L’ipocrisia e l’erba in un fascio
Le immagini di Grosjean che sgattaiola dalla sua monoposto in preda alle fiamme ce le porteremo dietro per un bel pezzo. L’intero mondo della F1 è stato scosso, o per meglio dire, è stato illuminato dalle fiamme. Fiamme cosi drammaticamente intense che hanno eclissato persino le potenti luci artificiali del circuito. Tutti quanti noi siamo grati al cielo che il pilota francese sia sopravvissuto al quel terribile rogo. Questo grazie all’incredibile lavoro e agli investimenti fatti negli ultimi vent’anni a migliorare sia la sicurezza attiva che quella passiva. Certo, una buona dose di fortuna non guasta mai e Romain, a mio modesto modo di vedere, è stato e rimane un pilota fortunatissimo.
Non è mia intenzione parlare né della dinamica, né delle emozioni scaturite dal vedere quelle immagini… Persone fin troppo più autorevoli di me ne hanno già parlato e sicuramente continueranno a farlo in seguito. Preferisco analizzare assieme a voi lettori, ciò che è successo via social, immediatamente dopo che il pilota Haas è emerso dal rogo barenita: un coacervo di commenti perbenisti e ipocriti, che pretendevano di fare dell’erba un unico fascio. La cosa più triste è che persino dai colleghi di Grosjean ci siamo dovuti sorbire parole e azioni al limite del grottesco. Andiamo con ordine.
Romain Grosjean non è mai stato quello che si è soliti definire un “enfant prodige”, per dirla nella sua lingua di origine. Nel corso della sua lunga (dal 2012 al 2020; tralasciando il 2009), modesta e fortunata carriera, si è limitato a collezionare 10 podi (tutti con Lotus… scarse le macchine di James Allison vero?), 2 secondi e 8 terzi posto. Scrivo questo, non perché sia mia intenzione processare il pilota francese o perché mi diverta ad analizzare al microscopio la sua carriera. Semplicemente perché il pilota francese, come tanti altri suoi colleghi che non sono dei campionissimi, si è conquistato (per così dire) degli inevitabili appellativi e sfottò.
Fino a quando va tutto bene, nel limite della decenza, apparentemente tutto viene accettato. Quando poi entra in campo l’emotività prima, ed il perbenismo dopo, allora il gioco si rompe. Ed è proprio quello che è successo domenica: appena i perbenisti si sono resi conto che il buon Romain fosse vivo, si sono scagliati contro tutto e tutti invocando rispetto per l’intera categoria dei piloti, lanciando strali e anatemi contro chi si è permesso e si permette di prenderli in giro. Siamo alle solite purtroppo. Il facile consenso, rappresentato dalle fattezze di un cuoricino, vale più della ragione e del buon senso del tacere.
Com’è possibile pretendere di non lasciarsi trasportare dalla goliardia, quando per definizione lo sport è emozione? Com’è possibile lasciarsi andare in ipocriti commenti, come quelli che ho dovuto leggere ieri, quando poi le stesse persone che hanno approvato suddetti cinguettii, con una pioggia di cuoricini, sono stati i primi che si sono scagliati contro Bottas (devo per caso ricordare alla platea l’appellativo affibbiatogli?) quando cercava di rallentare Vettel nei bei tempi che ormai sono passati? Lasciate che vi dica una cosa: prender in giro un pilota o criticarlo per le performance mostrate in gara è un fatto non equiparabile assolutamente a volerlo vedere morto!
Cos’è questa ipocrisia a riguardo? Per quale motivo fare dell’erba un unico fascio? Nessun appassionato sano di mente, si sognerebbe di pensare e sperare che un pilota ci lasci le penne durante una gara. Allo stesso modo è impensabile pretendere che un qualunque appassionato, non si faccia un’opinione e di conseguenza elargisca giudizi sull’uno o sull’altro pilota. Se mi rivolgessi ad un pilota dicendogli che è “un chiodo”, forse lo sto facendo perché la guida non è proprio il suo mestiere. Dov’è la mancanza di rispetto in tutto ciò? Ho forse detto che lo si vuole vedere orizzontale? No. Questo è semplicemente il gioco del confronto.
Quando due o più persone, in questo caso piloti, si cimentano in una sfida, è inevitabile che ne emerga un migliore ed anche un peggiore. Il rispetto per questi ragazzi lo si ha a prescindere, perché i sacrifici e la dedizione che investono in quello che fanno è incommensurabile. Purtroppo viviamo tempi strani, in cui la narrazione è fortemente veicolata al politically correct ad oltranza e come in tutte le cose, alla fine, il troppo storpia. Romain non è mai stato una cima e per quanto mi riguarda, andava fermato definitivamente già dopo Belgio 2012. Questo mio pensiero per caso lede la persona del pilota? Gli manco per caso di rispetto se lo reputo uno sconsiderato? Per caso sono cattivo se affermo, che domenica ha fatto (con quella pazzesca manovra!) tutto da solo?
Ciò che mi ha ulteriormente lasciato perplesso, è stato anche l’atteggiamento di alcuni piloti i quali, coerentemente con i tempi che viviamo, hanno assunto un atteggiamento a dir poco incredibile. Hamilton, ad esempio, nel bel mezzo della sospensione del GP non ha potuto fare a meno di twittare messaggi di solidarietà nei riguardi del collega appena soccorso. Sia chiaro, nel messaggio in sé non c’è nulla di male, trovo solo assurdo che in tutta quella concitazione, con l’adrenalina che ancora ti scorre nelle vene, abbia avuto anche il tempo di preoccuparsi di prendere in mano il cellulare (anche nel caso avesse un social manager fa nulla, lo avrebbe dovuto autorizzare comunque) e scrivere un pensiero.
Quando si dice: “il tempismo è tutto…” Oppure farei meglio a scrivere, quando lo è il consenso? Infine, lo sbalorditivo Ricciardo, che in diretta tv si è permesso di bacchettare la regia internazionale dicendo quanto abbia trovato ingiusto trasmettere quelle cruenti immagini, a ripetizione, con i piloti che stavano cercando di ritrovare la concentrazione per tornare alla guida delle loro vetture. Vorrei poter dire al buon Daniel, che egli fa parte di un circo fatto di immagini anche cruente. Basti pensare che ci sono delle persone che accendono la tv proprio per vedere un incidente…
Vorrei poter dire al pilota australiano, che proprio perché non è successo nulla era giusto che il mondo vedesse. Se non altro per il benessere dei familiari a casa, che hanno potuto così tranquillizzarsi, e di quei milioni di spettatori (giovani soprattutto) che hanno potuto comprendere la realtà della F1. La massima serie del motorsport è reale, non un gioco virtuale come quella roba insulsa che girava via social durante il primo lockdown. Soprattutto, mostrandole non si è indotto milioni di persone a cercare le immagini “sottobanco” (come quelle del povero Jules), per poi postarle su ogni social e ipocritamente condirle con parole smielate. Parole che a quel punto sarebbero servite solamente a far brillare il cuoricino del consenso e della vanità.
Viviamo dei tempi strani ed esagerati dal punto di vista comunicativo e purtroppo la F1, in quanto sport globale, non fa eccezione. Il rispetto per questi cavalieri del rischio lo si ha per principio. Si dismetta l’ipocrisia e si eviti di fare dell’erba un unico fascio.
Autore: Vito Quaranta – @quaranta_vito
Foto: F1