Quello che non ti uccide ti fortifica
“Questa è la peggior conclusione di un weekend difficile. Ora dobbiamo guardare avanti, continuare a costruire; fare tesoro di queste situazioni. Non dobbiamo dimenticare nulla, dobbiamo imparare e questa stagione ci renderà più forti”.
Quelle che avete appena lette, sono le dichiarazioni di Mattia Binotto rilasciate a GP finito. Il risultato della gara non lascia spazio a dubbi su cosa pensare dell’attuale rossa. Il buon Mattia lo sa e non cerca scuse: non ci sono giri di parole né tanto meno scappatoie. E l’unica cosa intelligente che può dire è ammettere l’evidenza e usarla come arma motivazionale: perché quello che non ti uccide ti fortifica. Rispetto a domenica scorsa non è cambiato nulla. Anzi, se possibile, le cose sono addirittura peggiorate. In questo disastro annunciato e nei GP che verranno (credete che sia finita qui?), il rituale sarà sempre lo stesso: Binotto sarà l’accusato numero uno. Sia chiaro, già la settimana scorsa, proprio su queste righe, ho spiegato che Binotto ha le sue responsabilità e che toccherà innanzitutto a lui darsi da fare.
Solo che pesare ogni singola sillaba che gli esce dalla bocca; quanto senso ha? Chi è realista e soprattutto conoscitore dell’ambiente della F1, sa perfettamente che a questo disastro (al momento) non vi è rimedio: la monoposto o nasce bene o nulla da fare.
Vettel amava dire: “Meglio una monoposto poco affidabile e veloce, che affidabile e lenta”. Erano i tempi in cui Sebastian vinceva e grazie agli scarichi soffiati (e al regolamento che andava incontro a Red Bull… sempre il regolamento…) non solo volava; addirittura era poeta. Ieri il tedesco ha concluso in modo coerente il weekend, cosi come lo aveva iniziato: male! La qualifica è stata una Caporetto annunciata, con i soliti giochini delle scie, dove è vero però che la squadra l’ha “infognato” nel traffico, vanificandogli un possibile accesso al Q2. Tuttavia è altrettanto vero che il tedesco, per la seconda volta consecutiva, si fa fregare da tutto e tutti. Risultato finale: una misera diciassettesima posizione.
Sembrano capitare tutte a lui. Solo, mi chiedo, come mai il suo imberbe compagno partiva quattro piazzole più avanti? Domande che lasciano il tempo che trovano, considerando l’avaro bottino. Certo è che, di sicuro, questo non contribuisce a migliorare l’umore del pilota. Umore che non è migliorato il giorno successivo.
Tra l’altro, vedere Seb attraversare il polistirolo degli ostacoli alla chicane, senza freni, è l’immagine dell’attuale Ferrari. Una scuderia stanca di lottare per le posizioni di rincalzo e che purtroppo non può fare altrimenti, perché ha tutte le armi spuntate. Il tedesco, naturalmente, è stato passeggero incolpevole di quanto accorsogli e quando lo vedo abbandonare mestamente il circuito anzitempo (cosi come successogli sabato), con il capo chino e le spalle abbassate non può che biasimare anche se stesso: la sua occasione l’ha avuta e questa Ferrari, è tutto ciò che rimane di quel periodo, tanto esaltante quanto inconcludente.
Chi non è del tutto incolpevole, è semmai il compagno del tedesco, il quale per compensare l’inguidabilità della sua monoposto cerca di andare oltre il limite e ancora di più. Salvo poi prendere la tangente della parabolica e schiantarsi a oltre duecento orari contro un muro di pneumatici. Sia chiaro, quando parlo di “colpa”, non intendo che Charles è stato uno sciocco. Il monegasco ha fatto bene a provarci, è nella sua natura farlo e guai se non fosse cosi: un aspirante campione del mondo se è arrendevole, se si accontenta di quello che ha non sarà mai campione a meno che non gli piova dal cielo il titolo. Purtroppo Charles (come Seb del resto), viene mortificato dal mezzo che ha attualmente, per quanto ci possa mettere del suo.
Dire che la SF1000 è capricciosa è un complimento. E le poche curve di Monza lo hanno palesato in modo inequivocabile. Persino Charles non può nulla in questa situazione, se non resistere e fare tesoro delle parole del suo team principal: questo è il momento di resistere e di cercare di apprendere la lezione più importante e cioè quella di imparare dalla sofferenza; e soprattutto capire che quello che non ti uccide ti rende più forte.
Mi rendo conto che le mie possono sembrare parole retoriche, fatto sta che la situazione attuale in Ferrari è quella che vediamo ogni domenica di gara. E non sarà qualche “ritocco” a migliorare questa situazione. Binotto lo sa, come sa che deve passare questo sciagurato anno per poter risollevare le sorti della sua squadra: il team principal sa benissimo cosa deve fare e dove deve mettere mano come si suole dire, solo che ci vorrà tempo. Tempo che stringe e che non c’è. A tal proposito, sono state interessanti le parole del campione del mondo Jacques Villeneuve riferite alla pazienza ed al contratto di Charles: “I contratti in F1 sono fatti per essere stracciati”.
Vero, com’è vero che il quinquennale di Charles può diventare un triennale in un amen. Solo mi chiedo (stessa domanda posta nei riguardi di Binotto) quale potrebbe essere la destinazione del monegasco? Quale squadra attualmente (a parte AMG) gli può garantire prestazioni al suo livello? Si guardi la deludente (non si può che definire cosi) Red Bull di Verstappen, la quale ha prestazioni altalenanti. Una domenica sembra che debbano giocarsi il titolo ed un’altra sono completamenti anonimi, come nel GP italiano: l’eliminazione del “party mode” è stato un vero boomerang per i bibitari, una sconfitta sia in pista che soprattutto nella politica della F1 che tanto conta… che Helmut Marko inizi a perdere colpi?
Paradossalmente, per il campioncino della Ferrari, è più proficuo rimanere dov’è e soprattutto attendere il tanto agognato cambio regolamentare. Solo allora si potranno tirare le somme, solo allora Binotto sarà giudicabile. Ripetere lo stesso ritornello del chiedere le sue dimissioni ogni domenica è tanto inutile quanto l’arrivo di un suo potenziale sostituto; sostituto che all’orizzonte non vedo, né tanto meno viene nominato da chi chiede la sua testa. È un mondiale anomalo (uno dei tanti), è un mondiale di lacrime e sangue, dove nulla sta andando bene e sembra che non ci siano speranze per il futuro. Eppure l’unica cosa che si può fare al momento è aggrapparci con forza alle parole di Binotto; perciò non si dimentichino questi momenti perché quello che non ci uccide ci rende più forti.
Autore: Vito Quaranta – @vito1976
Foto: Formula Uno – Ferrari