I primi sette mesi del 2020 non verranno certamente archiviati nella cartella “giorni da ricordare” nel personal computer di Sebastian Vettel. Una trattativa di rinnovo mai nata con la Ferrari, la constatazione, durante i test, che la SF1000 non è un fulmine di guerra e il primo Gran Premio dell’anno nel quale ha remato in qualifica ed in cui ed ha commesso un errore evitabile che lo ha ulteriormente proiettato nel cono d’ombra di un Charles Leclerc che, abile e fortunato, ha colto un superbo secondo posto nella giornata in cui il De Profundis maranelliano era pronto a librarsi mestamente nell’aria. A completare questo quadretto a tinte fosche si è aggiunto un rapporto non più idilliaco con la Scuderia alla quale l’ex Toro Rosso aveva giurato amore. Sebastian, in due occasioni, ha pubblicamente smentito Mattia Binotto svelando quelle piccole grandi bugie che ha raccontato durante l’inverno circa il prolungamento del matrimonio tra le parti. Insomma, se Vettel potesse riscrivere la storia recente sicuramente produrrebbe un’altra trama.
Il futuro del tedesco in Formula Uno è avvolto in una nebulosa. Il campionato che domenica presenterà la sua seconda tappa sarà decisivo per le sorti della carriera del quattro volte iridato. Continuare nell’anonimato della prima gara non è ammissibile. Il Seb visto in Stiria è troppo brutto per essere vero. Anche se la cosa potrebbe avere motivi tecnici (leggi qui l’analisi degli on board). L’inversione di rotta è auspicabile, forse obbligatoria. Serve una stagione credibile, è necessario un mondiale maiuscolo in cui emerga la sagacia tecnica del pilota. Ma in cui affiori, una volta e per tutte, quello che spesso è mancato negli ultimi tempi: la tenuta mentale dell’uomo.
Vettel deve mettersi in vetrina, deve far capire ai team principal che lo cercano che è ancora quel pilota in grado di vincere quattro titoli e di tenere testa ad Hamilton nei suoi migliori anni: il 2017 e il 2018. Perchè solo attraverso prestazioni brillanti passa la conquista di un sedile buono. Che è ciò che il tedesco brama in maniera ossessiva. Vincere per gridare al mondo che c’è ancora; trionfare per dimostrare che le colpe dei mancati successi nel quinquennio Ferrari sono del team e non sue.
Ma cosa c’è sul tavolo in questo momento? Di concreto nulla, se non delle voci, qualche suggestione e alcuni indizi che fanno sperare i tifosi. Alfa Romeo è un’opzione talmente sportivamente mortificante che non possiamo pensare che verrà presa in considerazione. Aston Martin potrebbe essere una situazione accattivante vista la brama di Lawrence Stroll di scalare le posizioni in griglia. Ma a breve e medio termine il team del tycoon canadese non potrà lottare per il bottino grosso, bisogna professare realismo. Poi c’è l’alternativa Mercedes, il vello d’oro capace di curare tutte le sofferenze in cui Vettel sta affannosamente navigando in questo 2020. Ma si tratta di una strada dirupata, difficile persino da intraprendere. Figuriamoci da percorrere. Ola Kallenius, un paio di giorni fa, ha lanciato messaggi d’amore alla coppia attuale allontanando, di fatto, Seb dalla teutonica casata. Un sogno dolcissimo spezzato dal tonfo di un piatto che cade e si distrugge in mille pezzi e che lascia l’amaro in bocca per tutto il giorno. E forse di più.
E allora? Cosa fare? Un’idea che frulla nella testa del trentatreenne di Heppenheim è quella di starsene a casa, lontano dai riflettori, per un anno. O magari girovagare in altre categorie come ha fatto quel Fernando Alonso che l’anno prossimo mostrerà nuovamente il suo casco e che, forse, ha “rubato” uno dei sedili che Seb poteva ottenere. Poi c’è un’altra idea, una suggestione che profuma di casa, di vittorie, di soddisfazioni mai più vissute. Parliamo ovviamente della Red Bull di quell’Helmut Marko al quale Vettel, subito dopo il siluramento subito dal generale Binotto, si è rivolto (per sua stessa ammissione) per chiedere suggerimenti, per sfogarsi della delusione, per domandare conforto per le ferite al cuore. E per capire se ci sono i margini per avere un sedile. Ma non quello dell’Alpha Tauri con la quale, col vecchio nome, vinse il suo primo GP. No, Seb sogna in grande e vorrebbe quell’abitacolo confortevole che dal 2010 al 2013 lo ha soddisfatto come nient’altro dopo.
Un’idea campata in aria? Un altro sogno che si interrompe sul più bello? Potrebbe non essere così perché, stando ai bene informati del paddock, pare che in queste ore si stia muovendo il gran capo, quello che sposta gli equilibri con un semplice movimento delle sopracciglia, quello che ha il vero potere decisionale. Quello che possiede i “big money” e, alla bisogna, la sgancia la grana. Dieter Mateschitz è ancora innamorato. Il facoltoso patron della Red Bull deve essere un tipo romantico perché intenderebbe dare il via ad un vortice interno di piloti per riportare la prima fidanzatina sull’altare. Sposandola per il resto dei suoi giorni. D’altro canto se il team austriaco ha il blasone che ha è anche merito di Vettel. Un atto di gratitudine per un uomo che forse non rifarebbe la scelta rossa.
La bomba è stata sganciata in Germania dove gira voce che il boss dei “bibitari” in persona si sia messo nel cranio di richiamare il suo pupillo. Marko, gran consigliere della Red Bull, sarebbe stato allertato e avrebbe ricevuto l’investitura per la missione il cui epilogo è la celebrazione di una nuova unione. Ovviamente l’approdo di Seb a Milton Keynes determinerebbe l’automatica rimozione di Alex Albon che ben sta figurando accanto a quel mastino di Max Verstappen. Il pilota tailandese, dunque, dovrebbe fare il percorso inverso rispetto a quello compiuto durante l’estate 2019. Stavolta gli metterebbero in tasca un biglietto di sola andata per Faenza. Chi pagherebbe con l’appiedamento forse definitivo sarebbe, nei programmi, Daniil Kvyat che evidentemente non riesce proprio a godere della fiducia totale di Marko e, più in generale, della proprietà.
Un puzzle di non semplice composizione che però potrebbe essere favorito da una condizione molto appetita a chi ci mette il capitale: Vettel ha recentemente ammesso che potrebbe accontentarsi di una cifra simbolica pur di correre in una scuderia ambiziosa. E Red Bull ha il giusto pedigree in tal senso. Così impostata l’operazione sembrerebbe incanalata sui binari giusti. Ma esiste un però. Che si chiama Max Verstappen. Uno che ha un’attitudine spiccata a divorare i compagni di squadra. Ha spossato Daniel Ricciardo, ha mandato dallo psicanalista il povero Gasly. Batte sistematicamente – e in scioltezza – Alex Albon.
Vettel dovrebbe fronteggiare un avversario tostissimo, probabilmente il peggior cliente che la Formula Uno attuale possa offrire. E dopo aver perso la tenzone interna con Charles Leclerc non è immaginabile che il tedesco esca sconfitto in un altro scontro diretto. Il ritorno alle dipendenze di Horner e Newey presenta, sulla carta, delle insidie. Che si concretizzano anche nel modus operandi del team che ha messo al centro del progetto il suo rampollo olandese. Sia in termini tecnici che sul frangente economico se si considera il lauto ingaggio che Max ha strappato fino al 2023. D’altro canto Vettel non può andare troppo per il sottile: le alternative buone sono poche. Anzi, sono praticamente inesistenti. Quindi l’idea di accettare il ritorno in Red Bull senza essere il “cocco di famiglia” non è un’ipotesi da scartare in maniera aprioristica.
Autore: Diego Catalano– @diegocat1977
Foto: F1, Red Bull, Ferrari