domenica, Dicembre 22, 2024

Vettel e lo stipendio: processo alle intenzioni


Vettel, ancora e sempre lui. Vettel è un nome comodo per ottenere visibilità, un argomento sempre pronto a suscitare nuovi clamori. Si parla di Sebastian preferibilmente per difetto, lo si identifica come la pietra di paragone negativa, al cospetto del puro diamante. Un gioiello da incastonare in un diadema ancora in divenire, ma già pronto per essere raccolto ed ereditato, causa blasone, dal principe Charles Leclerc. Il monegasco è la faccia pulita della corona, colui che può dare nuovo lustro alle ormai non troppo regali insegne del Cavallino. E il tedesco? Con un voltafaccia degno della più consolidata storia italica, l’alleanza si è rotta e non verrà più rinnovata. Dunque fa comodo presentarlo come brutto e cattivo.

Vettel come l’orco che maltratta la principessa rossa, la oltraggia con manovre da principiante, la sfigura colpendola in una lotta fratricida. E, ora, chiede pure il riscatto. Negoziare con i delinquenti non è mai cosa bella: prima si spara in alto, poi si corregge il tiro. I milioni sono 40. O forse 30. Più probabilmente 25. D’altronde dato l’ostaggio… Ah, no: si tratta dell’ingaggio. Va beh, dettagli di poco conto, che sarà mai, giusto il tempo di farci il titolo, di sparare una sentenza moralizzatrice e il gioco è fatto!

Sebastian Vettel
lo sguardo perso nel vuoto di Sebastian Vettel durante i test pre-stagionali a Barcellona

Invece -perdonatemi- vorrei fare chiarezza. O quantomeno tentare. Perché risulta fin troppo facile attaccare chi, seppur per libera scelta, non ha armi e modi per difendersi. Vettel paga lo scotto della totale assenza mediatica, quella che gli consentirebbe di ribattere, di alzare la voce, di ribadire la sua presenza. Invece tace, a parte sporadiche e per lo più banali interviste, in cui risponde a domande neutre o puerili proposte dai tifosi. E, per una strana legge che somiglia al contrappasso dantesco, continua incessantemente a far parlare di sé. Il problema è costituito dal fatto che, la maggior parte delle volte, chi lo cita lo fa per denigrarlo, per criticarlo o per affossarlo. L’ultima uscita è di ieri, una profusione di titoli volta ad evidenziare la terribile colpa di non essersi volontariamente ridotto lo stipendio. A fronte, naturalmente, di un generoso Leclerc, che rinuncia al 25% del compenso.

Bene. Per prima cosa è utile ribadire un concetto: non esiste nessuna gara per determinare chi è il più buono, il più sensibile, il più caritatevole tra Vettel e Leclerc. Anzi, a mio modesto parere, questo continuo enfatizzare ogni minimo gesto e ogni dichiarazione di Charles alla fine può risultare più nocivo che utile, creando troppa pressione, generando un’aspettativa esagerata nei suoi confronti. Certo, il ragazzo è solido e maturo e sul talento non si discute. Tuttavia, con una Ferrari ben lungi dall’essere brillante, le delusioni potrebbero arrivare, corredate dall’ormai consueto strascico di critiche.

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Vettel, Binotto, Leclerc

Quanto a Sebastian andrebbe analizzato il punto focale della questione, vale a dire il fatto che Vettel sia, a tutti gli effetti, quello che si suole definire un ‘separato in casa‘. I pochi fatti di cui siamo a conoscenza riguardano una dichiarazione, risalente grossomodo al periodo iniziale del lockdown, nella quale il tedesco avrebbe affermato di volersi decurtare l’ingaggio a fronte di una stagione compromessa dalla pandemia. Ma, in quel momento, Seb era ancora in trattativa con Maranello. O quantomeno la porta non sembrava essersi ancora chiusa in maniera definitiva. Lo stesso Binotto lodava la poderosa line-up formata dal quattro volte campione e dall’eccezionale monegasco, lasciando intendere, neppure troppo velatamente, che Vettel avrebbe costituito la prima e più logica scelta per la Ferrari.

Naturalmente ora sappiamo che le cose non stavano proprio così, poiché i contatti con Carlos Sainz erano già stati avviati, come ha in seguito rivelato lo stesso spagnolo. Ma, in questa sede, non intendo dissertare sulle modalità o le tempistiche che hanno portato i vertici Ferrari a operare in tal senso. Mi preme più che altro far luce su una questione tutt’altro che trascurabile: perché Vettel non ha tenuto fede alla sua parola, comunicando anch’egli la volontà effettiva di ridursi lo stipendio per la stagione 2020?

La risposta inizia con una domanda: perché mai Sebastian avrebbe dovuto fare un favore al Cavallino, dopo essere stato appiedato? Il nocciolo, volente o nolente, sta tutto qui. Vettel era intenzionato a rinunciare a parte dell’ingaggio. Ma questo sarebbe avvenuto se ci fosse stato un intento comune, se si fosse palesata, e messa nero su bianco, la volontà di continuare insieme. Invece lui, ora, non fa più parte del progetto. Dunque perché andare incontro a chi non si è dimostrato collaborativo nella ricerca di un accordo? Che si tratti di una ripicca? Personalmente non credo. Probabilmente è solo un modo per sancire e per esternare l’inizio di un inevitabile allontanamento, l’indizio di una separazione dolorosa e sofferta.

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Sebastian Vettel, Scuderia Ferrari

Dopo tutti questi anni avremmo dovuto imparare a conoscere Seb. O, se non altro, a rispettarlo, evitando giudizi e calunnie. Il tedesco è genuino, impulsivo, alle volte poco razionale. Ma ha un grande cuore e una generosità estrema, che traspare anche dal rapporto con i tifosi. Inoltre è dotato di una spiccata sensibilità, dunque è del tutto improbabile che il pensiero della pandemia lo lasci indifferente. Il problema, al solito, è dato dalla sua maniacale riservatezza. Non è possibile sapere se Vettel abbia aderito, in sede strettamente privata, a iniziative di beneficenza o abbia provveduto a donazioni spontanee. E, il fatto di non aver rinunciato a una percentuale del suo stipendio, non fa di lui un bieco egoista.

Egoista è forse chi specula su di lui, facendo leva su un finto perbenismo, denigrato in chiave populistica, come tanto va di moda adesso. Purtroppo l’incertezza di questo periodo infame, la mancanza di stimoli e di azione risultano più che mai nocivi per l’informazione. Ma si tratta di un letargo temporaneo, dal quale dobbiamo finalmente uscire, di un torpore che va combattuto. Perché ‘il sonno della ragione genera mostri‘ e, in questo mondo ancora malato, abbiamo più che mai bisogno di cavalieri dalla coscienza vigile e di qualche buona notizia in cui poter credere.


Autore: Veronica Vesco@veronicafunoat

Veronica Vesco
Veronica Vesco
Il candore di un foglio bianco che m'invita alla scrittura. Il fragore di una monoposto rossa che accende la mia natura. Due colori tratteggiano il mio profilo fin dall'infanzia. Due colori capaci di accompagnarmi nel tempo, assumendo molteplici tonalità, sfumate dagli eventi della vita. Da una penna a una tastiera. Da un'auto a pedali agli autodromi. Da una laurea in Lettere al primo libro. Sempre nel segno di una Ferrari. Sempre con il sogno di cavalcare le mie passioni.

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