Vettel e difficoltà in Ferrari: mancanza di un manager?
In questo 2020 sembra esistere uno sport nello sport. Quello principale del quale ci occupiamo su queste colonne è naturalmente la Formula Uno. All’interno si è sviluppata un’altra “disciplina” che richiama le attenzioni di tifosi e addetti ai lavori: il disquisire di Sebastian Vettel. Quotidianamente arrivano pareri su ciò che il tedesco ha fatto e su come dovrebbe muoversi per avere un futuro, possibilmente roseo, nella massima categoria del motorsport. E poi ci sono le rivalutazioni del passato: per qualcuno Seb è da annoverare tra i grandi fenomeni delle quattro ruote; per altri la sua portata andrebbe ridimensionata alla luce di quanto fatto vedere negli ultimi anni in Ferrari. Insomma, da qualsiasi punto lo si voglia guardare, il tedesco è un personaggio che stimola il dibattito e che fa parlare di sé. Anche se siamo innanzi ad un uomo molto riservato che di certo non ha basato la sua carriera sulla sfera comunicativa.
Proprio ieri era stato Eddie Jordan a non andare troppo per il sottile riferendosi al ferrarista. Il manager irlandese, discettando del possibile approdo del quattro volte campione del mondo alla corte di Lawrence Stroll, aveva lanciato pesanti bordate: “Assumere Vettel? Probabilmente non lo farei. Penso che ci siano troppi giovani in giro che potrebbero batterlo. Pochissime persone avrebbero pensato che Charles Leclerc lo avrebbe distrutto sotto molti aspetti nel suo primo anno in Ferrari. Ma lo ha fatto. Riuscirà a riaccendere la fiamma, il fuoco, l’entusiasmo e il carisma che aveva in precedenza? Temo di no, sarà difficile che possa accadere alla sua età. Non credo possa mai ritornare ai giorni in cui vinceva tutto con Andrian Newey e Christian Horner”. Un punto di vista sicuramente legittimo ma che suona poco elegante (leggi qui per approfondire).
Forse, proprio in reazione a questa uscita nucleare, è intervenuto Timo Glock, pilota sicuramente più famoso per quel sorpasso subito ad Interlagos nel 2008 da Lewis Hamilton che per la sua intera carriera che ora si divide tra DTM e il commento televisivo. L’ex Toyota, mai troppo tenero nei riguardi della Ferrari (leggi qui), si è sperticato in una difesa appassionata del connazionale. “Mi fa male che venga dimenticato così facilmente il fatto che Sebastian Vettel sia un quattro volte campione del mondo”ha contrattaccato Glock al podcast del giornale Konigspartie. “Nei suoi primi anni in Ferrari è riuscito a far diventare la Scuderia di Maranello una pretendente al titolo, sfiorandolo in diverse occasioni. Gli errori commessi hanno purtroppo oscurato la sua reputazione e ora è in una situazione complessa perché la pressione lo induce a commettere ulteriori topiche”.
Glock individua nella mancanza di una guida manageriale uno dei motivi alla base delle difficoltà che Vettel ha talvolta incontrato in Ferrari: “Sebastian non ha mai avuto la possibilità di costruirsi un team su misura, attorno a sé, come era accaduto con Schumacher. In questo avrebbe potuto trarre giovamento dalla presenza di un manager da mandare in avanscoperta senza esporsi in prima persona. Ha creduto di poter risolvere tutto da solo perché in Red Bull aveva funzionato. Però, evidentemente, è stato più facile muoversi all’interno della scuderia anglo-austriaca rispetto a quanto avvenuto a Maranello”.
E questo è un punto focale che può essere condivisibile nel merito. Gli uffici di Maranello non sono mai stati luoghi nei quali ha imperato la serenità. La Ferrari è spesso stata attraversata da correnti che si sono mosse in direzioni tra esse opposte: lotte di potere, interessi particolaristici, reparti poco avvezzi alla collaborazione sono state le costati negli anni bui della gloriosa scuderie italiana. Muoversi in un vespaio così pericoloso è praticamente impossibile se non ci si dota dei giusti strumenti. E uno di questi potrebbe proprio essere un procuratore che cura gli interessi e prende per mano chi non è abituato a gestire situazioni scottanti. A Vettel è mancato quel Willi Weber che liberava mentalmente e praticamente Schumacher dalla gestione finanziaria – e dalle beghe di palazzo – consentendo al pilota di dispiegare e sublimare tutto l’enorme potenziale di cui disponeva. Seb, quindi, potrebbe essere stato vittima di un ambiente di lavoro tutt’altro che accomodante. Una squadra del tutto diversa da quella Red Bull la cui gestione interna sembra essere maggiormente a misura d’uomo.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Ferrari, Glock