giovedì, Novembre 21, 2024

RETROSCENA – Ecco come Honda ha dato scacco a Mercedes

Se potessimo usare una sola parola per descrivere il campionato del mondo 2021 di F1 probabilmente faremmo ricorso al termine “Sorpresa“. Dopo la cavalcata trionfale di Lewis Hamilton e della Mercedes W11 nella Stagione 2020 la tavola sembrava essere apparecchiata per l’ennesima doppietta di un team che ha letteralmente fagocitato gli avversari dal 2014, ossia da quando le motorizzazioni turbo-ibride hanno fatto capolino.

Ma queste prima otto gare hanno raccontato una verità diversa da quella che un po’ tutti immaginavano: la Red Bull si è presa lo scettro tecnico con un’interpretazione perfetta dei nuovi regolamenti che hanno toccato in maniera più drastica di quanto si potesse pensare la zona del fondo piatto. Che era uno dei punti di forza della W11 che, contestualmente, si è trovata orfana anche del Dual Axis Steering, quel meccanismo che aveva fatto strabuzzare gli occhi a tutti i presenti durante i test invernali del 2020. Il DAS aveva risolto un problema atavico delle vetture sfornate dalla factory di Brackey: mettere nella giusta finestra di utilizzo le gomme.

Ma c’è un altro fronte – assolutamente di non secondo piano – nel quale Stoccarda sta pagando dazio. Ci riferiamo naturalmente ai propulsori di F1. La sensazione è che Honda abbia fatto un balzo prestazionale talmente sensibile da aver raggiunto e superato il V6 di Brixworth. Non è la prima volta che Mercedes osserva un competitor risalire la china. Qualcosa di simile a ciò cui assistiamo oggi si era verificata nel 2018 e nel 2019 quando fu Ferrari a dare l’idea che di aver superato in potenza il motore anglo-tedesco. Poi intervennero le direttive sui flussometri e il tanto discusso accordo riservato tra Maranello e la FIA dal quale scaturì una power unit deficitaria in cavalli che ha inchiodato la Ferrari ad un 2020 orribile.

F1
Power unit Mercedes

Cosa è successo al progetto Mercedes capitanato da Hywel Thomas che ha preso, l’anno scorso, il posto Andy Cowell? In realtà sarebbe più corretto riformulare il quesito: come ha fatto Honda a presentare un motore così efficiente da soverchiare rapporti di forza che fino a tre mesi fa sembravano inscalfibili?

I campioni del mondo in carica sono stati sopresi in due mosse. Il primo colpo è arrivato direttamente nei test di F1 del Bahrain e nel successivo GP. Honda si è presentata con con un’unità motrice nuova, rinverdita in quasi ogni area. Uno sforzo imponente fatto dal costruttore giapponese prima di lasciare la F1 e il proprio reparto powertrains nelle mani di Red Bull che ne ha acquisito gran parte delle competenze. Pare che le risorse ingegneristiche della “Grande H” si siano focalizzate sul nuovo turbocompressore. Sarebbe questo uno dei segreti alla base dell’ascesa di un propulsore che ha fatto progressi notevoli anche sul versante dell’affidabilità.

Negli ultimi tempi – e veniamo alla seconda mossa che ha spiazzato Mercedes – le performance del motore montato su Red Bull e Alpha Tauri hanno subito un evidente e ulteriore impennata. Mercedes, a Baku, ha introdotto il secondo step stagionale del proprio V6. Honda ha fatto la stessa cosa al Paul Ricard. Risultato? In Francia la RB16B ha sciorinato una dominanza netta sui rettilinei rispetto alle Frecce Nere. La differenza è stata netta non tanto sulla velocità di punta, ma sulla progressione che la vettura di Milton Keynes aveva una volta aperto il gas. In Francia la Mercedes, in base a dati da noi sviluppati, ha perso tre decimi nei tratti retti. Mentre a Spielberg due e mezzo. Numeri spaventosi.

