“La FIA comunica di aver terminato, dopo approfondite indagini tecniche, la sua analisi del funzionamento della Power Unit di Formula Uno della Scuderia Ferrari e di aver raggiunto un accordo con il team. Le specifiche dell’accordo rimarranno riservate. La FIA e la Scuderia Ferrari hanno concordato una serie di impegni tecnici che miglioreranno il monitoraggio di tutte le Power Unit di Formula Uno per le prossime stagioni del campionato, oltre ad un impegno attivo in altri compiti normativi in Formula Uno e nelle sue attività di ricerca sulle emissioni di carbonio e combustibili sostenibili“.
Questo su riportato è il comunicato stampa tramite il quale la Federazione Internazionale dell’Automobile ha formalizzato, venerdì della scorsa settimana, la fine di una partita che aveva animato la seconda parte della stagione 2019 e che vedeva la power unit di Maranello sotto i riflettori per alcune presunte irregolarità agitate dalla stampa estera e, in via ufficiale, dalla Red Bull. Una serie di direttive tecniche (tre per la precisione, nda) avevano stabilito quale fosse l’uso corretto della sistema di alimentazione del propulsore; un’area sulla quale il regolamento lasciava aperti diversi spiragli entro cui, secondo il team anglo-austriaco (e non solo), gli ingegneri italiani si erano insinuati in maniera poco ortodossa e non pienamente rispondente alla norme tecniche. Il comunicato della FIA – è abbastanza evidente – pare lacunoso in alcune parti. E la mancanza di elementi circostanziati ha scatenato la reazione piccata dei team non motorizzati dalla Ferrari.
La bomba è deflagrata stamattina quando, con un controcomunicato apparso sui siti di sette squadre (Mercedes, Racing Point, Williams, McLaren, Renault, Red Bull e Alpha Tauri), è stato sostanzialmente chiesto che chiarezza venga fatta sui termini dell’accordo che l’ente presieduto da Jean Todt e la Ferrari hanno trovato. Una lecita domanda di trasparenza che metta fine alle speculazioni che da cinque giorni si auto-alimentano andando ad intossicare un clima che si è fatto già troppo pesante. Ecco la nota ufficiale diramata in mattinata: “I sette team le cui firme trovate in calce a questo comunicato si confessano sorpresi e shockati dal comunicato rilasciato dalla FIA in data venerdì 28 febbraio in merito alla conclusione delle indagini effettuate sulla Power Unit della Scuderia Ferrari. Il regolatore di uno sport internazionale ha la responsabilità di agire con i più alti standard di integrità e trasparenza. Dopo mesi di investigazioni effettuate dalla FIA in seguito a quesiti sollevati da altri team, obiettiamo con forza contro il fatto che sia stato raggiunto un accordo confidenziale tra la FIA e la Ferrari a conclusione di questa questione. Vogliamo sottolineare che proseguiremo il nostro impegno per fare chiarezza in maniera definitiva su questo tema per garantire che tutti i partecipanti a questo sport vengano trattati in maniera equa e corretta. Lo facciamo anche per responsabilità nei confronti dei fan e di tutte le parti interessate e coinvolte in F1. Inoltre, ci riserviamo il diritto di proseguire la nostra azione per vie legali rivolgendoci ai tribunali competenti in materia”.
Leggendo lo scritto sopra riportato, dal quale si evince che le “Sette Sorelle” sono andate su tutte le furie, sorgono due questioni dalle quali è scaturita una rappresaglia che era nell’aria. La prima si riferisce alla legalità della power unit Ferrari; la seconda a quell’accordo di cui si fa menzione a metà comunicato. Andiamo con ordine e concentriamoci sul primo punto. Richiedere pubblicamente l’esito dell’indagine fatta dagli organi della FIA non è né può essere un dettaglio secondario. Lo scritto dell’ente con sede a Parigi manca dell’elemento basilare e non fuga il dubbio intorno al quale si era condotta la disputa l’anno passato: la power unit della Ferrari era regolare o meno? Se lo era (o lo è tutt’ora) andava esplicitato, ovviamente senza entrare nello specifico tecnico per non favorire la concorrenza. Di converso, se fosse stata acclarata l’illiceità tecnica del propulsore, sarebbe dovuta essere emessa una sanzione. Manca ogni cosa, è assente ogni riferimento all’una o all’altra fattispecie. Un qualcosa che è francamente inaccettabile. Un guazzabuglio giuridico che, come normale che sia, è stato impugnato dai non motorizzati Ferrari che ora si sentono parte lesa. E minacciano azioni legali che possono essere singole o addirittura cumulative. Un fronte comune che al momento pare essere granitico. Una rarità nel mondo belligerante della F1.
