Ecclestone: “C’è voluta la morte di un afroamericano per far muovere lo sport…”
La morte di George Floyd (25 maggio) ha avuto una forte risonanza non solo negli Stati Uniti d’America, ma in tutto il mondo e in tutti gli ambienti. Non è normale che un ragazzo/uomo di colore subisca dei trattamenti differenti solamente perché giudicato ‘diverso’. Di episodi del genere negli USA se ne sono visti a bizzeffe. Forse, però vuoi il periodo, vuoi per la violenza delle immagini passate alla TV, la vicenda ha attirato così tanta attenzione su di sé, da dare a molte personalità di rilievo l’opportunità di farsi sentire. Tanti messaggi una sola speranza: che George non sia morto invano.
Nel mondo della Formula Uno, il primo ad intervenire, quasi istantaneamente, è stato Lewis Hamilton. Dopo alcuni giorni attesi nel silenzio di colleghi e del suo amato sport, decise bene di richiamare l’attenzione diramando un messaggio forte mirato a scuotere le coscienze di tutta la categoria intera (leggi qui per approfondire). E dobbiamo dire che c’è riuscito. Di pochi giorni fa un terzo intervento social volto a ringraziare tutti coloro che hanno rotto il silenzio, rimarcando il senso di ingiustizia che lo attanaglia: “La scorsa settimana è stata davvero buia. Non sono riuscito a trattenere le mie emozioni. Ho provato tanta rabbia, tristezza e incredulità per ciò che ho visto.”
“Sono stato completamente sopraffatto dalla rabbia per aver visto un tale palese disprezzo per la vita della nostra gente. Le ingiustizie che i nostri fratelli e sorelle devono affrontare in tutto il mondo sono disgustose e devono cessare. Tante persone sembrano esserne sorprese, ma purtroppo per noi non è sorprendente. Quelli come noi, che sono neri o mulatti, lo vivono ogni giorno e non dovrebbero sentirsi colpevoli dalla nascita, non dovremmo temere per la nostra vita in base al colore della nostra pelle. Solo quando ci sono rivolte e richieste di giustizia, il potere cede e fa qualcosa, ma ormai è troppo tardi e non è stato fatto abbastanza.”
“Ci sono volute centinaia di migliaia di denunce ed edifici bruciati prima che i funzionari locali reagissero e decidessero di arrestare Derek Chauvin per omicidio. E questo è triste. Per favore non restate in silenzio, indipendentemente dal colore della vostra pelle.” La frustrazione è tanta, la si può leggere tra le parole utilizzate dal campione del mondo britannico. Uno Stato forte dovrebbe evitare il verificarsi questo genere di situazioni, e qualora si verificassero, non dovrebbe esitare a prendere provvedimenti adeguati. È triste dover sentir dire: ‘solo quando ci sono rivolte e richieste di giustizia, il potere cede e fa qualcosa’. Significa che si è fallito… Che abbiamo fallito. La violenza non può e non deve essere la soluzione ai problemi.
Sulla stessa linea, e ancor più estremista il presidente emerito della Formula Uno, Bernie Ecclestone, che parlando all’’Agence France-Presse‘, ha espresso il proprio apprezzamento per il modo in cui l’iridato è riuscito a richiamare l’attenzione dei colleghi: “Penso che sia una buona cosa che Lewis Hamilton, i calciatori e le stelle escano e inizino a parlare, dovrebbero continuare a farlo. Personalmente, per me è una grande sorpresa il fatto che ci sia voluto così tanto tempo e che un afroamericano sia dovuto morire così brutalmente perché lo sport prestasse attenzione a queste cose.”
Dichiarazione di forte impatto anche quella di Mr E, che prima però di esporre la propria idea in merito a come si possa impedire che simili eventi accadano di nuovo, decide di fare una piccola digressione sulle personali esperienze passate: “Ho portato la F1 fuori dal Sudafrica quando c’era l’apartheid (segregazione razziale), cosa sbagliata e disgustosa. Non credo che il razzismo se ne sia mai andato da allora. Le persone non sono sempre buone…”
Negli scorsi anni, anche il Bahrain è stato luogo di proteste e scontri molto duri. In tal caso le ribellioni erano mosse da attivisti che chiedevano al governo l’annullamento dell’evento di Formula Uno accusando le autorità locali di violazione dei diritti umani. Ecclestone però ha spiegato come la situazione nel 2012 fosse molto diversa da quella del Sud Africa: “In Bahrain ho sostenuto persone che sostenevano di essere state minacciate… Ho incontrato gli organizzatori delle proteste e chi affermava di essere stato torturato. In questo caso però, volevano prendere il paese. Non era come avvenuto in Sud Africa o negli Stati Uniti ora, ma il contrario.”
Ed ecco che il presidente emerito della categoria giunge alla sua ‘cura’: “Non sono una persona che crede nella democrazia. Credo nella dittatura. Ciò non significa che adoro Hitler, sto solo dicendo che si possono prendere delle decisioni più rapide sotto tale leadership” ha concluso all’AFP. Ovviamente non c’è una soluzione semplice ai problemi. Ognuno ha le proprie opinioni riguardo i metodi che lo Stato dovrebbe adottare per impedire che certi episodi avvengano e prevenire la salute di tutti.
La vita ci ha fatto il dono di essere tutti diversi gli uni dagli altri, dovremmo apprezzare tutte le diversità vedendole come opportunità. E non solo le diversità apparenti. Anche la libertà di pensiero altrui fa parte del gioco…
Autore: Marco Sassara – @marcofunoat
Foto: Formula Uno