EssereFerrari: “E se non puoi…”
“E se non puoi avere la vita che desideri“. Questo lo splendido attacco di una poesia di Kostantin Kavafis, che ben si adatta a questa nostra Ferrari. L’autore prosegue ammonendo: “Cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla nel troppo commercio con la gente, con troppe parole e in un via vai frenetico.” Versi che sembrano calzare appieno per questo Cavallino, pronto comunque a stupirci, ma non a garantirci una vera battaglia.
Se non puoi avere la vittoria che desideri, cogli il massimo, non sprecare occasioni. Suggerimento preso alla lettera da Leclerc, che riesce a brillare nella sua unicità. Non era facile replicare, dopo Montecarlo. Ma come dice un altro grande poeta, Nazim Hikmet, ‘il miracolo del rinnovamento è il non ripetersi del ripetersi“. Infatti Charles si ripropone in pole, ma riesce a cambiare il nefasto karma di Monaco, trasformandolo in una gara solida, sebbene priva di acuti.
Se non puoi svettare, cerca almeno di non farti oscurare. Leclerc ha centrato l’obiettivo in pieno. Re del sabato, sovrano incontrastato su una pista che molto significa per lui. Baku non è mai banale, per Charles a maggior ragione. A partire da quel trionfo in Formula 2, gonfio di lacrime e carico di orgoglio, estremo tributo di un figlio al padre che se ne va. Ricordando il primo grande errore con la tuta rossa, in quel 2019 da faville, astro nascente, promessa caliente. Il monegasco fa tutto al meglio, e, come spesso accade, la fortuna premia gli audaci, mettendo al sicuro la sua pole grazie ad altrui contrattempi.
Bandiere rosse che riescono a portare una rivoluzione in pista, specie nelle ultime battute di gara, dove i monarchi finiscono detronizzati a favore dei ribelli. Gerarchie designate che scoppiano, come le gomme che hanno offerto qualche attimo di terrore e regalato imprevisti. E se non puoi finire a podio non ti crucciare. Il tentativo c’è stato, mio caro Charles, e ti siamo comunque grati per averci provato. Evidentemente domenica doveva andare così, era già scritto. Dopotutto la tua gloria l’hai conquistata, a prescindere dalla medaglia di legno finale.
E se non puoi avere la Ferrari che desideri evita le troppe parole vuote. Un piccolo suggerimento umilmente indirizzato a chi sta al timone. Beninteso, Binotto va ammirato per la sua costanza, per la fiducia che ha riposto – a ragione – nel proprio modus operandi. La Rossa sta ingranando, sta diventando forte. A tratti ritorna meraviglia. E questo ovviamente non può che essere frutto di un meticoloso lavoro corale, di un’unità di intenti, di una indefessa dedizione. A Maranello si fa sul serio e Mattia si sta dimostrando un buon direttore d’orchestra. Cosa tutt’altro che semplice dopo il catastrofico 2020. Eppure rimane da correggere quella sgradevole attitudine che porta a reiterare accuse velate, lievi stoccate.
Sinceramente preferisco pensare che Binotto sia fatto così. Mai carezzevole, esigente e intransigente. Indulgente solo nei confronti della sua adorata creatura, della sua vettura, che viene prima di tutto e di tutti, anche dei piloti. Un padre severo che non concede un complimento, che affossa al primo tentennamento con l’obiettivo di spronare. Eppure mi permetto di dire che così non va. Sbagliato scaricare la colpa sui ragazzi. Ingiusto liquidare la faccenda con una lapidaria affermazione che recita: “poi ci siamo complicati la gara, se la sono complicata i piloti stessi“. Perché, pur non amando le frasi fatte, non è certo lo scarica barile a fare la forza.
E se non puoi avere il risultato sperato, cerca almeno questo, non gettare fango su chi ti sta accanto. Su chi, nel bene o nel male, pur non essendo sempre impeccabile, rischia e colora ogni week end. Di rosso e di emozioni nuove. La pista è crudele, non ammette amnistia. La sorte sa essere avara, irriverente ai limiti dello scherno. Proprio per questo servono le strigliate bonarie ma anche le lodi carezzevoli di un buon papà. Quello che Mattia è, certamente, nel privato, con la sua squadra. Quello che Binotto ancora deve imparare a dimostrare davanti all’obiettivo distorto delle telecamere.
Foto: Ferrari
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco