giovedì, Novembre 21, 2024

Le sette meraviglie della Mercedes

Sarebbe il caso di dire “A casa loro”. La settima perla è stata incastonata nella corona della Mercedes proprio ad Imola, la pista intitolata ad Enzo e Dino Ferrari. Il tracciato di proprietà della scuderia italiana che deteneva, proprio in coabitazione con gli anglo-tedeschi, il record di sei titoli costruttori consecutivi (1999 -2004, nda). Un conseguimento dunque superato da quella macchina da guerra che dal 2014 sta facendo man bassa di titoli e sta riducendo a fettine gli avversari che hanno provato a sovvertire, vanamente, i destini dell’era turbo-ibrida.

Ma dove nascono i sette anni di successi del team di Brackely? Prima che tecnici e sportivi, i trionfi della Stella a Tre Punte hanno una natura politica. Dieter Zetsche è il padre di tutto ciò. La sua visione strategica e la sua abilità diplomatica hanno contribuito a creare l’humus entro il quale la creatura è nata e si è sviluppata trasformandosi in una fiera mai paga. Dicevamo di Zetsche. Il baffuto ex numero uno di Daimler AG ha tessuto una rete nella quale sono caduti in tanti, a partire da chi oggi si oppone con forza e si lamenta con decisione per una categoria con un despota a dettar legge. Il dirigente-ingegnere tedesco ha gestito alla perfezione il passaggio dall’era aspirata a quella turbo-ibrida. Anzi, si può dire che ne sia stato fautore facendo vincere gli interessi del suo gruppo industriale che stava lavorando a questa tecnologia da un bel po’.

Le sette meraviglie della Mercedes
Lewis Hamilton e Dieter Zetsche

Ma in Formula Uno le decisioni non vengono prese dal singolo. Men che meno se questa unità è rappresentata da un team. Tutti hanno avallato la scelta filosofica di abbandonare i V8 aspirati che hanno imperato fino al 2013, ultimo anno del dominio Renault. Perchè tutte le parti coinvolte abbiano accettato il nuovo corso con una tale disinvoltura è un mistero. Possiamo fare solo congetture a riguardo. Fatto sta che la compagine più penalizzata dall’indirizzo tecnico è stata proprio la Ferrari che possedeva il know-how sui motori aspirati plurifrazionati ed era praticamente a secco sulla tecnologica turbo-ibrida che Mercedes già maneggiava con gran destrezza.

Che colpa ne ha Brackley se tutti, anche Ecclestone e la FIA, hanno convintamente accettato la mutazione genetica delle Formula Uno? I critici a spada tratta si interrogassero su questo tema invece di adombrare non precisati complotti ed accusare rimestando nel torbido. I biasimatori di professione domandassero anche perché, sempre la Ferrari, nonostante possedesse una squadra test sviluppatissima e sebbene avesse in carico diverse piste di proprietà, abbia via via acconsentito, in presenza del diritto di veto, di spostare lo sviluppo delle monoposto dalla pista ai simulatori. Frangente, questo, su cui Mercedes detta legge. Mentre Maranello arranca colpevolmente visto che il deficit, dopo due lustri, non è stato colmato.

La vittoria politica del colosso di Stoccarda ha quindi dei corresponsabili. Dei “complici” che hanno nomi, cognomi e casacche ben distinguibili. Questi successi sono stati naturalmente le fondamenta dei regolamenti motoristici ancora vigenti e, di conseguenza, delle vittorie alle quali stiamo assistendo. Ma attenzione, la F1 è fatta non solo di propulsori. E i vantaggi che Mercedes ha sul frangente telaistico e aerodinamico non li ha certo conquistati grazie a norme tecniche “amiche”. No. E’ tutto frutto di un lavoro attento, certosino, maniacale. Dinamiche operative esclusive e che gli altri non hanno saputo replicare. Modelli aziendali costruiti anche dagli uomini che altre scuderie hanno lasciato partire con troppa nonchalance. La lista è lunga ed è zeppa di illustri nomi: Paddy Lowe, ex mago delle sospensioni della Williams, Ross Brawn, Aldo Costa, James Allison, Lorenzo Sassi e via citando. Molti di questi, beffa nelle beffe, provenienti proprio dal team di Maranello.

