Vettel è un uomo rinato in F1. Lo si nota dall’atteggiamento, dai sorrisi profusi, dai lineamenti più distesi. L’ombra cupa che a volte s’impadroniva del suo viso è ormai solo un ricordo e ha lasciato spazio a una luminosità radiosa, in perfetto accordo con la personalità del tedesco. Otmar Szafnauer, spiegando la ragione che ha spinto Vettel in direzione dell’Aston Martin, ha svelato di recente una loro conversazione in cui il quattro volte campione del mondo ha dichiarato: “ho scelto di venire da voi perché voglio nuovamente divertirmi a correre“. Obiettivo centrato per Sebastian, ora perfettamente a suo agio con la squadra.
Ma lo stesso può dirsi di Aston Martin? Il team è realmente soddisfatto del pilota di Heppenheim? Come al solito non basta una risposta netta, un’affermazione laconica o una titubante espressione da via di mezzo. La F1 ci ha abituati a fornire argomentazioni complesse, che devono necessariamente prescindere da giudizi semplicistici o aprioristici. Troppe le variabili da considerare e relativamente pochi i mezzi per comprendere appieno quanto accade davvero a un pilota mentre si trova dentro e fuori dall’abitacolo.
Di certo le frasi fatte e le interviste preconfezionate non aiutano a sciogliere i dubbi, anzi, piuttosto li alimentano e li fomentano. Specie nel caso di piloti come Vettel, che da sempre hanno fatto discutere. Molti, specie tra gli spettatori più distratti, si chiedono periodicamente se sia ancora tra i migliori.
Vettel, dunque, è tuttora un pilota top di F1?
Partiamo da un presupposto fondamentale: sarebbe inutile e dannoso negare le difficoltà incontrate da Sebastian, specie nel corso del suo ultimo anno da ferrarista. Ma allo stesso tempo sarebbe miope e ingrato non considerare tutte le motivazioni che hanno portato il tedesco a performare ben al di sotto del suo standard. Pressione, insoddisfazione, tensioni interne alla squadra. Tutti fattori che incidono sulla serenità e sul conseguente rendimento di un pilota. Vettel semplicemente si era spento, in quanto demotivato e privato di stimoli adeguati.
Aveva bisogno di un cambiamento, di un taglio netto con il passato, per ritrovare lo smalto perduto e soprattutto per ritrovarsi. Lo ha fatto veramente?Guardando i freddi numeri la metamorfosi parrebbe compiuta solamente a metà. Tuttavia quella stessa classifica, che pare dire tutto o niente, racconterebbe qualcosa di diverso se non mancassero i 18 punti conquistati da Vettel con il magistrale secondo posto in Ungheria. Una squalifica che pesa parecchio, ma che non cancella una prestazione sublime, macchiata solamente da un pit-stop troppo lento e da un’inesorabile sfortuna.
Fattori indipendenti da Sebastian, che avrebbe persino potuto vincere, qualora l’undercut su Ocon avesse funzionato. Andare a podio con l‘Aston Martin, per due volte (ricordiamo la splendida gara di Baku), non è un’impresa facile. Favorita certamente da fattori anomali, ma non per questo da sminuire, proprio perché è da qui che si vede il graffio del campione, la zampata magica, la mossa perfetta in grado di concretizzare ogni opportunità.
Sebastian, in entrambi i casi, ha costruito la sua gara con intelligenza e malizia, doti che accomunano i veterani, ma soprattutto i numeri uno. Qualche voce fuori dal coro fa notare che i veri top driver non sbagliano quasi mai, invece gli ultimi anni di Vettel sono costellati di errori grossolani. Ovviamente non manca chi guarda il dito, ignorando la luna. La questione però ha varie sfaccettature. Il tedesco sbaglia? Assolutamente sì, specie nell’ultimo biennio con la Ferrari, ostaggio di una vettura con la quale proprio non riusciva ad avere feeling.
Ma anche con Aston Martin, come accaduto in Baharain e a Silverstone, dove Seb non ha brillato, rendendosi autore di un paio di svarioni. Ma questo basta per giudicare – e mettere in dubbio – il suo talento? Un pilota, specie nella F1 attuale, deve essere il più possibile completo. Veloce, certamente, ma questo non è il solo requisito. Posto che Vettel non sta sfigurando nei confronti del compagno sul giro secco e che in gara dimostra costantemente di avere una marcia in più, anche grazie all’esperienza, dobbiamo considerare che il valore aggiunto di Sebastian sta altrove.
Il tedesco sa fare la differenza, è in grado di capitalizzare, ma soprattutto di indirizzare la squadra. Specialmente per quanto riguarda il punto di vista tecnico. Le sue osservazioni si rivelano preziose e insostituibili. Citando Szafnauer: “Un ingegnere del team mi ha descritto Sebastian come un tecnico delle prestazioni al volante. Vuole sapere tutto se non di più degli ingegneri che lavorano sulla vettura. Seb vuole conoscere ogni minimo aspetto.”
Preciso, puntiglioso, propositivo. Decisamente un ottimo elemento per una squadra ambiziosa che punta a crescere e ad affermarsi in campionato. Vettel non è certo il pluricampione satollo che intende concludere in maniera paciosa e incolore la propria carriera. Al contrario è alla continua ricerca di nuovi stimoli, di ulteriori traguardi. “Voglio ancora dimostrare a me stesso che posso fare ciò che voglio fare, quello che facevo e nella maniera in cui ne posso essere felice.” Queste sono forse le parole di un pilota sul viale del tramonto? Di un pilota che non sa reggere la pressione? Ai posteri l’ardua sentenza.
Da osservatrice esterna mi limito semplicemente a evidenziare quanto Sebastian appaia motivato, concentrato e determinato. Ha chiuso un lungo capitolo della sua carriera senza rancore e con qualche rimpianto, e ora è pronto a voltare pagina per iniziare a scrivere il suo futuro. Sarà un racconto di getto, ispirato dalla passione e dall’emotività. Sarà presente qualche macchia d’inchiostro, testimonianza di refusi banali. Ma, tra quelle righe, si potranno leggere avventure mozzafiato, narrate con rara intensità. La stessa che spinge Vettel a continuare ad alimentare il suo sogno.
Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco
Foto: Aston Martin Cognizant team F1