Naturalmente l’incremento velocistico potrebbe avere anche ragioni aerodinamiche. In un raffronto visivo le ali posteriori della W12 e della RB16B hanno configurazioni diverse. La Mercedes presenta un alettone più voluminoso, quella della Red Bull è più compatto. Ma ha un angolo di incidenza maggiore determinato dall’assetto rake più alto. In Azerbaijan, per contrastare questa problematica, Hamilton ha usato un’ala più scarica. Ma in quel contesto Red Bull usava ancora la prima specifica di power unit.

E’ in Francia che accade qualcosa di più interessante che possiamo evidenziare grazie a dati in nostro possesso. La Mercedes ripropone un’ala con carico maggiorato. E, contestualmente, Honda, presenta il suo secondo step. Da questo momento è evidente il progresso che si conferma, come mostrato in precedenza, anche in Stiria.

F1

L’aerodinamica ha ovviamente una valenza, ma in Mercedes ritengono che sia anche stato fatto un passo in avanti deciso nelle prestazioni motoristiche. Dati in nostro possesso ci dicono che la power unit nipponica ha guadagnato, in Francia e in Austria, la bellezza di 13,6 CV. Un numero incredibilmente alto che si può desumere da un confronto interno a casa Alpha Tauri.

Yuki Tsunoda ha potuto utilizzare un secondo motore dopo l’incidente avuto a Imola. Ma si trattava ancora di un propulsore di prima specifica. Sulla vettura di Gasly la nuova PU è stata introdotta al Paul Ricard. E si sono notate differenze prestazionali tra le due AT02.

Com’è possibile che in un contesto di congelamento regolamentare Honda abbia fatto questi progressi? Le norme vigenti dicono che i motoristi possono effettuare solo migliorie sul fronte affidabilità. Ed è probabilmente ciò che è successo. Aver incrementato la capacità di durare in una data area ha consentito agli ingegneri nipponici di sbloccare un potenziale che era rimasto nascosto nella specifica uno. Da qua le differenza tra la vettura di Tsunoda e quella di Gasly. Da qua la fuga di Honda nei riguardi di Mercedes che annaspa e che potrebbe portare qualche novità alla sua power unit nonostante Toto Wolff abbia ammesso che tutti gli sforzi sono concentrati al 2022.

Mercedes e Honda, dunque, si stanno sfidando all’ultimo cavallo per imporsi come il dominus tecnico della categoria. Ferrari e Renault appaiono al momento staccate in questa tenzone motoristica. Possiamo osservare, in virtù di nostri calcoli, che il propulsore transalpino paga un gap di circa 25-25 cavalli rispetto agli apripista. Qualcosa che deriva da una scelta ponderata della Losanga che ha dirottato all’anno venuto lo sviluppo di un V6 totalmente nuovo che dovrebbe dare al Alpine quel surplus di vigoria che gli faccia colmare il gap. Ferrari dovrebbe essere ancora più indietro. Il divario rispetto al motore francese è stimabile in circa 5 CV. Maranello, nonostante i progressi sensibili compiuti da un anno all’altro, paga ancora lo scotto della rimodulazione tecnica dopo che la FIA ha accertato che alcune aree non erano propriamente conformi al norme. Anche la Ferrari sta quindi lavorando ad una nuova architettura che permetta l’avvicinamento alla vetta.

F1
Power Unit Honda

In chiusura possiamo confermare con pochi margini d’errore che alla base della rimonta della Red Bull vi sia anche e soprattutto l’ottimo lavoro svolto da Honda sia nella pausa invernale sia nell’approntare la seconda specifica che, parafrasando il famoso spot, ha messo le ali agli anglo-austriaci. Mercedes, ancora in lizza per entrambi i titoli, potrebbe decidere di sbloccare la cavalleria.

Bisogna capire se la cosa potrà avvenire senza che l’affidabilità sia inficiata. Ancora, nella lotta tra i due colossi, si dovrà valutare l’eventuale calo prestazione di Honda dopo che il motore ha macinato più km. Un appiattimento prestazionale potrebbe essere contemplabile. Ecco perché la lotta al titolo non deve già considerarsi chiusa.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: Alessandro Arcari – @berrageiz

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