La Ferrari delle meraviglie non è mai esistita. E naturalmente non mi riferisco alla più vincente o alla più potente. Alla più ricordata o alla più blasonata. Parlo di quella Ferrari in grado di mettere tutti d’accordo, sacro e profano, tecnici e tifosi, umiliati e offesi. Perché la Ferrari fa parlare di sé, sempre e comunque, anche quando, come in questi mesi di silenzio, c’è ben poco da dire. Allora si sussurra, si ipotizza, si distrugge, si mitizza, accordando il pensiero allo stato d’animo di questi giorni di inverno grigio, offuscato da nebbie e da smog. Aria pura che fatica a entrare nelle nostre menti, incapaci quindi di mettere a fuoco, brave solo a vagheggiare o vaneggiare.
Onde vacue e indistinte come le certezze che ci arrivano da Maranello. La terra emiliana ancora addormentata, colta da un languore sonnolento. Pianura che si adombra di brume, sotto a nuvole che paiono spume di cavalloni mai sazi. Rocche e castelli che si adornano di freddo e di leggende, rinnovando antichi vessilli. Gli stessi fasti che il Cavallino tenta di rinverdire in una ormai non così lontana primavera di motori. Il conto alla rovescia verso le nostre personali idi di marzo è già iniziato, anche se il dado sarà tratto ben prima e ben lontano dal Rubicone.
C’è chi si dice ottimista, chi scettico. C’è chi riporta di indicazioni e simulazioni che lasciano ancora l’amaro in bocca. Sotto a chi tocca, con la propria previsione, con la propria incauta o ragionevole suggestione. Tutti a decidere anzitempo le sorti dell’anno che verrà. Perché la nuova vettura, al secolo progetto 671, sarà solo un’evoluzione e non la rivoluzione che da più parti s’invoca. E questo apre la strada alla sfiducia, al tortuoso sentiero del tarlo. Ad aggravarlo la necessità manifesta di convincere, dopo un anno scadente. Il desiderio celato di vincere, dopo stagioni da perdente.
Non bastassero i dubbi legati alla vettura, si fomentano quelli in merito ai piloti e alla loro presunta poco pacifica convivenza. Tra una relazione stabile e ufficializzata un attimo prima di Natale, ed un’altra di lungo corso ancora da confermare, c’è ancora molto di cui sparlare. Una coppia pirotecnica, come hanno dimostrato i maldestri passi dello sfortunato samba brasiliano. Una coppia affiatata, come traspare dalle parole di Leclerc, che paiono annunciare una romantica luna di miele.
“Ho imparato davvero molto da Sebastian, è un pilota estremamente professionale. E ho ancora molto da imparare da lui. Seb va in profondità nelle cose e cura particolarmente i dettagli, anche su particolari che pensavo non potessero essere d’aiuto per gli ingegneri. Mi è capitato di fermarmi ad ascoltarlo per un’ora sulle considerazioni al termine di una sessione ed è stato estremamente interessante.”
Charles Leclerc, nonostante un comprensibile riferimento a “momenti particolari vissuti in pista“, tesse le lodi di Sebastian Vettel, rimarcando quanto il rapporto lavorativo con il tedesco sia ottimo. Gli si può credere? Francamente penso di sì. La coabitazione tra due piloti intenzionati a vincere non può chiaramente essere improntata all’idillio e passerà logicamente attraverso fasi convulse. Tuttavia questo non basta per decretare una guerra fredda in atto, né per vaticinare l’eco di storiche rivalità. Charles e Sebastian sono la Ferrari. E la rappresenteranno al meglio proprio in virtù di questa fame condivisa. Non c’è storia senza entusiasmo ardito, non c’è gloria senza appetito. Entrambi tesi verso la stessa meta, entrambi protesi verso una vittoria agognata.
Potrebbe essere un male, ovviamente. Un indirizzo poco stabile in grado di fomentare tensioni e gelosie. Ma potrebbe rappresentare anche il bello e il buono di una Formula Uno che vuole farci vibrare, imprecare, agitare. Lontana da esiti già scritti per contratto o da poco adrenalinici contentini da dispensare ai maggiordomi come incentivi. Ferrari ha deciso di entusiasmare, anche se i conti non dovessero tornare. Ha deciso di rischiare, per avvolgerci nel tremore di un sussulto che dura un’intera corsa. Gare che restino impresse nella memoria, a costo di perdere qualche punto per strada, o qualche pezzo di carbonio rosso opaco lungo la pista. Forse non è savio e prima o poi si opererà una scelta. Ma nell’attesa possiamo sognare, ricordare, prefigurare.
Perché in fondo #essereFerrari è prima di tutto emozione. E il cuore pulsante del Cavallino non accetta più mezze misure. Vuole imbizzarrirsi, stizzirsi, scalciare. Ma essere libero di galoppare sulle ali di una fantasia in cui la Ferrari delle meraviglie possa diventare realtà. Con i suoi attori e con le sue contraddizioni. Con i suoi ardori e le sue complicazioni. A briglia sciolta per regalarci indimenticabili sensazioni.
Autore: Veronica Vesco – @veronicafunoat