domenica, Novembre 17, 2024

Quando il tifo diventa dogma

Quando il tifo diventa dogma


In genere, durante la pausa estiva si assiste ad uno strano fenomeno: i tifosi di ogni colore sono preda di allucinazioni di vario tipo sulla loro squadra del cuore; per non parlare poi del loro pilota preferito. Gli inglesi la chiamano “silly season” e tutti iniziano a fantasticare di scambi improbabili di sedili o addirittura di licenziamenti clamorosi o di ingaggi a sorpresa. Capita, quando la F1 è ferma per le doverose vacanze.

La premessa è stata  necessaria poiché se si fantastica per una ventina (circa) di giorni di pausa, immaginatevi cosa può succedere con addirittura quasi quattro mesi di stop per la pausa invernale. Naturalmente, l’argomento più gettonato, neanche a dirlo, è la Ferrari ed il suo capitano, per molti ormai divenuto un dogma (dal vocabolario Treccani: “principio fondamentale, verità universale e indiscutibile o affermata come tale”) ed in quanto tale intoccabile, ingiudicabile. Vietato parlarne. Naturalmente, la ridda di voci e speculazioni di vario genere, di accanimento in sua difesa, è aumentata in maniera esponenziale da quando in Ferrari, al meno blasonato compagno, hanno fatto trovare sotto l’albero un bel quinquennale, che in F1 equivale alla consacrazione massima. Se poi a farti questa blindatura è la scuderia più blasonata del circus, allora siamo all’apoteosi.

Vorrei iniziare proprio da questa estensione contrattuale. A Vettel non è mai giunta una tale offerta, e già solo questo dovrebbe farci chiedere se davvero Vettel è ancora il capitano della Rossa. Il tifo oltranzista ha reagito come meglio sa fare e cioè attaccando a spada tratta, sfoderando le migliori (o peggiori?) giustificazioni, pur di salvare il capitano declassato. Il dogma… dicevo. Vietato parlarne, salvo rischiare di essere investito da una pioggia di sterco dalla quale è difficile trovare riparo. Eppure, nonostante l’infausta “precipitazione”, nonostante il tifo faccia muro contro le critiche, siamo qui a parlarne e ad analizzare. Perché, signore e signori lettori, su queste righe non si fa altro che analizzare e criticare non l’uomo (perché del privato e del carattere che ha fuori non ce ne frega un “beneamato”), bensì lo sportivo.

Il risultato sportivo, appunto, parla chiaro e dice che un ragazzino appena ventiduenne, al suo secondo anno assoluto in F1 e al suo primo anno in un top team (e che top team) ha lasciato in mutande il suo compagno di squadra (quattro titoli iridati) e l’intera scuderia, costretta a lanciare un “salvagente” al pilota di punta, nelle fattezze di un team order già al primo GP della stagione ( a memoria non ricordo niente di simile con un altro top driver) ed a “frenarlo” a Singapore (ci ritorneremo) per permettere di salvare la faccia del capitano e giustificare l’investimento nei suoi riguardi. E, infine, Leclerc ha impressionato l’intero circus, issandosi sul gradino più alto per il maggior numero di pole del campionato (con la SF90… non con la W10).

Quando il tifo diventa dogma
Sebastian Vettel e Charles Leclerc, Scuderia Ferrari

Naturalmente, per la frangia oltranzista tutti questi numeri incontrovertibili nulla contano. Ciò che ha importanza sono solo le (infantili) giustificazioni, le (improbabili) scuse, le spiegazioni da ricercarsi in un “sedere ballerino” da parte della monoposto  che non è mai stata all’altezza dell’avversaria (a differenza della SF70-H… altra nota dolente per i tifosi del “pensiero unico”), e questo è vero; solo che è anche vero che se sei un campione fai di tutto per adattarti al mezzo che ti “passa il convento”. Se sei il capitano e soprattutto quello più esperto e che dovrebbe insegnare la vita all’altro, non rischi di farti quasi asfaltare proprio dall’apprendista. Naturalmente guai a parlarne, guai a dirlo pena la fustigazione in pubblica piazza. 

