F1. Paragone blasfemo, forse estremo. Il Paul Ricard avrebbe dovuto dettare la sua legge, in assenza di pioggia, in presenza dei soliti noti. Max e Lewis a contendersi la vittoria, per la precisione. Con Verstappen involato, indiavolato, a partire alla pole. L’olandese però si strozza al via, si allontana un attimo nella via di fuga, quanto basta all’infallibile per approfittarne. non è tipo da mollare, da non sfruttare l’occasione. Ci troviamo così alle prese con un ‘inversione delle parti da sbadiglio, che preannuncia una gara statica, già decisa, priva di sorprese.
Due edizioni ci hanno abituati a un contesto difficilmente entusiasmante, salvo piccole azioni sporadiche o qualche manovra avventata. Terra di vento e di Frecce d’Argento, ora in versione più nera, favorite salvo agguati o stravolgimenti. Ma Giove Pluvio non ne vuole sapere. Scherza un po’ alla mattina, facendo presagire una gara bagnata, schizzi e strategie da reinventare. Poi rimette tutto a posto, compattando le belle speranze di alcuni sotto a una coltre di nuvole, tanto pesanti quanto innocue. Meglio per Red Bull, che non avrebbe tratto alcun vantaggio dal caos. Peggio per Mercedes che, per una volta, si trova a sperare in un rimescolamento delle carte.
Ecco la vera rivoluzione, la variabile impazzita che rischia di divenire costante, almeno nel breve periodo. I sovrani indiscussi cercano un appiglio, un aiuto dalla sorte, una circostanza favorevole. Non sono più in grado di confidare unicamente sulle loro forze. Un principio di condanna, con tanto di ghigliottina sullo sfondo, in vista della doppia trasferta a casa Red Bull. La storia, da buona maestra di vita, insegna che non sempre si può vincere. Un assunto vetusto e banale, tale da poter essere bypassato dai campioni dell’era turbo ibrida. E invece…
La rivoluzione parte da Verstappen, dal suo piglio, dal suo spirito assatanato. Fame di conquista a placare un’infanzia d’attacco, senza la pace consolatoria di un gioco, con la perenne necessità di emergere ad ogni costo. Questione di tempra, ma anche di educazione. Severa come poche, tutta tesa al risultato, senza alcuna indulgenza. Per questo oggi Max non ha pietà per nessuno, vive la pista da falco, affronta ogni attimo come se si trattasse della battaglia decisiva. L’olandese è un ragazzo in guerra, da sempre. Fuori e dentro la pista.
Una battaglia finita ancor prima di iniziare, persa nella via di fuga, sirena ammiccante e maliarda. Spazio al re, che si compiace di tanta grazia e prova a dare il via alle danze. Impeccabile Lewis, fa tutto a meraviglia. Mai un sbavatura,una crepa, un’incertezza. Eppure talvolta anche questo non basta. Difficile digerire questa legge per Hamilton, che fa della perfezione il suo mantra. La strategia ad una sola sosta non lo premia: non ne ha abbastanza per fare il vuoto, per involarsi verso un trionfale successo. Verstappen si ferma due volte e mostra un ritmo incredibile. Erode, si avvicina, vola. Fino ad imporsi al penultimo giro.
La morale della favola sta tutta qui. Nell’inaspettato. Molti parlano di sbadigli, preludio a un’insipida attesa, volta, nella maggior parte dei casi, a restituire lo status ante quo. Invece oggi la doppia sorpresa. Al via e nel finale. Nel mezzo un po’ di azione, un balletto di posizioni, grazie alle soste. E qualche battaglia più indietro, in un minuetto di passi e sorpassi minuti, mai troppo repentini, ma agili abbastanza da farsi apprezzare. Il Paul Ricard cambia padrone, offre lustro ai protagonisti. Il vento muta sul rettilineo del Mistral. E l’olandese volante fa volteggiare le pale del suo mulino, rendendo la sua battaglia concreta e reale. La corsa al titolo, per Verstappen, non è più soltanto una chimera.
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco
Foto: Red Bull