F1. Russell ha tutte le carte in regola per stare in primo piano. Eppure, una sorte avversa, tende a condannarlo proprio quando conquista le luci della ribalta. Aveva già destato scalpore la magnifica prestazione dello scorso anno a Sakhir, quando ha strizzato l’occhio alla Mercedes non facendo rimpiangere il magnifico Lewis. Ma, trattandosi della stella a tre punte, la pur straordinaria gara di George rientrava nella casistica del possibile. In quell’occasione ali tarpate dal disastro ai box, a causa di un errore di stampo fantozziano, che ha compromesso in modo irrimediabile la gara del giovane britannico.
Russell, a dispetto di una Williams inadeguata, continua a confermare il suo talento. E, in Stiria, lo fa in modo magistrale, mancando per un soffio la qualificazione in Q3. Perle di un talento cristallino, di una voce che prova in tutti i modi ad uscire dal coro. invece si tratta dell’ennesimo canto del cigno, dell’ultima beffa riservata a chi non riesce a uscire dall’ombra. George pare vittima di un crudele sortilegio, di una narrazione perversa che favorisce la sconfitta proprio quando si trova a un passo dal lieto fine. Una buona partenza, l’ottavo posto conquistato con grinta. Poi l’incubo di una sosta interminabile evolutasi in un triste ritiro.
Russell aveva ancora molto da dire. E non si tratta dei soliti sogni di un ragazzino, della retorica già vista applicata al fenomeno di turno o presunto tale. George è solidità e consistenza, talento vero che si affina gara dopo gara. Qualcosa di evidente e cristallino, in grado di stare sotto agli occhi di tutti. Nessuna visione edulcorata, si tratta unicamente di evidenza. Il ragazzo è cresciuto, indipendentemente dal mezzo che guida. Rapidissimo in qualifica come sempre, preciso, determinato a emergere. Eppure ancora destinato all’attesa.
Russell come una moderna Penelope, il suo destino deciso dai capricci della sorte o da ordini superiori. In un modo o nell’altro ancora in cerca della sua strada, di un suo mondo, che non sia lo scomodo abitacolo di una modesta Williams. Il futuro appeso a un filo, al vento che cambia e che potrebbe soffiare nella direzione opposta alla sua. Un vento del nord ben radicato nel polo Mercedes, utile a non alimentare rancori o tensioni, specie dopo una stagione come questa, che si preannuncia più ostica del previsto per le non più imbattibili Frecce Nere.
La pazienza come virtù, l’attesa come opportunità. Belle favole da raccontare ai bambini, buone per essere riprese davanti ai microfoni, nella sequela sempre verde delle dichiarazioni studiate a tavolino. Ma la verità è che Russell scalpita, freme. Dall’alto dei suoi ventitré anni non può accettare con calma che il tempo scorra, che le occasioni passino, che la fortuna si decida ad arridergli. La fortuna vuole crearsela da solo e ha tutte le capacità per farlo. La Williams può essere un’inizio, tutt’al più un intermezzo, una sosta obbligata per ritemprarsi in vista di spiccare il volo. Invece rischia di diventare una prigione.
La Stiria oggi ha mostrato altri protagonisti. La lotta all’ultimo sangue tra Hamilton e Verstappen, il botta e risposta dei rispettivi compagni, di diverso tenore e di ben altra intensità. Ha raccontato qualche errore e qualche prodezza, attimi di redenzione e di confusione. Una Ferrari da decifrare, un’Aston Martin da rivedere, un Alonso inossidabile. E poi Russell, splendida meteora capace di lasciare una scia luminosa, astro nascente e stella cadente al contempo, inghiottito dal gorgo buio di un box, mentre stava varcando alla grande lo spazio siderale. George, il dimenticato, il sacrificabile, è oggi l’eroe più puro. Quello che fa il suo dovere senza conquistare medaglie, quello che si espone consapevole del rischio. Mai protagonista, ma indimenticabile.
Foto: Williams Racing
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco