La F1 è mondo multisfaccettato di cui il lato sportivo è quello più evidente. Dietro lo spettacolo che i piloti offrono in pista si combatte, da sempre, un’accesa battaglia politica. Al centro della quale c’è spesso stata, nella storia della categoria, la Ferrari. Maranello è la scuderia che ha vinto più di ogni altra e che ha conquistato una serie di diritti che spesso risultano invisi alla concorrenza. Tra questi c’è il controverso veto nato in un’era in cui la Rossa si opponeva, quasi da sola, allo strapotere dei team britannici che monopolizzavano la pit lane.
Il diritto di veto, quindi, è “l’arma bianca” tramite la quale la Scuderia fa valere la sua forza politica nel definire regole e strategie della Formula Uno. Un istituto che non viene esercitato, ma solo brandito. Una sorta di “intimidazione”alle istituzioni del motorsport che serve ad incanalare la volontà dei decisori. Maranello, nella sua settantennale presenza in Formula Uno, ha usato anche un altro strumento: la minaccia d’abbandono. Uno scenario solo paventato ma mai preso seriamente in considerazione da un team che ha dato tanto alla categoria ma che altrettanto riceve dalla stessa in termini di ritorno d’immagine e di marketing. Cosa confermata da alcuni rapporti del settore commerciale che parlano molto chiaramente: “La F1 – si legge in un comunicato dell’azienda – consente di promuovere e commercializzare il marchio a livello globale senza ricorrere alle tradizionali attività pubblicitarie. Ciò consente di limitare le spese di marketing che sarebbero molto elevate visto che operiamo nel settore del lusso”.
Non è un caso che il Cavallino Rampante sia il marchio più conosciuto al mondo. Questa fama è dovuta sicuramente alla Formula Uno della quale la Ferrari non può fare a meno. Questa solidità acquisita negli anni ha fatto sì che la Scuderia sia uno dei pochi team che sta accusando meno la crisi derivante dalla pandemia di Covid-19. Se le azioni della F1 si sono deprezzate del 42% e quelle della Mercedes del 32% da quando la recessione ha avuto inizio, la Ferrari ha visto decrescere il valore azionario di un risibile 11%.
Quindi la Rossa è nella massima categoria del motorsport solo per un ritorno d’immagine che le consente di fatturare cifre importanti a fronte di una forza lavoro impiegata relativamente piccola? La risposta è negativa. Altro aspetto vitale è la ricerca e l’innovazione tecnologica che l’azienda riversa nella produzione. Il Reparto Corse sostiene ingenti spese per la ricerca col fine di primeggiare. Questo know-how viene naturalmente usato dagli ingegneri della produzione per creare le supercar che hanno reso famosa la casa modenese in tutto il mondo. Questo fatto genera una riflessione fondamentale: la Ferrari ha interesse a partecipare anche se non vince. Il core business dell’azienda è vendere auto di qualità. Vincere aiuta a farlo? I numeri dicono di no. Ecco perché, con ogni probabilità, la permanenza del Cavallino in F1 è e sarà scontata. Ovviamente è importante essere sempre posizionati in una fascia alta delle classifica. Essere competitivi è un fattore decisivo in un più ampio progetto di marketing.
Come evidenziato in precedenza, dunque, la Ferrari attinge molti vantaggi dalla sua presenza in Formula Uno. Certo, ne dà anche ad una serie sportiva che si giova dell’avere un marchio così conosciuto, prestigioso e amato dai fan in giro per il mondo. Il fatto che Maranello abbia un potere politico così forte sta condizionando la discussione intorno al budget cap. In piena crisi finanziaria sono diverse le compagini che chiedono un drastico ridimensionamento rispetto ai 175 milioni stabiliti per l’anno 2021. Cifra per la quale Maranello si è battuta e dalla quale non vuole schiodarsi. Questa visione “Ferrari-centrica” non è però compatibile con lo scenario mutato degli ultimi tempi. Molte scuderie britanniche, McLaren tra queste, hanno dovuto operare sanguinosi tagli di personale per via dei mancati introiti derivanti dallo stop del Campionato del Mondo.
Il fatto che la Ferrari detenga il diritto di veto e che minacci, di tanto in tanto, di ritirarsi, si domandano dalle colonne di Racefans, è eticamente opportuno nel momento di più grave difficoltà della lunga storia della Formula Uno? Probabilmente no. Proprio perché, per i motivi su elencati, dalla sopravvivenza della F1 dipende, se non la vita, almeno la buona salute del brand motoristico italiano. E’ per questo motivo che le richieste di abbassare il budget cap fatte dall’ala britannica andrebbero prese seriamente in considerazione. Magari non arrivando ai 100 milioni verso cui spinge la McLaren. La visione della Mercedes, che parla di un tetto di spesa di 135 milioni, potrebbe essere quella posizione mediana che potrebbe aiutare la categoria. Senza scontentare troppo le parti.A Maranello, per sbloccare l’impasse, bisognerebbe comprendere che costi minori (leggasi budget cap ridotto) genererebbero, a parità di condizioni, maggiori profitti.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto:
– Alessandro Arcari – @berrageizf1
– Ferrari