F1. Essere Sebastian è un po’ come vivere su di un altalena costretta ad un moto perpetuo. Guai a mettere un piede a terra, indipendentemente da quanto in vetta si siano riuscite a spingere le gambe. Vettel sa volare alto, sguardo diretto al cielo, mani salde sulle corde. Ma questo non basta per garantirgli l’impunità, non appena inizia a volteggiare più lentamente. Alti e bassi come questi li hanno tutti, che non provano né smentiscono alcuna teoria. Eppure è abitudine ormai diffusa il ricorso allo sberleffo, che talvolta sconfina anche nell’offesa.
Lo si è visto bene ieri, nel corso di una telecronaca ad uso e consumo di tifoso medio(cre), in cui si alludeva a una presunta superiorità dei compagni presenti e passati di Sebastian. Lo si è visto a maggior ragione nel day after, con commenti e giudizi poco lusinghieri da parte di chi dovrebbe analizzare in modo più approfondito la questione. Ma ormai i tifosi di Vettel ci hanno fatto il callo, abituati a campagne denigratorie con strascichi settimanali, in caso di gare poco felici, e a menzioni distratte quando le cose girano per il meglio.
Va ammesso, a onor del vero, che Sebastian è incappato in un week end ben poco entusiasmante. La vettura, che sembrava dare buoni segnali in termini di bilanciamento durante le prove, è tornata ad essere poco gestibile in qualifica, relegando il tedesco fuori dalla Q3. Obiettivo centrato peraltro da un ottimo Lance Stroll, vera manna per la schiera dei detrattori. Il canadese ha disputato un solido fine settimana, finendo a punti con un ottavo posto in gara. Vettel invece si è arenato in un’anonima dodicesima posizione, che difficilmente si può valutare in modo positivo.
Per la gioia degli haters ha fatto capolino qualche manovra scomposta, e si è rivisto qualche bloccaggio nelle fasi più accese della gara. Peccati tutto sommato veniali che hanno comunque fatto gridare allo scandalo. Come se, appunto, a Vettel non fosse concesso sbagliare, non fosse concesso mettere un piede a terra mentre sta sull’altalena. Una suggestione letteraria mi riporta alla mente il primo incontro tra Viola e Cosimo, ne “Il Barone Rampante” di Italo Calvino, e la schermaglia fanciullesca che contestualmente ne è nata. La bambina riconosce al giovanissimo barone la supremazia nel territorio rappresentato dagli alberi, ma lo avverte di non scendere a terra, nel suo regno, pena la perdita della libertà. E l’altalena,in questo caso, funge da terra di mezzo, da punto di contatto tra i loro due mondi. Cosimo potrà avervi accesso, usando però l’accortezza di non mettere mai un piede a terra.
Sebastian è un po’ come Cosimo, da sempre chiuso nel suo universo, da sempre un po’ ribelle. Essere diverso, agli occhi degli altri, ne fa un personaggio quasi avulso dal contesto in cui agisce. Poco conforme, poco prevedibile, a briglia sciolta e senza etichetta. Adorabile e sincero, ma non disposto a snaturarsi per compiacere. Ecco forse perché lo si ama da un lato e lo si biasima dall’altro.
La gara di Vettel è un inno alla noia, quasi una processione in una cornice deliziosa che assume sembianze infernali. Una strategia non del tutto ottimale, con tanto di cambio gomme forse prematuro. Una lunga militanza nel traffico senza possibilità di resistere o di progredire. Problemi con gli pneumatici costringono Sebastian a mollare la presa, a sciogliersi in una passività disarmante. Il tutto mentre qualche diretto avversario recupera con il coltello tra i denti. Decisamente non una buona domenica per il quattro volte campione che ultimamente ci aveva deliziati con prestazioni di assoluto livello.
Tuttavia è realmente meschina questa corsa al linciaggio. Un saliscendi di critiche, di giudizi parziali, di opinioni non richieste. Una storia già vista dalla trama assai deludente. Un B-movie perennemente in replica sugli schermi del motorsport. Ma #EssereSebastian significa prima di tutto emozionare. Toccare il cielo con un dito, e, un attimo dopo, essere risucchiato in un gorgo nefasto. Andare a podio, resistere, insistere e poi accettare di diventare un comprimario. Perché i piloti di cui si conserva memoria non sono i più costanti, ma quelli che ci trasmettono la loro passione.
Foto: Williams Racing
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco