domenica, Dicembre 22, 2024

F1 Sliding Doors

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Quello tra Mercedes e Lewis Hamilton è un matrimonio di lungo corso. Il sette volte campione del mondo ha firmato l’intera carriera in Formula Uno sotto l’ala protettrice di Stoccarda. Sin dal suo debutto in McLaren, nel 2007, il britannico ha avuto alle sue spalle un propulsore marchiato dalla Stella a Tre Punte. Non è un mistero che Hamilton dove le sue fortune anche a Ron Dennis che ha creduto alle capacità di un ragazzino che a tredici anni è entrato nel mondo di Woking che ha provveduto a finanziare la crescita sportiva, culturale ed umana di un pilota che ha riscritto ogni pagine di storia della F1 diventando, numeri alla mano, il più grande tra i grandi.

Pur rimanendo uomo Mercedes, Hamilton ha preso una decisione che gli ha letteralmente stravolto – in positivo – la vita sportiva: dire addio alla McLaren per accasarsi nel team ufficiale del colosso dell’automobile che aveva rilevato la Brawn GP. Una scuderia ambiziosa ma che all’alba degli anni Dieci non poteva ancora rivendicare lo status di regina. Era la F1 della Red Bull, della Renault, di Sebastian Vettel e di Adrian Newey. Sarebbe servito lo stravolgimento regolamentare del 2014 per trasformare la squadra in una vera e propria schiacciasassi. I motori turbo-bridi, tecnologia nella quale Mercedes era all’avanguardia, dettero la spinta definitiva ad un progetto tecnico-sportivo che ancora oggi, a distanza di otto stagioni, è un modello di riferimento.

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Ad Hamilton si riconoscono indiscusse doti di pilotaggio. Ma gli andrebbero attribuite anche spiccate capacità di management. L’aver compreso che la McLaren aveva imboccato una lunga fase discendete è un merito. Aver puntato – in parte scommettendo e in parte fidandosi della parola di Niki Lauda – sulla Mercedes sin dal 2012 fa dell’anglo-caraibico un uomo lungimirante. Un segugio che ha rinunciato alla stabilità per abbracciare un progetto che a qualcuno sembrava essere un’incognita. E che invece si è rivelato la più solida delle realtà.

Ma qual è stato il momento in cui è scoccata la scintilla? Quando Lewis ha deciso di divincolarsi dall’abbraccio di Ron Dennis che l’aveva coccolato quanto papà Anthony? E’ lo stesso sette volte campione del mondo a dirlo, mettendo tra l’altro fine ad una serie di illazioni su un divorzio che all’epoca fece parecchio scalpore, specie nelle terre governate da Sua Maestà: “La maggior parte delle persone che incontravo – ha riferito il 44 a Sky Sports – mi diceva di non accettare Mercedes. È comprensibile. Probabilmente più del 90% della gente avrebbe detto così”.

Leggenda vuole che l’addio sia stato sancito dalla rottura della trasmissione durante il GP di Singapore del 2012 quando Lewis era al comando della gara. Un episodio che avrebbe fatto perdere i lumi e la calma all’inglese che, di tutta risposta, avrebbe deciso di mollare capra e cavoli accettando le lusinghe di Dieter Zetsche, un altro uomo chiave per la carriera di Hamilton. Fatto smentito dal protagonista: “Mercedes era la mia opportunità di poter essere creativo. Di crescere con una squadra che forse non era in testa, ma che aveva il potenziale per arrivarci. Il nuovo ambiente mi avrebbe dato la possibilità per recuperare un po’ del mio tempo nonché alcuni dei miei diritti d’immagine. Volevo qualcosa che mi mettesse in condizioni di fare le tante altre cose che faccio e che non sarei in grado di fare senza questa squadra”.

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Un passaggio emblematico quest’ultimo perché spiega chiaramente il Lewis-pensiero: avere una vita piena di impegni e di stimoli esterni che gli consentissero di staccare dalle attività di gara per poi presentarsi più carico ed efficace in pista. Un paradigma sul quale Hamilton ha costruito il castello di trionfi che l’hanno portato nell’olimpo del motorsport. Nonché ad essere uno degli sportivi più influenti e richiesti al mondo anche in importanti campagne di sensibilizzazione sociale. Quindi Singapore non è stata altro che una coincidenza, una tappa in un percorso già predeterminato e studiato con dovizia di particolari in ogni singolo dettaglio: “Il Ritiro a Singapore 2012 come il momento in cui ho preso la decisione? Falso! Le persone pensano che sia stato il momento in cui il cambio della mia McLaren si è rotto l’elemento che mi ha spinto a decidere. Qualcuno si è inventato tutto – ha replicato seraficamente il sette volte iridato – È stato un bel po’ dopo che ho fatto la mia scelta. Non so quanto tempo esattamente, ma ero in Thailandia quando ho effettivamente preso la decisione”.

Otto stagioni complete, una appena iniziata. Un totale di sei titoli che hanno consentito ad Hamilton di raggiungere e superare i conseguimenti ottenuti da Michael Schumacher. Roba impensabile quando il ragazzo di Stevenage prese proprio il posto del Kaiser in sella alla Freccia d’Argento. A fine 2021 il legame potrebbe interrompersi, ma non per problemi di sorta. Se la cosa avvenisse sarebbe solo per ragioni anagrafiche e perché Lewis avrebbe appeso il casco al chiodo. Un’opportunità che egli stesso, in sede di presentazione del GP del Bahrain vinto in maniera perentoria e senza possedere il miglior mezzo tecnico, ha allontanato. Hamilton non è pago, ha ancora fame di vittorie. Che vuole ottenere con Mercedes per legare ancora di più il suo nome ad un’azienda dalla quale ha ricevuto tantissimo e alla quale altrettanto ha dato.


Autore: Diego Catalano@diegocat1977

Foto: Mercedes

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