Mancano quatto mesi al 13 marzo 2020, giorno che sancirà l’avvio del primo turno di libere del GP d’Australia che aprirà il prossimo campionato del mondo di Formula Uno. Una data che sembra lontana soprattutto perchè domenica si disputerà il GP del Brasile, penultimo appuntamento di un mondiale che ha già emesso i suoi verdetti principali. In ballo c’è la lotta al terzo posto che vede coinvolti Max Verstappen e i due portacolori della Ferrari. Proprio il team guidato da Mattia Binotto si è reso protagonista di una seconda metà di stagione positiva che, evitando qualche rottura e qualche lettura errata da parte del muretto box, poteva diventare addirittura esaltante.
Ciò che è successo in questo 2019 che la Rossa chiuderà in ogni caso in crescendo, è stato un grande allenamento in vista di una nuova sfida che Binotto e la squadra che dirige intendono vincere. Il che significherebbe impossessarsi dello scettro del comando che Mercedes tiene gelosamente stretto dal lontano 2014, anno che è coinciso con il debutto delle power unit turbo-ibride. Vincere nel 2020 spezzerebbe, dunque, un monopolio duraturo degli avversari anglo-tedeschi e, soprattutto, permetterebbe al Cavallino Rampante di affacciarsi al nuovo decennio, che sarà segnato dalla rivoluzione tecnico-sportiva (leggi qua), come team da battere.
Del fatto che in Ferrari, per raggiungere la vetta, sia necessario affinare e rendere puntuale la gestione del team ne è conscio Binotto che ha lodato i rivali della Mercedes per il dodicesimo titolo in sei anni. “Sono una squadra molto molto forte – ha dichiarato il team principal di origini svizzere – Lo stanno dimostrando da tempo. Negli ultimi venti anni non ho mai visto una compagine così competitiva e così ben organizzata. Per vincere non bisogna fare solo una grande monoposto, bisogna creare un insieme di condizioni: affidabilità della macchina, mentalità, strategia in gara, pit stop, gestione delle gomme. In Ferrari ora sappiamo dove intervenire e abbiamo un modello di riferimento che è rappresentato dalla Mercedes. La stagione si avvia alla conclusione, c’è un inverno nel quale lavorare duramente sulla nuova vettura per poi cercare di presentarci pronti all’appuntamento“.
Come si spiegava in apertura, il 2019 della Ferrari è stato una palestra. E, contestualmente, un monito per il tempo a venire. Alla Rossa è mancata performance per troppo tempo. Già dal pronti via, in Australia, si è capito che il progetto deficitava nella gestione degli pneumatici Pirelli. In fabbrica hanno impiegato mesi per accumulare e comprendere i dati per poi sfornare una vettura che, dal Belgio in poi, ha dimostrato di poter dire la sua. Una reazione v’è dunque stata, ma è parsa pachidermica.
Ancora, quando la macchina funzionava, è stata l’affidabilità a tarpare le ali alle velleità di vittoria. In Bahrain Leclerc perde il GP per un problema alla power unit. In Germania entrambe le monoposto non accedono alla Q3. In Russia è Vettel a dover parcheggiare consegnando la vittoria a Lewis Hamilton. Ad Austin un’altra defaillance che frena il tedesco in gara. Mentre Leclerc è azzoppato nelle terze libere da una power unit bizzosa. Questi gli episodi più eclatanti ai quali si associano altre piccole problematiche che hanno limitato le performance della SF90.
Ma anche i piloti hanno le loro responsabilità in un’annata a doppia velocità. Leclerc, che ha pagato, talvolta, lo scotto del noviziato in un top team, si è reso protagonista di alcuni errori evitabili: Baku, Monaco e Germania su tutti. Meno accettabili sono le topiche di Vettel che, dall’alto della sua grande esperienza, ha commesso errori elementari in Bahrain, Canada, Inghilterra e in Italia. Sulla coppia di driver va aggiunta un’altra cosa: in taluni momenti pare sia stata poco efficace la loro gestione da parte del muretto. A inizio anno Binotto aveva pubblicamente dichiarato che la “prima punta” sarebbe stata Vettel, con il monegasco ex Sauber a fare da spalla. Nel corso del campionato i valori si sono ribaltati e spesso è successo che il muretto abbia mal gestito un dualismo che in alcuni momenti è sembrato sfuggire di mano.
Binotto e tutta la gestione sportiva sono chiamati pertanto a tenere sotto controllo gli elementi che abbiamo sinora analizzato. L’errore è umano, ne commettono anche in quella Mercedes presa a modello dal team principal di Losanna. Ma bisogna tenerne bassa la soglia. In una stagione puoi permetterti pochissimi passaggi a vuoto se pretendi di lottare per il titolo. A Maranello, memori della lezione della Stella a Tre Punte, paiono aver compreso ciò dicendosi persuasi di riuscire nell’ardua opera di limitare le battute d’arresto. Ora bisogna vedere se dalle parole si passa ai fatti. Ed è qua che arriva il difficile.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Ferrari