venerdì, Novembre 22, 2024

“la sesta sinfonia di Ayrton”

“la sesta sinfonia di Ayrton”


Il GP del Brasile che ci apprestiamo a seguire sancisce la fine della lunga trasferta in terra d’America,  che tra l’altro ha visto assegnare il sesto titolo a Lewis Hamilton. Caso vuole che il numero sei ricorra anche nella storia che vi sto per raccontare. Correva l’anno 1991, epoca di eroi consumati, di uomini che, a mio giudizio, hanno portato la F1 allo splendore assoluto e che hanno permesso di creare quel mito che Mr. Ecclestone ha saputo sapientemente sfruttare dal punto di vista del marketing e soprattutto televisivo. Eroi, dicevo. Oggi più che mai va di moda parlarne, considerando l’abbuffata cinematografica che la Marvel con gli Avengers ci ha fatto fare (ci sono i miei nipoti che leggono per la prima volta…sperando che si affezionino alla F1 non potevo non citare i loro supereroi preferiti… ) e oggi più che mai ce n’è un gran bisogno in questa F1 depauperata della sua essenza: la lotta dura e vera in pista.

Per far capire al lettore di che ambiente si sta parlando, sappia che, in quell’anno, al GP carioca si presentarono ben in trenta piloti alla qualifica, con quattro di loro che non riuscirono a partecipare alla gara di domenica proprio perché non riuscirono a qualificarsi (oggi… regola del 107% e via). Dei restanti ventisei, riuscirono a vedere la bandiera a scacchi solamente in tredici.  All’epoca le F1 svolgevano il loro dovere appieno, non come oggi (con mio sommo rammarico) in cui la gara la si sta trasformando in una gara di durata.

la sesta sinfonia di Ayrton
partenza del Gran Premio del Brasile 1991

Quando si parla del GP di Brasile e di eroi, non si può non parlare di Ayrton Senna Da Silva.  Eroe e mito per eccellenza, di sicuro a casa sua, nel suo Paese, nella sua pista, era il “profeta” da seguire.  Ayrton allo start di quel GP era già campione del mondo e si sarebbe apprestato a divenirlo per la terza e ultima volta proprio in quello stesso anno. Eppure se c’era una cosa che non era mai riuscito a compiere, era quella di vincere il GP di casa sua. Una sorta di maledizione che lo perseguitava (eppure talento e mezzo non gli mancavano) e che voleva sfatare a tutti i costi. Il brasiliano in qualifica fa il vuoto dando distacchi importanti, considerando che i diretti avversari erano le Williams con le sospensione attive di Mansell e Patrese, e primo rimane anche allo start.

Il GP, come ho anticipato, è una sorta di gara ad eliminazione, dove non solo i guasti meccanici la facevano da padrone e, soprattutto, i cambi erano messi “alla frusta”. Nemmeno Ayrton venne esentato da questi guasti, e dopo aver condotto con autorevolezza la gara, al sessantesimo giro “perde” la quarta marcia. Il brasiliano non si dà per vinto e lotta con le unghie e con i denti, giocando sulla e con la frizione, ad ogni curva, per difendere quel primo posto e soprattutto la tanto agognata vittoria a casa sua. Il vero problema sarebbe stato Mansell che stava rimontando furiosamente; solo che quest’ultimo è costretto al ritiro proprio per un guasto al cambio. Nel frattempo, il cambio di Senna rendeva l’anima definitivamente, lasciando a disposizione del brasiliano solo la sesta marcia.

Riccardo Patrese all’inseguimento di Ayrton Senna, Brasile 1991

Ayrton voleva quel GP, il brasiliano “pretendeva” salire sul gradino più alto del podio. All’epoca le monoposto di F1 erano brutali e faticose da condurre già se erano in perfette condizioni, figuriamoci con un componente che non funziona. La sesta di Ayrton era l’unica cosa che gli rimaneva e solo con quella riuscì a tenere a bada e a distanza un altrettanto “zoppo” Patrese, tagliando il traguardo da vincitore, per la prima volta a casa sua, nel tripudio dell’autodromo. Proprio a causa di quello che successe durante la gara e quello che fece dopo a motori spenti ho sempre definito questo GP “la sesta” sinfonia di Ayrton.

Il brasiliano, spossato dalla fatica, non riusciva ad uscire dall’abitacolo e venne tirato fuori di peso. Sul palco era visibilmente provato e a stento riusciva a tenere la coppa. Ricorrendo a quel briciolo di forza che gli rimane, compie un ultimo sforzo sollevando il trofeo tra l’emozione e la gioia di tutti i suoi compatrioti. Eroi, miti, sono queste le storie di cui la F1 di oggi ha bisogno più che mai.

la sesta sinfonia di Ayrton
Ayrton Senna festeggia la prima vittoria in patria, Brasile 1991

Ora come ora c’è bisogno di guardare al passato per capire chi eravamo, e da dove veniamo, per non smarrire definitivamente la via. La F1 di oggi sta lentamente implodendo con regolamenti astrusi e costrizioni continue. Se il brasiliano fosse ancora vivo, di sicuro non si riconoscerebbe in questo ambiente che, lo ricordo, deve essere la massima espressione della tecnologia e della competizione motoristica.

Buon GP a tutti.

Autore: Vito Quaranta@vito1976

Foto: McLarenF1

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1 commento

  1. L’ultima foto è relativa alla vittoria del 1993 sotto la pioggia dopo che Prost aveva tamponato la Minardi del “nipotissimo” in fondo al rettilineo

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