La montagna ha partorito il topolino. Anzi, sarebbe più corretto dire che il travaglio non ha prodotto alcunché. Ieri pomeriggio si è tenuta una riunione a distanza tra FIA, Liberty Media e le dieci scuderie di F1 (leggi qui) che serviva a risolvere alcune questioni diventate attuali dopo lo slittamento al 2022 delle regole tecniche inizialmente previste per l’anno prossimo. All’ordine del giorno, oltre alla ristrutturazione del format del week end di gara e alla stesura di una bozza di calendario per il campionato 2020, c’era la definizione del budget cap che entrerà in vigore nel 2021. Dopo ore di accuse, rimpalli, confronti serrati e tensioni l’incontro si è chiuso senza produrre effetti.
Sul piatto c’erano, sostanzialmente, le proposte di due forze tra esse conflittuali. Da un lato una Ferrari disposta a cedere ben poco: dai 175 milioni di dollari previsti, Maranello s’è detta disposta a fermarsi ad un minino di 150; dall’altro la McLaren che si è fatta latrice del messaggio dei team di seconda fascia che vorrebbero un abbassamento drastico, che faccia stabilire il tetto di spesa a soli 100 milioni annui. Con queste premesse era difficile credere che un punto di sintesi venisse trovato in scioltezza. Sarà dunque necessario produrre altri incontri per uscire con una linea comune che al momento sembra essere una chimera.
In generale è la Ferrari la squadra che ha mosso più eccezioni rispetto alle altre. Spiegando che, in quanto costruttore e fornitore di motori e altre parti meccaniche, si trova ad affrontare spese più grosse rispetto ad una scuderia “normale”. Naturalmente le squadre clienti pagano per ottenere le succitate parti, ma non affrontano costi di ricerca e sviluppo che, secondo Mattia Binotto, superano i benefici offerti della vendita di determinate componenti della monoposto. Sulla medesima lunghezza d’onda c’è la Red Bull che, come Maranello fa con Haas e Alfa Romeo Racing, cede tecnologie alla sua scuderia satellite, l’Alpha Tauri.
E Mercedes? Gli anglo-tedeschi pare si siano posizionati nel mezzo. Stando ai ben informati, sembra che Toto Wolff si sia detto disposto a scendere ad un tetto di spesa di 125 milioni. Quindi più vicino ai 100 cui fa menzione Zak Brown. Sull’idea del team principal austriaco potrebbe pesare il fatto che dall’anno prossimo saranno tre i team a cui Mercedes cederà le power unit. Cosa che comporta introiti importanti che potrebbero coprire le spese di progettazione e ricerca alle quali faceva riferimento Binotto.
Maranello è intransigente. Negli uffici modenesi ritengono che abbassare sensibilmente il budget annuale obbligherebbe la dirigenza a sostanziosi tagli al personale. La Ferrari ha pertanto proposto delle “sforbiciate selettive”, dipendenti dallo status del team: un budget cap basso per le scuderie che non producono power unit, una somma più elevata per chi produce e fa ricerca. Su questa soglia di spesa a duplice velocità si è registrato il livello di tensione più alto. Un accordo non è stato trovato e il dibattito è stato rinviato a data da definire. Nel frattempo le parti in causa penseranno ad altre ipotesi che poi saranno messe sul piatto delle trattative.
A margine dell’incontro si è anche discusso di un provvedimento proposto dalla Red Bull e che già aveva incontrato ben pochi favori: spostare al 2023 l’introduzione delle norme tecniche previste per il 2022. A questa circostanza s’era fermamente opposto Jean Todt, numero uno della FIA. I team, in maniera abbastanza pilatesca, hanno stabilito che la proposta di Chris Horner non sia di stringente attualità. Con questo espediente hanno spostato la discussione a dopo l’estate. Ma la sensazione è che la bocciatura sia nell’aria.
In questo momento, dunque, l’unica certezza è che non vi siano certezze. Quella del budget cap sarà una battaglia campale dalla quale dipende il futuro stesso della Formula Uno che sta soffrendo più di quanto si possa immaginare lo stop delle attività sportive. Naturalmente un punto di sintesi andrà trovato ad ogni costo perché la questione finanziaria è l’architrave del Patto della Concordia che, nella sua nuova versione, non è stato ancora sottoscritto da tutti i team. Quello vigente scade a fine 2020 e immaginare che la Formula Uno possa affrontare le stagioni future senza la promulgazione di un documento così fondante è impossibile. Servirà uno sforzo da parte di tutti i protagonisti che, giocoforza, dovranno venirsi incontro.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Alessandro Arcari – @berrageizf1 – McLaren, Red Bull