La storia di Icaro che perì per aver volato troppo vicino al sole è un classico della mitologia greca. Mettiamo Red Bull ad impersonare il figlio di Dedalo e Mercedes AMG F1 a rappresentare il sole e ci troviamo nella situazione che Adrian Newey, capo progettista del team con sede a Milton Keynes, ha fotografato in una recente intervista.
In F1 stiamo assistendo ad una sfida che ha due protagonisti: da un alto Lewis Hamilton che prova a corre verso l’ottavo titolo, dall’altro Max Verstappen persuaso di spezzare l’imperio del britannico. I due piloti sono null’altro che la punta di un iceberg sotto la quale si agita, coperta da acque torbide, una vera e propria guerra. Che non è solo tecnica, ma soprattutto politica. La questione, tornando a Icaro, è molto semplice: chi si avvicina a Mercede si scotta irreversibilmente. Almeno secondo Red Bull.
La scuderia anglo-austriaca, con la collaborazione di Honda che ha sfornato una power unit capace di impensierire quella Mercedes, ha operato, nella pausa invernale, una rimonta poderosa che, per lunghi tratti del campionato in corsa, ha consegnato alla F1 una RB16B più completa rispetto alla nera W12. Nel momento in cui le prestazioni di Verstappen e Perez sono apparse così solide da risultare ineguagliabili, sarebbe partita, secondo l’ex progettista della Williams, una rappresaglia politica atta a tarpare le ali tecniche alla compagine diretta da Chris Horner.
Newey si duole del fatto che le direttive tecniche che hanno in qualche misura toccato la Red Bull si sono intensificate da quando Mercedes ha perso lo scettro del comando.
“Se prendiamo in considerazione la questione dell’ala posteriore flessibile – ha spiegato l’ingegnere – certamente non eravamo l’unica squadra ad avere quel sistema. Quando la Mercedes ha iniziato a fare rumore non era preoccupata per quello che stava facendo l’Alfa Romeo che pure aveva un alettone posteriore che fletteva. I nostri rivali erano solo preoccupati se stavamo godendo di un beneficio. Cosa che, in realtà, non ottenevamo. Riprogettare l’ala ha anche avuto un’implicazione sul fronte economico“.
Parole tuonate dal sito ufficiale del team di F1 che si è fatto cassa di risonanza – e non è la prima volta – in un duello che dalla pista si sta spostando anche ai media.
L’aver rimodulato l’ala in corso d’opera (ricordiamo che la FIA ha dato un mese di tempo ai team per ottemperare ai nuovi sistemi di misurazione della flessione, nda) pare non aver particolarmente messo in crisi la squadra. Ed è lo stesso Newey ad ammetterlo: “È comunque una grande testimonianza della profondità della nostra squadra considerando che possiamo rispondere a questi cambiamenti. Anche se la nostra compagine viene messa in un angolo possiamo uscire combattendo e continuare ad essere competitivi“.
Essere oggetto della altrui attenzioni non è un inedito per Milton Keynes. Un tecnico all’avanguardia quale è Newey ne è conscio: “Il fatto che siamo spasso sotto la lente d’ingrandimento è complimento per la squadra. Essere costantemente osservati è qualcosa che abbiamo già sperimentato prima. Ma – ha aggiunto polemicamente – non riesco a ricordare un momento in cui abbiamo ricevuto lo stesso livello di attenzioni politiche e di lobbying dietro le quinte in F1“.
Quella che sta vivendo Red Bull è una sindrome da accerchiamento o vi è una base di verità? Se osserviamo la storia del motorsport ogni singolo team vincente è sempre stato al centro di voci, chiacchiericci e morbose attenzioni. Ancora, è vero che Mercedes è più attiva di altre squadre nel segnalare agli organi preposti determinate anomalie? Le ultime stagioni svelano un’altra realtà. Che per Red Bull è un sorta di nemesi.
E’ stata proprio Milton Keynes ad attivarsi in maniera piuttosto veemente per chiedere – ed ottenere – chiarificazioni sulla power unit Ferrari del 2019. Ancora, sempre il team di Mateschitz è stato gran protagonista nella guerra al DAS, fiore all’occhiello tecnico di AMG F1. La sensazione è che la memoria di qualcuno in Red Bull sia corta. O che si attivi alla bisogna. Un qualcosa del tutto normale quando si combatte con ogni arma e mezzo per issarsi in vetta alle classifiche.
Il motorsport, prima di essere competizione in pista, è guerra tecnica. Una battaglia, questa, che spesso si vince a monte, imponendo il proprio dominus politico. E qua veniamo ad uno dei fiori all’occhiello del team di Brackley che, negli anni, è stato abile a creare, nella persona di Toto Wolff, una fittissima rete di contatti e di influenze che hanno messo la Stella a Tre Punte al centro del Circus iridato.
Nulla di illegale, niente di scandaloso. Si tratta di avere un approccio d’insieme. Quella visione che consente alla scuderia anglo-tedesca di dettar legge da otto anni. In Mercedes sanno bene quanto la sfera del potere, delle relazioni e della diplomazia siano decisive. “In F1 non esiste solo il lato sportivo, ma anche quello politico e commerciale. Per tale motivazione, con i vertici di Daimler, abbiamo deciso che continuerò ad essere io il team principal. Anche perché è una posizione che mi piace“.
Testo e musica di Toto Wolff da Vienna. Una dichiarazione concisa ma ricca di significati che spiega il modus operandi di una realtà che ha ben compreso che la F1 è un palazzo molto alto le cui fondamenta affondano nella capacità di saper fare politica. E su questo fronte Wolff è il numero uno.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Mercedes