Fernando non ha età, non ha scadenza. Prodotto di eccellenza, volto a nobilitare ogni situazione. Ha una macchina blu che richiama le vette alpine. Ha un conto in sospeso con il destino. Che molto gli ha dato e che troppo gli ha tolto, incensandolo agli albori, plafonandolo nella maturità. Corsi e ricorsi che lasciano il tempo che trovano, parole gonfiate e poi ridotte a brandelli, come fossero un palloncino saturato, un delirio sfiatato, una promessa mancata.
Fernando aveva un conto in sospeso dallo scorso gran premio. Quando le attese sono alte non puoi deludere. E anche se arrivi a punti, a un misero punto, non si può considerare una soddisfazione. L’esigenza non è di chi scrive, di chi commenta, di chi critica. Ma parte da Alonso in persona, il primo a non concedersi scuse. Serviva tornare tra i saliscendi di Portimao, ribadire il primato su una pista da urlo, che comprime e deprime, al pari delle sue evoluzioni e delle sue sinuosità. Quasi una donna maliarda, ammiccante e sfuggente, da prendere al volo, pena un rimpianto struggente.
Invece Fernando fa cilecca. Dopo un ammiccamento glorioso in prova, si scioglie in qualifica, non trova il colpo perfetto, quello in grado di stendere la preda. Si confonde nel gruppo, saluta il grande ballo, cede la gloria al più giovane, capace di aprirsi le porte del palazzo. Esteban Ocon è veloce e determinato, non lascia nulla sul piatto, consapevole che Alonso potrebbe in ogni momento fare piazza pulita. Lavora di fino e conclude in Q3, demolendo il blasonato compagno. Il gossip è pronto a sparare piccanti sentenze. E Fernando viene relegato a Casanova di serie B. Un ritorno opaco, un incastro poco riuscito.
Alonso non riesce a domare la sua vettura, a innalzarla, a trascinarla in un valzer tra altolocati. Corsi e ricorsi, paragoni inutili che fanno capolino. Ma Fernando è unico nel suo genere e non intende mollare. In gara studia, attende, misura. Non sempre il successo è fatto di sorpresa, di gesta mirabolanti. A volte bisogna agire nell’ombra, accontentarsi sulle prime, meditando l’attacco ferale. In questo lui è spietato. Pare un fantasma per due terzi di gara, sembra accontentarsi di una navigazione a vista. Poi, di colpo, si rende protagonista. Approfittando degli errori altrui, di strategie dubbie, di gomme consunte. Si prende la rivincita inanellando sorpassi, uno dopo l’altro, in perfetta misura.
Fernando resta quieto, come un leone nelle ore più calde, illude della resa, conta sull’effetto sorpresa. Spunta quatto quatto sul far della sera, senza lasciare scampo alle sue prede, per quanto illustri. Alonso non fa la voce grossa, si limita a mettere le mani sul volante, il piede sul gas, la mente verso il traguardo. Agisce e ottiene, senza remore, senza indugi. C’è anche il tempo per le scuse, per il rammarico. Perché l’ottava posizione non può bastare, nonostante una prova magistrale. Non quando Esteban arriva settimo, non quando la qualifica è stata sotto al suo livello. La vettura può fare di più, specialmente se la guida Alonso.
Essere Fernando a Portimao significa ammettere l’errore, scusarsi per l’occasione persa, presentarsi in veste diversa. Alla faccia di chi lo taccia di arroganza. Poi ovviamente lui ci mette anima e corpo per recuperare, per innalzare una prestazione altrimenti scialba. Lotta quando si presagiva la disfatta, sfrutta ogni occasione storta. E questo vale forse più di una vittoria.
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco