Binotto: un anno da team principal Ferrari
Il 2019 è stato un anno piuttosto particolare per Mattia Binotto. Dopo la morte di Marchionne (25 luglio 2018) i nuovi vertici della Scuderia decidono di effettuare due grandi cambiamenti: portare a Maranello il giovane talento monegasco Charles Leclerc ai danni di Kimi Raikkonen (annunciato l’11 settembre 2018, il martedì successivo al Gp d’Italia) e di mettere la squadra nelle mani di Mattia Binotto (era il 7 gennaio 2019, esattamente 12 mesi fa), persona che tanto bene stava facendo nel ruolo di direttore tecnico. Talmente bene che almeno all’inizio di questa avventura ha cercato di portare avanti entrambi i ruoli. Solamente nel mese di luglio viene fatta trapelare la notizia di una redistribuzione dei ruoli all’interno della Scuderia, ovvero che Binotto avrebbe rinunciato già dal Gp di Monaco al ruolo di direttore tecnico ripartendo tale compito tra tre diverse figure così da dedicarsi a tempo pieno ai doveri di team principal. Il tecnico italo-svizzero ha sempre smentito tale indiscrezione, sostenendo che questa suddivisione dei compiti fosse stata fatta sin dall’inizio dell’anno… Cosa che sinceramente mi viene un po’ difficile da credere.
Il cambiamento d’assetto potrebbe essere derivato da una moltitudine di fattori, uno su tutti il carico di lavoro dato dal nuovo ruolo, carico che lo stesso Binotto non si attendeva soprattutto sul piano politico e finanziario, proprio come lui stesso ha recentemente affermato al magazine ufficiale della Ferrari: “Mi è dispiaciuto il fatto che in questa Formula 1 il confronto non sia solo tecnico e sportivo ma anche politico. Un fronte su cui non possiamo abbassare la guardia e che fa in modo che non sia sufficiente avere una monoposto competitiva e piloti bravi. Non mi aspettavo che richiedesse tanto impegno… Nonostante il novanta percento della Gestione Sportiva sia costituito da tecnici, il mio nuovo ruolo copre anche l’altro dieci percento: comunicazione, marketing, sponsorizzazioni, legali. Nuove aree, in cui forse sono meno qualificato. Si potrebbe dire che, mentre prima, come direttore tecnico, ero abituato a spendere, ora come capo squadra devo pensare a come risparmiare o persino creare guadagni”.
La Ferrari non può andare certamente orgogliosa della prima parte della stagione, in cui gli unici lampi potevano essere stati caratterizzati dalla vittoria di Leclerc in Bahrain, se non avesse avuto problemi di motore e dalla possibile vittoria di Vettel in Canada se… Ognuno conlcude la frase come vuole così per una volta, forse, accontentiamo tutti. Però non si può ragionare con i se e con i ma quando si parla di storia già scritta. Ormai le cose sono andate così, e tralasciando alcuni rari episodi di competitività, forse anche per via delle nuove difficoltà incontrate dall’esordiente team principal. Tuttavia, nonostante un inizio problematico, a Mattia Binotto va riconosciuta la caparbietà di credere nei suoi uomini e in quelle procedure che hanno permesso di ritrovare una monoposto in grado di competere per la vittoria nella parte finale della stagione (soprattutto nei mesi di settembre – ottobre): “Sono convinto che sia importante disporre di procedure rigorose. È ciò che aiuta a gestire una struttura grande come la nostra. Il lato umano ed emotivo è fondamentale, da un lato devi occuparti delle relazioni con gli individui, ma dall’altro la squadra è una macchina complessa che deve funzionare alla perfezione. Soprattutto in Formula 1, dove tutto deve essere efficace ed efficiente. Per essere chiari, il problema non è come sviluppare qualcosa con mille cavalli, ma farlo prima degli altri. Quindi c’è bisogno di processi efficienti che ti consentono di essere più veloce nello sviluppo”. L’ultima stagione della Rossa potrebbe riassumersi proprio con quest’ultime righe, ovvero l’essere riusciti a trovare la competitività troppo tardi (soprattutto in qualifica, mentre nonostante tutto il lavoro fatto per migliorare il passo gara e la gestione degli pneumatici questi sono rimasti il grande tallone d’Achille della SF90 per tutto il mondiale).
Un altro problema che Binotto si è trovato ad affrontare è stato quello relativo alla gestione dei piloti. Vettel e Leclerc hanno iniziato presto, sin dalla prima gara in Australia, a battibeccare in radio su chi dei due meritasse di stare davanti all’altro. Discussioni mai veramente risolte e culminate con l’incidente in Brasile, dove i due alfieri della Rossa si sono autoeliminati a vicenda. Ancora una volta però il team principal ha voluto precisare come la squadra sia coesa e come i piloti vadano d’amore e d’accordo (se vuoi ne parliamo anche qui): “Sono contento di come è cresciuto lo spirito di squadra. Siamo uniti e compatti, compresi i piloti, nonostante quello che alcuni insinuano. Un esempio? Dopo l’incidente a Interlagos, il mio telefono ha squillato e sul display c’erano i nomi di Seb e Charles insieme. Erano in contatto tra loro, avevano chiarito e mi avevano chiamato per una telefonata a tre. Non è solo un gesto, ha mostrato uno spirito di squadra impressionante. E comunque, per quanto riguarda i fatti accaduti in Brasile, è meglio che si siano verificati ora. Ci aiuterà a capirci meglio per la prossima stagione“.
Su quest’ultimo punto non c’è dubbio! Il 2019 oramai non poteva dare nulla di più alla Scuderia (giusto il terzo posto di Leclerc nella classifica piloti, ma niente di così importante alla fin fine), quindi sì, se guardiamo il bicchiere mezzo pieno è stata acquisita un po’ di esperienza in più in vista dei duelli futuri. Ora c’è solo da augurarcisi che l’esperienza fatta lo scorso anno sia servita, perché la sfida tra i due piloti ripartirà da zero con l’inizio del mondiale 2020 a Melbourne e Binotto dovrà farsi trovare pronto a mettere i “puntini sulle i” sin da subito.
Autore: Marco Sassara – @marcofunoat
Foto: Ferrari – Federico Basile