Il GP del Nurburgring rimarrà scolpito molto a lungo negli annali della Formula Uno dato che ha segnato un momento carico di simbolismo per questo sport: un record che sembrava inscalfibile è stato eguagliato. Le 91 vittorie di tappa del “Kaiser” Michael Schumacher vedono un altro proprietario. Un coinquilino, per il momento, rappresentato da quel Lewis Hamilton che, verosimilmente, staccherà il tedesco nella speciale classifica dei top winner da qui ai prossimi mesi. Una gara che ha narrato anche della prima defaillance tecnica della stagione di una Mercedes che ha tradito un Valtteri Bottas tenacissimo nel riprendersi la prima posizione sfuggitagli al via ma che, ancora una volta, ha dimostrato di crollare mentalmente quando bisognava fare il salto di qualità definitivo. Quel lungo con relativo spiattellamento quando era sotto pressione denunzia con disarmante evidenza la differenza col caposquadra che, non a caso, si è accasato nell’Olimpo della categoria accomodandosi sullo scranno dei migliori insieme al fuoriclasse di Kerpen.
Se Hamilton ha potuto raggiungere queste vette sportive è anche merito della Mercedes. Non solo intesa come team, ma anche come motorista visto che l’intera carriera del britannico è stata caratterizzata dalla partnership col colosso di Stoccarda. Una presenza in F1 ormai assidua quella della casa tedesca che, in settimana, qualcuno ha voluto mettere in dubbio. Ancora una volta. Motivo del contendere? Alcune dichiarazioni del grande boss Ola Kallenius che andrebbero parametrate attentamente e correttamente. Ed è quello che cercheremo di fare. “Abbiamo le stesse scarse ragioni di uscire dalla Formula Uno che ha il Bayern Monaco di uscire dal calcio – ha spiegato l’AD svedese in una conferenza nella quale sono stati svelati i programmi di medio temine della Mercedes – Ma l’impatto finanziario netto sarà dimezzato nei prossimi tre anni. Abbiamo un obiettivo di riduzione dei costi ancora più aggressivo in F1 rispetto al resto dell’azienda”.
Letta in questo modo è una prospettiva che spaventa. Che sa di disimpegno. Che profuma di via d’uscita. Ma è davvero così che stanno i fatti? Il taglio delle spese ci sarà, ma con ogni probabilità sarà assorbito senza colpi e scomodi effetti collaterali. Essenzialmente perché, come ribadito nei mesi scorsi dallo stesso manager, il programma F1 della Stella e Tre Punte genera introiti da ritorno di immagine che sfiorano il miliardo d’euro. Una cifra astronomica che supera di diverse volte il fabbisogno economico di una scuderia tanto grande quanto efficiente. L’introduzione del budget cap, in tal senso, sarà un vantaggio per gli anglo-tedeschi che possono contare su un fatto assolutamente non marginale: dal 2021 forniranno le power unit a ben tre team oltre a quello ufficiale. Per un ritorno economico importante. Ma non solo. Il potere di condizionamento politico della scuderia di Brackley crescerà drasticamente considerando il controllo più o meno diretto del 40% dei team presenti in griglia.
I tagli preannunciati da Kallenius saranno quindi assorbiti con relativa facilità. Si tratta di un riassetto finanziario che non avrà risvolti negativi sulla sfera sportiva. Mercedes risponde così alle difficili sfide offerte dalla crisi economica derivante dal Covid. Primi segnali positivi sono arrivati anche dalle previsioni di bilancio dell’ultimo trimestre 2020 per il quale è ipotizzato un incremento sostanziale degli utili. Il primo dopo l’inizio della pandemia. Messa in questi termini tutto sembra filare liscio per i campioni del mondo in carica. Ma qualche zona d’ombra resta. E coinvolge direttamente le punte di diamante della compagine: Toto Wolff e Lewis Hamilton.
