La caduta di un gigante fa rumore. Specie se è inattesa. Inutile perdersi in giochetti lessicali: la mancata vittoria della Mercedes nel Gran Premio del settantesimo anniversario della Formula Uno è stata una sorpresa. Dopo le prestazioni sciorinate dalle W11 sette giorni fa nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato sulla Red Bull o su qualunque altro competitor. Eppure, a ben guardare, c’era qualcosa che poteva lasciar presagire che le creature uscite dalla penna di James Allision avrebbero sofferto. Tre i fattori cardine che potevano – e l’hanno fatto – acuire i problemi che avevano afflitto le gomme di Bottas e di Hamilton nel GP di Gran Bretagna: il significativo aumento delle temperature dell’asfalto, gomme più morbide fornite ai team dalla Pirelli e pressioni d’esercizio notevolmente maggiorate per evitare il blistering che si era manifestato copioso. Se tutti erano certi che i tecnici di Brackley avessero risolto le criticità dello scorso weekend, la realtà è stata tutt’altra: proprio la necessità di preservare l’anteriore sinistra sottoposta a grandi sollecitazioni sul tracciato inglese ha portato gli ingegneri ad elaborare un assetto che ha compromesso il posteriore dell’auto. Risultato? Una vettura che mangiava letteralmente gli pneumatici della “P Lunga”, a differenza delle avversarie che si sono dimostrate essere molto meno fameliche. Tanto che Charles Leclerc, per citarne uno, ha concluso la gara con un solo pit stop. E per alcuni momenti riusciva a tenere il passo delle due Frecce Nere.
Ovviamente i dati emersi dai 52 passaggi che compongono il Gran Premio di Gran Bretagna saranno oggetto di lunghe e profonde analisi da parte dei tecnici anglo-tedeschi che intendono lavorare alacremente per evitare che già in Spagna, domenica prossima, quando ci saranno temperature sahariane, si ripalesino le difficoltà che hanno sottratto ai “Grigi”, complice anche un muretto box non troppo sveglio, una doppietta che tutti prevedevano. Le preoccupazioni non mancano tra i campioni del mondo in carica perché le condizioni che si sono incastrate ieri pomeriggio potrebbero ripresentarsi nei prossimi appuntamenti che si disputeranno nella calura agostana visto che la canonica pausa di tre settimane è stata abolita a causa dello slittamento dell’intero calendario a seguito della pandemia di Coronavirus.
Andrew Shovlin, capo ingegnere di Mercedes AMG F1, ha fatto il punto della situazione e non ha nascosto i timori su una circostanza che comunque a Brackley avevano messo in preventivo. “Sapevamo che il blistering sarebbe stato un problema. Ne eravamo consapevoli sin dalla settimana scorsa perché abbiamo capito che a certe temperature può accadere. Non è stata una sorpresa per noi. La nostra meraviglia deriva dal fatto che per noi l’effetto è stato molto, ma molto peggiore rispetto alle nostre aspettative. Red Bull, ad esempio, sembra cavarsela molto meglio da quel punto di vista. E questa è una cosa che dobbiamo cercare di comprendere. Perché ci sono state altre gare in cui tutti siamo stati sulla stessa barca. Perché ora siamo i peggiori? Non ho una risposta al momento. Questo sarà un problema – ha incalzato lo specialista inglese – che potrebbe ripresentarsi anche a Barcellona tra sette giorni. Andiamo lì martedì e inizieremo a girare venerdì. Le temperature dovrebbero essere sui trenta gradi, la pista sarà sicuramente calda ed è una tracciato che genera tanta energia”.
Mercedes, dunque, parte sconfitta? Le cose non stanno proprio in questo modo visto che Pirelli non sempre porterà gli stessi compound usati ieri. “Qualora non dovessimo risolvere il problema a stretto giro, avere le gomme C1 potrebbe aiutarci. In ogni caso dovremo fare i conti con compound con cui abbiamo faticato. Abbiamo notato una Red Bull non lontana da noi anche quando siamo stati al nostro massimo potenziale. Se non facciamo progressi saremo nei guai anche in Spagna” ha ammesso un realistico Shovlin. Che comunque vuole essere fiducioso.
A tal proposito ricorda eventi di un trascorso prossimo nei quali la Stella a Tre Punte ha saputo liberarsi dalle sabbie mobili nelle quali era caduta: “Quando abbiamo avuto gare pessime, nel recente passato, siamo riusciti a imparare molto sulle prestazioni della nostra vettura. E ci siamo anche avveduti che vi sono meccanismi che non avevamo tenuto in considerazione. Da quelli abbiamo capito come sviluppare le monoposto future. Però devo dire che dal problema attuale non abbiamo imparato. Non è una cosa di semplice risoluzione. Non si tratta di qualcosa verificatosi negli anni addietro. La monoposto di quest’anno, in generale, è un’evoluzione di quella dell’anno scorso. Non ci sono aree in cui abbiamo davvero cambiato filosofia, abbiamo solo spinto sui percorsi di sviluppo. In questo momento non abbiamo capito quale sia il nostro problema!”.
La W11, quindi, ha un punto debole che la rende vulnerabile: la gestione delle gomme in particolari condizioni di pressioni, compoud e temperature dell’asfalto. Le parole di Shovlin lasciano intendere che una soluzione di breve termine non è stata ancora trovata. Pretattica? Potrebbe anche essere visto che a Brackley ci hanno abituati, negli anni, a reazioni violente e recuperi poderosi dopo inattese defaillance. Tra sei giorni la pista emetterà il suo verdetto e capiremo se la scelta più conservativa di Pirelli verrà in soccorso di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas.
Va anche detto che le mescole portate a Silverstone-2 rappresentano un’anomalia per quella pista. Solitamente, proprio in virtù degli stress elevati, il gommista italo-sinico non fa scelte così azzardate. E’ stata la particolarità di un doppio GP ravvicinato a suggerire di introdurre coperture più morbide. I problemi della settimana scorsa, ancora, avevano indotto Mario Isola e il suo staff e rivedere al rialzo le pressioni di gonfiaggio. Un mix di elementi piuttosto anomalo e che non dovrebbe sovente riscontrarsi nel proseguo della stagione. Ecco perché, in conclusione, in Mercedes vi è una relativa tranquillità su questa anomala fattispecie. Senza, ovviamente, abbassare la guardia. Anche perché la concorrenza non sta a guardare con le braccia conserte. La capacità di recupero prestazionale, una volta individuate una debolezza nel nemico, più essere sorprendentemente rapida. Ecco perché Allison, Shovlin e tutto lo staff sono al lavoro per evitare che le difficoltà di 24 ore fa si ripresentino più avanti.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977