Qualcosa di imperscrutabile, forse una legge non scritta, ci ha fatto cavalcare un sogno di F1 -di nuovo- in terra inglese. Siamo onesti: nessuno avrebbe creduto in un epilogo felice, in un trionfo da favola, in un riscatto da manuale. Chiunque ha pensato che Leclerc, dopo un’ottima qualifica, e senza aver dissipato il tesoro nei fuochi fatui della Sprint Race, si fosse trovato al comando per caso, per poco o per fortuna. Ma non esiste solo la sorte quando fai il massimo possibile, quando vai oltre l’umanamente ipotizzabile. Charles ha costruito la sua posizione, mattone dopo mattone, o meglio centesimo dopo centesimo, limando di fino, cercando un limite solo puramente teorico.
La Ferrari stupisce. In senso buono ovviamente. E non possiamo che accogliere la notizia con rinnovato fervore, con una gioia ballerina, che piroetta sui postumi di una sbornia calcistica tutta italiana. Un circuito esigente trasforma la F1 Rossa in un animale da battaglia, fiero e caparbio, in grado di domare i diretti rivali. E anche di agguantare qualcosa in più, tenendo il passo degli inarrivabili. Sorprendente e disarmante allo stesso tempo, guidata da un gladiatore dal viso d’angelo, pronto ad approfittare di ogni occasione.
Charles l’impetuoso ha ragionato, calcolando il rischio, ma al contempo non esitando a buttarsi a capofitto nell’unico momento buono, sorprendendo il Re d’Inghilterra, stordito per una frazione di secondo dalla collisione con il rivale. E poi ha domato il gran premio, solo davanti a tutti, in terra nemica, a fronteggiare gli spettri di una rimonta annunciata. Leclerc è stato magistrale alla ripartenza, lesto e impeccabile fino a quando ha potuto. Non una sbavatura, non un singhiozzo, in una riedizione in salsa britannica di quella caccia alla volpe che è stata la bellissima gara di F1 a Monza edizione 2019. Con sensibili differenze, date dal luogo e dal modo, dalle vetture soprattutto. Entrambe meno cattive e meno incisive, a dispetto dei loro piloti, mai paghi e mai arrendevoli.
La Ferrari poteva sembrare un fuoco di paglia. Echi purpurei e una grande fiamma destinata a spegnersi quanto prima. Invece è stata alimentata dalla passione. Se ne potrà parlare a lungo e lo farà chi di dovere molto meglio della sottoscritta, eppure questa Rossa è sfuggita alla logica, facendo più del dovuto, raccogliendo ben altro rispetto alle aspettative. Soluzioni vincenti, gomme finalmente più calzanti? Ai posteri l’ardua sentenza. Mi limito ad osservare, con rinnovata meraviglia, quanto la F1 possa essere imprevedibile e regalare magie neppure ipotizzabili. E non parlo certo della Sprint Race, format che personalmente non boccio a priori, ma che rivedrei sotto svariati punti di vista, primo fra tutti l’assegnazione della pole. Parlo dello stupore, del pathos, dell’adrenalina che ha saputo trasmettere ogni singolo giro.
Una Ferrari in testa, nella bolgia di Silverstone, con un tifo -letteralmente- da stadio a incitare il campione di casa. L’immenso Lewis impegnato nella caccia grossa, nonostante la penalità, perché consapevole della ghiottissima occasione. Ma Charles resiste, insiste. Resta là davanti giro dopo giro, come a consolidare brandelli di speranze frantumate, come a ribadire un secondo trionfo sotto il cielo d’Inghilterra. Troppo bello per essere vero, tale quale ai sogni che svaniscono all’alba. Infatti, in un caldo pomeriggio di luglio, dopo avere gioito, goduto e incitato, torniamo a fare i conti con la cruda realtà. Che è la solita doccia fredda di una resa.
Dove sta il bello, quindi? Sta nel fatto che tutto questo non avviene per manifesta inferiorità. Sta nel fatto che la Ferrari finalmente è tornata padrona del gioco e in grado di giocarsela fino alla fine. Protagonista, come non accadeva da troppo. Spiace per Sainz, tremendamente sfortunato, azzoppato da una collisione nella Sprint Race e frenato da un pit stop troppo lento. Ma acme questo fa parte della F1. Altrimenti le macchie rosse nella top five avrebbero potuto essere due. Spiace ancora di più per Leclerc, che ha voluto, costruito e annusato una vittoria sfumata per pochissimo.
Dunque nessun lieto fine, ma una medaglia d’argento che sa tanto di beffa. Eppure è splendente quanto la luna, che sa essere incantevole anche quando non è piena, al pari di questo bottino. In fondo #EssereFerrari è un raggio di emozioni.
F1-Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco
F1-Foto: Scuderia Ferrari