Ferrari: Cavallino azzoppato sull’orlo del baratro
Ferrari che spezza i sogni, senza asprezza, senza mordente. Ferrari ancora una volta perdente, su tutti i fronti, su tutta la linea. In terra magiara il cavallino non galoppa, ma, come un destriero azzoppato, subisce pure l’onta del doppiaggio. Piloti sgomenti, avversari increduli, tifosi arrabbiati. Questo il misero raccolto della spedizione ungherese, solitamente foriera di ben altri bottini, complice di più luminosi destini.
La Ferrari ieri firma il peggior risultato dell’era turbo-ibrida all’Hungaroring. Persino la sciagurata F14T colse qui una seconda piazza con Alonso e anche la poco gloriosa SF16H riuscì a conquistare un quarto posto con Vettel, senza rimediare distacchi abissali. Come non ricordare, poi, l’emozionante vittoria di Sebastian nel 2015 e la doppietta del 2017, occasione in cui il tedesco riuscì comunque a trionfare nonostante un problema allo sterzo? Il resto è storia recente, con un’edizione 2018 funestata dalla recente scomparsa di Marchionne a cui i piloti hanno comunque potuto dedicare il secondo e il terzo gradino del podio. L’anno scorso arriva l’inversione di tendenza: entrambe le vetture, terza e quarta all’arrivo, registrano un gap superiore al minuto, riuscendo tuttavia a evitare il doppiaggio.
La SF1000 dunque si supera, in negativo, confermando di fatto le carenze, a livello aerodinamico, che già l’ambigua SF90 aveva evidenziato. Ma a Budapest, nel 2020, tutto è particolarmente tetro per la scuderia di Maranello. Ci sono nuvoloni neri, grossi e pesanti, responsabili di un clima anomalo per il luglio ungherese. E ci sono nubi ancora più dense, elettriche, cariche di scintille, simbolo inequivocabile di un’atmosfera irrimediabilmente compromessa all’interno della squadra.
C’è Vettel, senza sorriso e senza nome, mascherina sul volto che permette comunque di smascherare la sua delusione. Lo fa senza trincerarsi dietro a dichiarazioni di comodo, analizzando in maniera lucida e impietosa lo stato attuale delle cose. (leggi qui le sue parole). C’è Leclerc, (qui esterna la sua delusione) primo attore senza palcoscenico, protagonista negato, affossato da una pessima regia. Strategia da dimenticare per il monegasco, che soffre nelle posizioni di rincalzo, mai in condizione per attaccare, troppo debole anche per poter resistere.
Si tocca il fondo senza neppure essere in grado di risalire. Non serve il cuore, non basta essere indomiti. Siamo nel tempo dell’infamia, dove l’ignavia la fa da padrona, dove si può solo provare a non annegare. Piloti cauti, attenti a non fare errori, a non sprecare nemmeno una posizione. Pronti a farsi da parte, se occorre. La Ferrari non sa, non può, non ha idee. Rimane in balìa di se stessa e delle sue incertezze. Quel che resta del rosso è un futile capriccio, un bisticcio di parole e di modi che proprio non ne vogliono sapere di funzionare insieme.
Binotto ha fallito. Accentratore e ambizioso, non ha saputo trasmettere la sua impronta a questo nuovo Cavallino. La ‘squadra giovane‘ non solo non riesce a sbocciare, ma ha persino smesso di crescere regolarmente. Si tratta di una pianta che non dà più frutti e che verosimilmente non potrà offrirne, neppure in seguito a miracolosi innesti, quantomeno nel breve termine. La serra creata da Marchionne ha oggi mille falle, è aperta a tutti i venti e alle mille tempeste che inevitabilmente si scaricano addosso a una Ferrari sul punto di marcire. Molte la teste mozzate anzitempo, tante le premature epurazioni. Ora la Rossa è troppo debole e ferita per rialzarsi, privata com’è della linfa vitale: le norme sul congelamento dei componenti hanno inferto il colpo di grazia nel già instabile equilibrio di Maranello.
Sono bastate appena tre gare per mostrare tutta la fragilità di una Ferrari nata male, concettualmente sbagliata, privata pure del suo cuore pulsante. Una vettura depotenziata, che non ruggisce, che non ha forza, ma che non conserva neppure la grazia delicata di un telaio reattivo. Si attende una monoposto rivoluzionata che difficilmente potrà arrivare prima della Spagna. Intanto incombe un doppio appuntamento a Silverstone, che si preannuncia come una potenziale ecatombe. Binotto parla di necessità di “un’analisi chiara” e di trovare, se necessario, “il coraggio di cambiare rotta“. (per approfondire leggi qui ) Ma è una corsa contro il tempo e contro la logica, che preannuncia una nuova serie di naufragi.
Intanto i piloti provano a tirare le corde delle loro vetture, le toccano come esperti burattinai. Fili che si muovono appena, sul limite di un’idea vincente o di un guizzo. Fili che si possono anche spezzare, come accaduto in Stiria, perché lo spazio, in questo teatro, è troppo angusto. Vettel e Leclerc, teste basse e voce spenta, delusi e disillusi da un sogno in cui avevano avuto l’ardire di credere. Sebastian ha dalla sua la magra consolazione di un addio quasi salvifico. Charles può ancora contare in un riscatto, che purtroppo non avverrà a breve termine.
Entrambi pronti a rubare la scena, si devono accontentare dello squallido teatrino allestito da questa Ferrari. Presentata in pompa magna sul palco del Romolo Valli, destinata a raccogliere i fischi di una platea insoddisfatta.
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco
Foto: Alessandro Arcari – @BerrageizF1 – Ferrari