Essere Sebastian: licenza di perdere
Sebastian raccoglie poco in Spagna. E dire che aveva seminato bene, specie al venerdì, giornata di grazia in cui gli aggiornamenti parevano fare la differenza. Un timido segnale di ripresa, ma quanto basta per credere in un sabato d’attacco e in una domenica più positiva. Invece no, tornano i soliti accordi, le prestazioni discordi, la pista che sulle prime ammicca e poi manda in bianco. Senza punti, senza gloria, un film già visto che si ripete. Sprazzi di luce e schizzi di fango. Minuscoli e iridescenti i primi, diffusi e consistenti i secondi.
Aston Martin è la sorellastra della Racing Point 2020. Cattiva con i propri cavalieri, remissiva sull’asfalto. Non danza e non si distingue, naviga nel torbido di acque malate, singhiozzando a tratti, spegnendo ogni tipo di ardore. Un venerdì intrigante che pare promettere un guizzo, una ripresa. L’immancabile confinamento appena al di fuori della top ten, in una qualifica dai tempi ravvicinati. I particolari fanno la differenza e il nostro Sebastian dispensa ottimismo. Ma non è sufficiente in qualifica, è del tutto ininfluente in gara.
La domenica di Vettel non è affatto da incorniciare. Qualche lampo di classe, qualche sorpasso coriaceo. Ma pur sempre inserito nell’orbita di una lotta tra poveri, per un punto virtuale, per una misera posizione di rincalzo. Sebastian ci prova come può, ma non gli resta molto da fare: tradito dalle gomme che si sbriciolano come pane sulla sua monoposto, azzoppato da una strategia discutibile. Una vettura difficile da capire e ancor più da gestire.
Una palla sul dischetto del rigore pronta per essere calciata dai piedi dei detrattori. I risultati di Vettel parlano chiaro. E gli ingegneri mancati, o i tuttologi opinionisti da social, hanno già sferrato la sentenza. Calcistica, come vuole la tradizione. 3-1 per Lance che allunga senza pietà. Quasi peggio della ‘Vecchia Signora‘ targata 2021. La verità è di semplice lettura. Ai pluricampioni non si perdona l’affanno, li si condanna per il mancato risultato. Vale per Sebastian come per la Juventus. Però un po’ di male lo fa, specie perché ci troviamo alle prese con un anno particolare, una protesi del 2020 smembrato e amputato. A pochi team è riuscito il colpaccio e molti navigano a vista. In queste condizioni è arduo fare goal, ma anche avvicinarsi alla porta.
Dall’Aston Martin ci si aspettava di più ed era logico crederlo, sulle basi di un’auto notevole che andava solo leggermente adattata ai pochi nuovi criteri. Invece ecco l’assurdo incedere di un cammino da gambero, pur avendo abbandonato la livrea rosa. Si è parlato di rake, più che altro come scusa. Ma in realtà è l’intero progetto a rivelarsi deficitario. Così Sebastian deve remare controcorrente, facendo la parte dell’incompiuto.
Honey Rider è tutt’altro che sinuosa, affatto invitante. Lontana parente di colei a cui deve il nome. Non ha un passo da diva e incespica lenta senza trovare il giusto ritmo in gara. Qualche nuovo accessorio non la rende più accattivante o sicura di sé. Resta timida, insaccata, attaccata alla parete. Eppure Sebastian non aspetta altro che aprire le danze con lei. Alla ricerca di un ballo che la faccia brillare, alla ricerca di un passo da campione.
Foto: Aston Martin Cognizant Team
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco