Analisi Drs: impatto sulle vetture di F1
Da poco più di una decade, la federazione internazionale ha implementato il sistema DRS. L’intenzione era quella di contrastare la riduzione del numero di sorpassi, causata dai progressi tecnologici delle monoposto. Anno dopo anno, questo stesso sviluppo ha reso le auto più “dipendenti” dal comportamento aerodinamico. Per questa ragione avvicinarsi a una vettura che ti precede significa peggiorare le prestazioni, a causa dell’aria sporca che si genera in scia alla vettura.
Ma come funziona davvero questo sistema?
2011: prima stagione in cui il “drag reduction system” è implementato nella massima categoria del motorsport. Questo meccanismo si basa su un principio molto semplice. Tramite un bottone sul volante, il flap principale dell’ala posteriore si apre riducendo la resistenza all’avanzamento in determinate zone del circuito. Per capire come il DRS agisce e influenza il comportamento dell’auto, vanno considerati alcuni importanti concetti aerodinamici. Prima di tutto chiariamo un punto che ci aiuterà a capire meglio. L’angolo di attacco di un alettone è la porzione che l’ala forma rispetto alla corrente libera e nel caso di una monoposto coincide con la direzione in cui si sta muovendo. Questo angolo è molto rilevante visto che, come regola generale, aumentandolo andiamo a incrementare sia il carico aerodinamico generato che la resistenza.
Per produrre deportanza con un alettone è quindi necessario creare una differenza di pressione tra la metà superiore e la metà inferiore dell’ala. Per ottenere questo fenomeno, la velocità del fluido in entrambe le metà del profilo deve variare, accelerando nella parte inferiore e rallentando in quella superiore, in modo da generare una riduzione della pressione (principio di Bernoulli). Questo effetto è ottenuto dalla forma dei profili combinata con l’angolo di attacco precedentemente spiegato. Il “problema” è che la generazione di carico aerodinamico è accompagnata da un aumento della resistenza. Pertanto, uno dei modi per ottimizzare sarebbe quello di poter adattare la sua forma e ridurre il drag.
Questo è esattamente ciò che si ottiene con il sistema DRS. Modificando l’angolo di attacco si riduce la resistenza e il carico aerodinamico in determinate zone del circuito. Mentre nel resto della pista l’ala posteriore rimane nella sua posizione originale, generando la downforce necessaria per spingere la vettura a terra.
Chiarito il principio, è importante quantificare l’influenza di questo sistema su una Formula Uno. Per farlo, abbiamo effettuato una simulazione CFD 2D transitoria a una velocità di 300 km/h. Questo studio ci permette di calcolare come evolvono le forze aerodinamiche durante il processo di apertura dell’ala mobile. Sebbene i risultati ottenuti non possano essere accurati al 100%, poiché la geometria utilizzata non corrisponde perfettamente a quella di un vero alettone di F1, analizzare i risultati sarà molto utile per comprendere in modo generale l’influenza di questo sistema.
I dati relativi alla deportanza ci mostrano come il valore iniziale di 4197 N (419,7 Kgf) prima dell’apertura del DRS scenda fino a 2072 N (207,2 Kgf). Ciò implica una diminuzione del carico dell’auto pari al 50% , riducendo la spinta verticale a cui la monoposto è soggetta. Ecco spiegato perché l’ala mobile non viene aperta in curva, in quanto provocherebbe uno stallo improvviso che a sua volta farebbe perdere il controllo del mezzo al pilota.
Spostando l’occhio alle informazioni raccolte sul drag, si nota come, attivando il DRS, la resistenza all’avanzamento passi da un valore di 394,8 N (39,4 Kgf) a uno di 78,1 N (7,8 Kgf). Ciò rappresenta una riduzione dell’80%. Come si può facilmente intuire, si tratta di un cambio molto significativo, fondamentale per aumentare il coefficiente di penetrazione aerodinamica che, a sua volta, incrementa la velocità massima che la vettura è in grado di raggiungere. Va da sé come questo fattore sia determinante nelle fasi di sorpasso. Una vera e propria arma “micidiale” nelle mani di un pilota, dalla quale difficilmente ci si può difendere.
Autore: Pablo Penedo – @penedosienes
Complimenti per l’articolo..molto interessante