Le gare dei cloni
Manca ormai poco, e la Formula Uno riprenderà la sua corsa. Con l’ultimo settennato targato Mercedes (e non è colpa loro se sono i più bravi e forti eh!) la battuta viene facile: corsa verso il baratro? Chi lo sa. Domenicali era atteso con gaudio magno e grandi festeggiamenti come il messia che avrebbe risolto tutti i problemi e riportato la Formula Uno verso la sua essenza. D’altronde lui non ci ha bazzicato mica un giorno a Maranello e dintorni…
Ma i primi (ad onor del vero necessariamente) timidi passi, non sembrano segnare un’inversione di tendenza. Facciamo un salto al 2022 e dimentichiamo per un attimo il 2021. Cosa differenzierà le nuove F1 dalle Formula Indy? Anche in questo caso viene facile rispondere: il fatto che sarà, appunto, un mondiale. E, aggiungo sarcasticamente: la forma dei circuiti. Per il resto… beh… motori “piombati”, aerodinamica uguale per tutti al 90 per cento. Tutto quanto contingentato al millimetro, pena ridicole penalizzazioni. E poi lasciamo perdere il folle regolamento sportivo. Ci mancava imponessero pure gli stessi colori alle “monoposto-clone”. Non sareste riusciti a distinguere una monoposto da un’altra. La gara dei cloni…
E’ che mica scherzo. Le cose stanno proprio così. In pratica, estremizzando, potremmo dire che non serviranno più gli aerodinamici, e forse neanche i telaisti. Sarà una formula “chiavi in mano”. E necessariamente… resterà lo spettacolo! Eccola, la parolina magica che per pudore nessuno dice ai piani alti della F1. E se invece lo dicessero farebbero opera di chiarezza: “Noi vogliamo lo spettacolo a tutti i costi, perché genera audience e pecunia!“. Ecco, almeno le cose sarebbero chiare. E sarebbe chiaro perché vogliono tanti gran premi. Bisogna spremere la F1 sino all’ultima goccia. Peccato che qualità non fa quasi mai rima con quantità. E invece no, si continua nell’equivoco…
Nel dna della Formula Uno, sport e spettacolo hanno coesistito sin dagli albori. Ora, chiaramente, avviene un forte sbilanciamento verso lo spettacolo. La formula della ricetta “sportiva” USA. Che da quelle parti funziona. Ma non siamo tutti americani e la F1 non lo è mai stata. E’ come se Liberty Media avesse inoculato un virus pericolosissimo (siamo giusto in tema visti questi due disgraziati anni) che ha “mutato le cellule” del Circus. Neoplasia o corpo più robusto?
“Ai posteri l’ardua sentenza”, direbbe Manzoni. Se il giocattolo si è rotto o è ancora riparabile, ce lo dirà il prossimo lustro. É giusto quanto sta accadendo? A mio parere no. Ma magari io sono solo un brontosauro. Vedremo. Ma dimentichiamoci ciò che per noi e le generazioni precedenti ha rappresentato la F1. Quella non esiste più. Forse dal 2014. O forse anche dagli ultimi anni duemila.
autore: Mariano Froldi @marianofroldi