Mi hanno insegnato che il fallimento non esiste, esiste solamente il provarci e l’impegno che ci si mette nelle cose. Per questo rimarrò coerente con il mio pensiero, e del tedesco apprezzerò sempre il suo #EssereFerrari, l’enfasi e la passione che ha portato sempre sul gradino più alto ogni volta che ci è salito. Solo che bisogna sottolineare che tutta questa passione non  è bastata: o meglio da sola non serve a nulla se non a fare felice qualcuno che si accontenta di qualche “scenetta” strappa lacrime. Ci vuole sostanza, ci vuole arrosto e non solo fumo. Sebbene nel 2015, 2016 e voglio metterci anche il 2017, il buon Sebastian più di tanto non ha potuto fare, vero è che l’anno successivo aveva tutto per poter riuscire: mezzo, compagno perfetto e Lewis e tutto il team Mercedes alle prese nel capire la “diva”. Occasione sfumata. Nel frattempo il tempo passa e soprattutto mutano gli scenari, che in questa F1 sono anche più veloci delle stesse monoposto che vi corrono. 

Nel frattempo Kimi è stato mandato in pensione (d’oro) in Alfa Romeo, Arrivabene è stato avvicinato (giustamente) alla porta d’uscita e i sostituti dei rispettivi pilota e team principal, sono personalità leggermente diverse dai più accomodanti “compagni” del tedesco.  Infatti, cosi come Sebastian ha avuto modo di conoscere il compagno, è vero anche che ha avuto modo di apprezzare Binotto, ultimamente è nell’occhio del ciclone proprio per aver osato mettere in discussione il dogma. Mi riferisco alle recenti dichiarazioni rilasciate dall’italo-svizzero, che non fa altro che dire una verità che dopo Singapore, tutti conoscono e che nessuno vuole dire: non mi stupisce infatti che l’unico a parlare fu proprio Charles, allora prontamente zittito dallo stesso Binotto via radio. Si potrebbe dire che il team principal Ferrari sia stato inopportuno nel rinvangare tale episodio, eppure penso che il buon Mattia non sia uno sciocco. E se parla non lo fa a caso. Del resto, quando in Australia ha intimato al monegasco di rimanere dietro, non  mi pare di aver letto critiche (da parte della frangia oltranzista) di inopportunità per quell’episodio. La vittoria di Sebastian a Singapore aveva uno scopo e capisco il comportamento di Binotto a riguardo.

Quando il tifo diventa dogma
Sebastian Vettel vince il Gran Premio di Singapore 2019

Quello che non capisco e non capirò mai è quando il tifo diventa dogma, quando il proprio beniamino o la propria squadra divengono oggetto di sacralità assoluta e, per questo, immuni da ogni critica. Di fatto, i tifosi del tedesco hanno ricevuto un’amara sorpresa a Natale con il rinnovo quinquennale del monegasco. La Ferrari ha dato un segnale molto forte e allo stesso tempo molto elegante, come il blasone le impone:  il futuro si chiama Charles Leclerc e se il tedesco vorrà rimanere, il posto se lo dovrà guadagnare. Non bastano più i suoi titoli (che nessuno gli toccherà mai), i suoi sorrisi e le bandiere del Cavallino sventolate sul podio. Ora servono fatti più concreti. A mio modesto parere (a maggior ragione dopo i fatti brasiliani) Vettel ha le ore contate in rosso. Dubito fortemente che la Ferrari possa ambire a qualcosa di veramente importante se ci sono lotte continue in seno alla squadra stessa. Hamilton ha la strada spianata, Verstappen dopo aver ottenuto l’allontanamento dello scomodo Ricciardo ha bisogno solamente del mezzo. La Rossa potrebbe permettersi una super coppia come quella che ha attualmente, solo se avesse una Ferrari dominante come la Mercedes del 2016.

Purtroppo, i fatti dicono che anche quest’anno sarà dura lotta e il 2021 è tutta una incognita, anche se Binotto ha puntato tutto per avere il nuovo regolamento. In tutto questo bailamme di (personali) congetture, vedo anche il mercato abbastanza limitato per il buon tedesco: nessuno è disposto a pagare le somme che chiede Sebastian. E lo stesso quadri campione non è intenzionato a ripercorrere le orme dello spesso citato Alonso (la tifoseria del tedesco è sempre pronta a tirarlo in ballo a sproposito), rischiando di lottare a centro gruppo. Come si suol dire, la realtà è dura ed il futuro di certo non è roseo.

Non ci resta che aspettare gli eventi prima e il mese di maggio nel frattempo, il mese in cui, presumibilmente, si deciderà il destino del tedesco. Con buona pace dei suoi tifosi.

Autore: Vito Quaranta@vito1976

Foto: Ferrari

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