La F1 sa essere crudele. Gioca con i suoi protagonisti, li irride e li sbeffeggia, utilizzando il caso più dell’errore. Questo è quanto accaduto ad Alonso durante le qualifiche del gran premio d’Austria. Un’inconsueta e incredibile circostanza lo ha portato malamente fuori dalla top ten, indicibilmente fuori dai giochi. Sebastian Vettel il volto, più che la causa, di tanto affronto. Fernando ne aveva, eccome. Più del compagno, più di altri in lizza. Invece le sue ali sono state tarpate da un malcostume, da un fraintendimento, da un eccesso di sfortuna.
L’Alonso furioso, come lo hanno apostrofato. E ne ha ben donde. Quando ritorni in F1 dopo due anni, dopo aver masticato amaro, dopo un comprensibile apprendistato, è normale manifestare dissenso per tali situazioni. Però attenzione: Fernando non se la prende con Sebastian, comprendendo la buona fede del pilota tedesco, accettando i suoi gesti di scuse. Incassa, sbraitando alla sua maniera, con piglio risoluto, con il sopracciglio alzato.
Alonso è quel tipo di pilota che non risulta immediatamente simpatico. Non è buontempone come Ricciardo, estroverso come Norris, amabile come Vettel. Non è neppure ermeticamente affascinante alla maniera di Raikkonen o empatico alla maniera di Hamilton. Fernando è Fernando, e tanto gli basta, con buona pace dei detrattori, di chi lo vorrebbe più sorridente o più accomodante. Eppure Nando raramente parla a caso. Lancia frecciate, tira stoccate, ma tende a non essere scorretto nei confronti dei colleghi. Soprattutto in pista.
Infatti Fernando rimonta, pur evitando di gettarsi a capofitto nella mischia, sta lontano da incidenti, schiva gli inconvenienti. E le sue partenze continuano a essere da manuale. La foga giovanile, mai doma, è ora canalizzata verso il risultato. Fosse pure un misero punticino, come in questo caso. La F1 ha ancora bisogno di Alonso e Alonso ha ancora bisogno della F1. Sono due facce della stessa medaglia, una simbiosi perfetta, una retta che tende all’infinito.
Ciò nonostante Fernando ha ben chiari i limiti e agisce entro di essi, superandoli solo in virtù del proprio talento. Non si aspetta le fanfare, rincorre la solidità, rifugge l’atteggiamento da cicala. Va al massimo in pista, evitando proclami e celebrazioni. il decimo posto arriva nel finale ed è, come sempre, un fatto di grinta. Alonso ha la meglio su Russell, cede al suo istinto cannibale, concretizza il massimo possibile. E infine mostra il suo sussulto più umano, ammettendo che avrebbe voluto volentieri superare chiunque al posto del sorprendente George. Un attestato di stima, ma anche una grande testimonianza di stile.
Fernando, nonostante la fama, resta un ragazzo estremamente semplice e consapevole di quanto dura e crudele possa essere la scalata alla F1. Qualche esternazione di troppo, un’ironia mordace e un cinismo latente lo hanno reso famoso come scomodo. E in parte lo è. Ma, dal lato umano, rimane il ragazzo entusiasta che correva sui kart e divideva i panini con i compagni, dopo averli giustiziati in pista. Alonso è un duro che ha bandito la tenerezza dal suo DNA per emergere. Sgomitare lo ha reso implacabile, ma non per questo insensibile. Nando non vuole piacere a tutti i costi, se ne infischia dei giudizi altrui. Al massimo li rispedisce al mittente, tramite risposte calzanti frutto di un’abilità retorica di stampo pragmatico.
Tuttavia, in Austria, Alonso dimostra che cosa significa davvero #EssereFernando. Trasforma la negatività in tenacia, la sconfitta in gloria. Si tratta solo di un punto, nulla di epico o di memorabile. Ma quanto basta per ricordare ‘al mondo chi eravamo e chi potremmo ritornare‘.
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco
Foto: Alpine F1 Team – Alonso