Tecnici che, al contempo, hanno creato e si sono adattati ad una mentalità lavorativa evidentemente diversa e più efficace di quella in cui sono cresciuti. I team di provenienza usati come una palestra utile a generare gli anticorpi per superare le avversità. Uno “scudo immunitario” che in Mercedes è servito a imporre quell’ambiente in cui sono proliferate vittorie, titoli e affermazioni. La questione che si pone dopo che La Stella a Tre Punte è diventata la squadra con più allori consecutivi nella settantennale storia della categoria è se riuscirà a mantenere alta la tensione e, di conseguenza, trovare i necessari stimoli per continuare su questo scintillante solco. Se per il 2021 sono pochi i dubbi sulla competitività del team stante le regole essenzialmente congelate, qualche dubbio può nascere sulle stagioni successive. A partire dal qual 2022 che sarà teatro di una rivoluzione tecnica senza precedenti, che supera addirittura quella del 2014 che ha segnato l’inizio dell’impero anglo-tedesco.

Le sette meraviglie della Mercedes
Aldo Costa

E’ Aldo Costa a fugare ogni dubbio e a dare uno spaccato di mentalità di questa straordinaria equipe di lavoro: “Quando stavamo costruendo il team avevamo dei cartelli su cui scrivere progetti e ambizioni. Io ho scritto che non dovevamo pensare di vincere un titoloha spiegato l’ingegnere attualmente in forza alla Dallara – ma di conquistarne tanti. Non era una sbruffonata, i valori costituenti della Mercedes sono una questione culturale che sta alla base di tutti i grandi successi sportivi. In questo la Mercedes è come gli All Blacks: le persone passano, la cultura che hanno costruito resta. E si rafforza. Chi va in quel team prepara il futuro e cresce i successori nella stessa filosofia. E’ anche un modo di adeguarsi alle vicissitudini della vita. Ed è per questo che continuo a immaginare una Mercedes molto forte. E non vedo chi potrà fermarla”.

L’ultima affermazione spaventerà la concorrenza. E probabilmente i tifosi delle varie squadre che sognano il ribaltone, la fragorosa caduta degli dei. Che prima o poi arriverà. Ma quel giorno, secondo chi conosce bene dinamiche interne, è lungi dall’arrivare. Il programma F1 è stato confermato almeno fino al 2025 e realisticamente non è pensabile che un team così strutturato possa clamorosamente fallire. Anche perché il vantaggio tecnico accumulato quest’anno consente di lavorare con serenità già in chiave 2022 sebbene esistano norme (probabilmente aggirate da tutti) che vieterebbero agli ingegneri di fiondarsi sullo sviluppo delle monoposto della nuova generazione.

Quindi nessun problema sotto al sole? Beh, qualche piccola fonte di preoccupazione esiste anche tra chi sembra essere indistruttibile. E’ la questione rinnovi a tenere banco. Toto Wolff non ha ancora sciolto le sue riserve. C’è chi lo vuole in Aston Martin col compagno di avventure Lawrence Stroll. Chi lo vuole mega-coordinatore dei motorizzati Mercedes. Chi, ancora, lo vorrebbe a casa a fare il buon padre e il devoto marito. Voci credibili che vengono alimentate dallo stesso team principal austriaco che si diverte ad agitare le acque senza dare punti di riferimento agli avversari e agli appassionati. Su questo modus operandi si è settato anche Lewis Hamilton che, dopo aver vinto in maniera devastante il GP di Imola, ha lasciato intendere che potrebbe dire addio a fine anno. Prospettiva assai inverosimile a leggere certi indizi. A partire dal fatto che Mercedes ha confermato anche per il prossimo anno la livrea nera voluta dal britannico. Ancora, sembra logicamente incoerente che un pilota che potrebbe distruggere record già devastati in stagione possa mollare avendo tra le mani un mezzo tecnico che dovrebbe continuare ad essere la stella polare della categoria.

Le sette meraviglie della Mercedes
Lewis Hamilton festeggia a Imola la sua novantatreesima vittoria in carriera

Se tutto questo procrastinare è una rappresentazione teatrale del duo Hamilton – Wolff non possiamo saperlo. Con due mondiali assegnati anche questa studiata pantomima serve a tenere alta la tensione e la considerazione dei media. I suddetti sanno perfettamente catalizzare le attenzioni essendo grandi manipolatori della cosa mediatica. Di certo ne sapremo di più entro poche settimane, forse già la prossima che potrebbe regalare ad Hamilton la settima gemma della sua straordinaria carriera da pilota più vincente di sempre. Fino a quel momento non possiamo fare altro che toglierci il cappello dinnanzi a questa squadra che ha saputo scrivere pagine di storia difficilmente ripetibili in futuro.

Autore: Diego Catalano@diegocat1977

Foto: Mercedes

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