La Ferrari sta tornando. Piano piano, senza clamore, un passo alla volta. Senza fasti, ma con una certa solidità, concreto indizio di ripresa in vista della grande rivoluzione. Per questo non dobbiamo cadere nella facile tentazione di soffermarci sul dito. La Rossa punta alla Luna. Questo non significa dare degli stolti a coloro che analizzano le gare del Cavallino e neppure a coloro che ne valutano o ne criticano il rendimento. Significa semplicemente imparare a guardare lontano, verso il futuro prossimo, verso una nuova era che potrebbe e dovrebbe farsi portatrice del cambiamento.
La muta della Ferrari sta già avvenendo. Si tratta di piccoli segnali, indizi di ripresa, lampi di luce ove prima regnava il buio pesto. La Rossa sta cambiando pelle, sta curando le ferite, si sta preparando per la grande sfida. Finalmente simulatore e pista vanno d’accordo, raccontano gli stessi numeri, affiatati come due compagni di lungo corso. Il Cavallino non è più in alto mare, nessun dubbio amletico aleggia a Maranello, niente più occhi strabuzzati nei box di ogni circuito. Bandita l’improvvisazione, rimane solo la ferma constatazione che tutto va come deve andare. La Ferrari fa quello che ci si aspetta da lei, e questo può essere già considerato un successo.
Naturalmente si tratta del minimo sindacale, un sei politico scarno di contenuti, ma, almeno, non abbiamo a che fare con una sonora bocciatura. Questo può bastare per provocare moti di gioia nei tifosi? Ovviamente no, perché si resta in un limbo, in una fascia mediana troppo alta per toccare l’anticamera dell’inferno, ma ancora troppo bassa per raggiungere le porte del paradiso. Che non si raggiunge all’improvviso, e neppure per caso, ma solo grazie al duro lavoro di tutta la squadra.
Le dinamiche sono lampanti, le premesse chiare. Ciò detto, i ferraristi possono trovare conforto in una medaglia di legno? Possono infervorarsi per una vettura costantemente in top ten? La Ferrari aveva abituato a ben altro. Invece, con crudo realismo, dobbiamo accettare il verdetto della pista. La beneamata difficilmente potrà conquistare una vittoria. Più verosimilmente si potrebbe puntare ad un podio, grazie a circostanze favorevoli. Il che significa illustri defezioni o scivoloni di coloro che guidano le vetture da ‘alta classifica’. Il che significa considerare il quarto posto come un obiettivo centrato, nonostante un distacco poco meno che siderale.
Quindi, come esternato anche da Leclerc, subentra la ‘noia’. (Per rivivere on board la sua gara leggi qui ) Charles usa questa parola con una connotazione bonaria, che richiama più che altro un quieto vivere, lontano dagli abissi in cui era facile sprofondare nel corso della passata stagione. Un’accezione differente che implica accettazione, senso del dovere e di appartenenza. Eppure, per chi della Ferrari resta innamorato a prescindere, rappresenta una pugnalata al cuore. Rinunciare a propositi bellicosi, accantonare le belle speranze, strappare dalla mente immagini trionfali. Ricorrere alla pazienza, in vista dell’anno venturo, credere ancora una volta a una promessa che sembra sempre più simile a quella di un marinaio.
La Ferrari naviga in una quieta bonaccia, schiva tempeste, ma non ha il vento in poppa. Ci dobbiamo fare l’abitudine. Un anno di noia, probabilmente senza gioia. I restanti appuntamenti da vivere con leggerezza, godendo per un bel sorpasso, gustandoci una costante presenza a punti per i due alfieri. Charles e Carlos inscritti nella mediocrità, chiamati solo a non fare passi falsi, obbligati a cogliere ogni opportunità lasciata sul piatto da altri, nell’affannosa ricerca del podio perduto. Non si tratta di ‘dar loro una macchina‘, semi citando la frase della discordia. Piuttosto di offrire loro una speranza.
Come Binotto giustamente fa notare, la Ferrari conta più di tutto. Più di chi la guida, indipendentemente dal conclamato talento. Punto di vista condivisibile e già caro al grande Enzo, ma che qui acquista una sfumatura priva di mordente. A forza di accontentarsi di queste gioie futili, a forza di reiterare questa viziata propaganda, non si rischia forse di perdere l’ardore? Il Cavallino è nato per combattere, per andare a briglia sciolta. Quanto a lungo ancora dobbiamo sopportare una Rossa che va al trotto?
E non si tratta di commenti televisivi di dubbio gusto o di critiche al vetriolo. Neppure di troppa o negata libertà di stampa. Ferrari è la nostra storia, il marchio di fabbrica della nostra passione. E se #essereferrari significa pazientare e schierarsi comunque dalla parte della squadra, a maggior ragione dovrebbe significare non arrendersi. Al più forte, alla logica, alle regole. #essereferrari è una corsa contro vento, alla rincorsa dell’impossibile.
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco
Foto: Ferrari