposto che non lo asseconda, contro un compagno che sfonda, conto un muretto che affonda sull’onda di decisioni discutibili e assai criticabili. Che annientano Leclerc a Montecarlo in qualifica, che privano a turno i due alfieri in rosso di una salvifica redenzione in gara. Sorte amara che non aiuta, anzi congiura, in quella che per Vettel sembra un’abiura. Alle possibilità di vittoria, alle potenzialità di cambiare la storia.
Storia che cambia in Canada, con una pole e una vittoria conquistata sul campo e contestata da regole assurde, che condannano una strenua difesa, ritenendola un’offesa. Sebastian e la sua protesta fanno la storia, con uno scambio di cartelli ininfluente ai fini della classifica, ma molto importante per le situazioni a venire. Il Vettel rivoluzionario apre gli occhi ai commissari, che da quel momento accettano battaglie più serrate, sorpassi più audaci, in nome di quello spettacolo che ogni pilota vorrebbe mostrare e di cui ogni appassionato vorrebbe godere.
Da quel momento si apre un aut aut. La critica è implacabile e richiede una necessaria riscossa del tedesco. Sebastian fronteggia ogni gara a viso aperto, con l’handicap di una vettura dal posteriore ballerino, che non riesce ad assecondare i suoi giri di valzer, trasformandoli in una danza goffa e scomposta. Qualche guasto non meglio precisato e un paio di prestazioni incolori fomentano l’annuncio di una sentenza definitiva. Vettel è il male della Ferrari, incapace di contrastare avversari e compagno, valido solo a perpetrare i propri errori.
L’estate non scioglie le critiche e scalda gli animi. A Spa nasce un nuovo eroe, grazie alla sublime gara di Charles, impeccabile nel tenere a bada Hamilton. A Monza cresce la polemica, dopo una qualifica quasi falsata, in cui le scie fanno da padrone e ladrone. A chi è data, a chi è tolta, in un’ipotesi sempre più contorta di lotta fratricida. Verità o supposizione, severità o emozione. Non è dato sapere, solo intuire. L’intuito fallibile però è quello di Vettel, che, proprio davanti al suo pubblico, mette in scena il più bieco e inutile dei suoi errori. Che lo mette fuori. Dai giochi e dalla considerazione dei più. Mentre Leclerc trionfa e si consacra idolo delle folle.
Molle, teso, indifeso. Vettel colpevolizzato e additato come non mai. Un anno disegnato da troppe ombre mentre una nuova stella risplende. Game over a quanto pare. Invece Sebastian risorge nella luce di Singapore. Ritrova il trionfo, si riprende dall’infinito tonfo che lo aveva confinato in un pozzo senza più acqua né vita. Si riappropria dell’immensa gioia di un podio al vertice e lo reclama nel nome della Ferrari, di quell’EssereFerrari di cui è il migliore e più autentico testimone. Senza proclami, senza ricami. Solo una bandiera bianca. Che non è resa, ma solo sorpresa. Sospesa nell’attesa di altro e di più.
Poi arriva Sochi, una condotta magistrale e l’insubordinazione a un accordo che va stretto. Perché il passo gara è migliore, perché ci si attende un nuovo bagliore. Spento quasi sul nascere da un guasto elettrico, ingiusto e crudele. Il sole di Vettel risorge in Giappone, grazie a una pole strepitosa, dissipata da un peccato veniale. Non congeniale per riaffermarsi al vertice, ma rimediato grazie a un’ottima gara.
Gara eccellente che si ripete in Messico, nonostante la beffa da carnevale. Maschere sugli spalti e un po’ ovunque come da tradizione. E una qualifica presumibilmente perfetta vanificata da un destino burlone, che ammazza le chanches di Sebastian a causa di un errore altrui. Il tedesco alza il piede nel suo giro migliore non appena vede Bottas a muro. Colpo duro per il Ferrarista, che la domenica si afferma in pista. Partendo con la grinta di un leone. Decidendo autonomamente la propria strategia. Incidendo fino alla fine e nonostante i secondi persi a inseguire i doppiati in lotta, per una piazza d’onore che pare galeotta.
Vettel è rinato. Rigenerato. Nessun errore, nessun malumore. Umano e sensibile. Spettacolare e implacabile. Sebastian ritorna campione, consapevole di essersi perso, e poi di averci mostrato un pilota diverso. Ma determinato a offrirci altre mirabili prestazioni e soprattutto a rinnovare quell’emozione, quella dedizione totale alla causa Ferrari che ne fanno un’autentica icona in rosso. Irascibile e impulsivo, esperto e stratega, fallibile e sublime. Vettel è un pilota che saprà farsi ricordare.
Autore: Veronica Vesco
Foto: Ferrari