Passiamo al secondo punto: l’accordo FIA-Ferrari cui si fa chiaro riferimento nel comunicato del 28 febbraio lascia decisamente perplessi. Perchè? Semplice. La Rossa non è un partner esterno alla FIA. La Ferrari è una scuderia che partecipa attivamente al Mondiale e che ha sacrosante velleità di vincere. Leggere “La FIA e la Scuderia Ferrari hanno concordato una serie di impegni tecnici che miglioreranno il monitoraggio di tutte le Power Unit di Formula Uno per le prossime stagioni del campionato, oltre ad un impegno attivo in altri compiti normativi in Formula Uno e nelle sue attività di ricerca sulle emissioni di carbonio e combustibili sostenibili” non è certo un toccasana in termini di trasparenza globale. E se, ad esempio, FIA e Ferrari tracciassero una strada tecnica condivisa e la offrissero successivamente agli altri team sotto forma di regola? Non si configurerebbe un vantaggio per Maranello che già sarebbe a conoscenza di una data tecnologia? La risposta è ovviamente affermativa e questo dettaglio, che non è sfuggito a chi scrive, sarà sicuramente stato messo in cima alle lista della preoccupazioni da parte delle squadre che hanno firmato e condiviso il documento che stiamo analizzando.
Quella che si prospetta tra le parti è una vera e propria guerra legale. Un contesto che ha già iniziato ad avvelenare i commenti ed i giudizi dei tifosi che, nel classico stile dicotomizzante dei social network, hanno iniziato una sorta di opposizione tra campanili. In questa vicenda non ci sono vincitori né vinti, c’è solo da sperare che trionfi la razionalità e che il processo decisionale sia adamantino. Proprio per evitare ulteriori pagine controverse nella storia della F1. Se in passato i decisori hanno avuto comportamenti ambigui non dobbiamo pensare che sia lecito, giusto o addirittura auspicabile perpetrare in questa logica perché la vicenda ora tocca il proprio orticello.
La stessa Ferrari sarebbe maggiormente tutelata in presenza di una comunicazione più puntuale, chiara, intellegibile. La FIA gioca un ruolo delicatissimo. Detiene, al contempo, la facoltà di scrivere la norma, l’obbligo di renderla esecutiva e la facoltà di giudicare/sanzionare chi eventualmente trasgredisce. La Federazione, dunque, è legislatore, governo e arbitro. Tre figure in una che determinano un massiccio accentramento di potere. Proprio per tale ragione si chiede e si pretende che determinate decisioni vengano prese in maniera trasparente e chiara.
Qualcuno sostiene, in chiusura, che quello della FIA alla Ferrari è un processo basato su elementi probanti non acquisibili perché arrivati da una sorta di talpa. La classica gola profonda che avrebbe segnalato fatti e circostanze indirizzando le analisi dei commissari. Quel che interessa davvero è sapere cosa è accaduto davvero, non come gli steward sono venuti a conoscenza dei fatti. Nell’interesse della Mercedes, degli altri sei team firmatari, dei motorizzati Ferrari e di Maranello che in queste ore si vede invasa da congetture e illazioni non proprio piacevoli, la FIA deve dotarsi di strumenti comunicativi più efficaci e dimostrare senza ombra di dubbio la sua terzietà per evitare che il Marko di turno possa pubblicamente asserire che “Il comportamento della FIA è scandaloso”. O ancora: “Avremmo dovuto richiedere, tramite Chiris Horner, i 24 milioni di dollari di premi in denaro che avremmo ricevuto se la Ferrari fosse stata punita“. Accuse pesanti come macigni che avvelenano i pozzi.
Per non parlare di Toto Wolff, padre del documento odierno (fattispecie confermata da Marko, nda), che ha rotto il diplomatico silenzio al quale era ricorso nel 2019 dicendo che “… La vicenda Ferrari – FIA è un enorme casino“. Nonché: “… Ciò che ha fatto la Ferrari non va bene ed è ancora meno positivo come la Federazione abbia trattato la questione“. Una brutta situazione venutasi a creare per una discutibile gestione della comunicazione che fa iniziare il Mondiale sotto una luce fosca in un periodo in cui, causa Coronavirus, tante nubi si addensano sul normale svolgimento della attività. Che al momento, assurdo nell’assurdo, sembrano essere percepite come secondarie nella lista di priorità di appassionati e addetti ai lavori.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Red Bull