L’inglese e l’austriaco sono da considerare rischio? E’ un fatto che la loro posizione sia tuttora in bilico. Finché non vi saranno ufficiali comunicazioni si alimenteranno le voci. E le congetture. Potrebbero Lewis e Toto rientrare nei tagli annunciati dal board di Daimler AG? Difficile dirlo, anche perché Wolff possiede il 30% del pacchetto azionario del team. Ergo, non è uno stipendiato di Kallenius e, in generale, di Stoccarda. L’ex Williams dovrebbe rimanere, anche se potrebbe mutare la sua posizione in seno al team. Dopo aver perso il treno verso Liberty Media a causa del veto ferrarista, c’è la possibilità che diventi una sorta di grande coordinatore per conto dei motorizzati Mercedes in Formula Uno. Una posizione che, di fatto, aprirebbe al riassetto ai vertici della squadra di Brackley. La possibilità di vedere un nuovo team principal è tutt’altro che remota quindi.
Diverso è il discorso per Lewis Hamilton. Lui sì che il bonifico mensile lo percepisce da Stoccarda. Ad ottobre inoltrato e con la stagione che sia avvia verso la fase terminale risulta anomalo che le parti non si siano ancora accordate in via formale. Anche in questo caso il protrarsi si questa incertezza alimenta i chiacchiericci. In ogni caso, osservando le line-up 2021 delle nove squadre, pare assai improbabile che si verifichi un inatteso colpo di scena. Anche perché sono tanti e vari i motivi per i quali la Mercedes ha interessi a continuare il legame col talento di Stevenage. Parliamo di vantaggi sportivi ed economici. Sulla prima categoria c’è poco da aggiungere: Hamilton porta in dote un palmares che, a fine campionato, lo definirà come il più grande di tutti i tempi.
Ma il (quasi) sette volte campione del mondo porta altro, aggiunge qualcosa che fa gola al Kallenius “sforbiciatore”: gli sponsor. A partire da Tommy Hilfiger che da partner personale è diventato anche finanziatore del team. Hamilton ha un’immagine che valica la semplice sfera sportiva e ciò contribuisce in maniera decisiva ad attrarre aziende che trovano benefici dall’apporre il proprio nome sulle fiancate della dominante W11.
Ma un pilota non viene valutato in base alla capacità di generare profitto. E’ quella sportiva la sfera che, fortunatamente, resta preponderante. E in tal senso Hamilton è una garanzia. Spesso, in un poco comprensibile sforzo riduzionista, si tende a sminuire la portata tecnica dell’esacampione del mondo. Quante volte abbiamo letto “vince solo grazie alla macchina”. Concetto scontato, stantio, non troppo arguto. Un’idea sin troppo semplicistica. Perchè vince Hamilton e non qualcun altro? Perchè Mercedes sente la necessità di affidarsi ai servigi dell’ex McLaren? Perchè, soprattutto, AMG gli offre contratti faraonici? Non basterebbe conferire uno stipendio “leggero” ad un pilota di medio rango per continuare a vincere? Evidentemente la risposta è da ritenersi negativa, altrimenti in squadra vi sarebbero due Bottas. “I piloti forti vanno in team forti” ha sottolineato seraficamente Toto Wolff nella settimana successiva il gran premio dell’Eifel. Questa dovrebbe essere la garanzia alla base di un rinnovo contrattuale che tarda ad arrivare ma che si farà sebbene si postulino scenari fantasiosi e clamorosi che porterebbero Hamilton ad appendere il casco al chiodo.
Quello che poteva dunque essere un fulmine al ciel sereno pare essere un semplice processo di assestamento aziendale. Non vi sono segnali che dicono che Mercedes possa abbandonare la categoria che gli sta dando lustro e introiti. Una compagine che sta sciorinando una schiacciante superiorità tecnica su una concorrenza spesso smarrita. Stoccarda usa la Formula Uno come un volano per la vendita delle auto di produzione. C’è un legame diretto e dimostrato tra i successi in pista e i fatturati. Mercedes ha bisogno delle ruote scoperte più di quanto ne necessiti la Ferrari i cui risultati commerciali paiono essere insensibili a quelli sportivi. Gli anglo-tedeschi possono dunque affrontare il futuro di breve termine con relativa serenità finanziaria. Nonostante gli annunciati colpi di forbice. Una tranquillità derivante anche dal siderale vantaggio tecnico che si manifesta in una W11 sulla quale sono stati bloccati gli sviluppi per concentrarsi sul modello 2021. Anche questo è frutto di una precisa e puntuale organizzazione aziendale che è alla base dei trionfi di questi ultimi sette anni.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Mercedes