Hamilton non è più il Re di Austin, mentre Verstappen accarezza e fa suo il sogno americano in F1. In quella terra sterminata e leggendaria lo scontro si fa acceso. Un incontro a muso duro, piede pesante e cervello agile. Nessun ‘Mezzogiorno di fuoco‘, solo strategia, tattica e coraggio. Max, il ragazzo tutto impeto e azzardo, è ora diventato un senatore. Ragiona come Lauda e agisce come Prost. Lewis invece attacca, grintoso alla Mansell e coriaceo alla Schumacher.
Lo start è battaglia, ma non la resa dei conti; è sfrontatezza e ardore, ma anche cautela e lungimiranza. Lewis è magistrale nel ghermire la preda, intimidendola e relegandola un passo indietro, là dove la scorta di Perez si fa preziosa. Max incassa il colpo con disinvoltura, ma continua a ruggire. Non cede e non demorde, mantiene il contatto con il nemico, gli fa capire che il ko non l’ha stordito. L’inglese prova a scappare, mostrando sicurezza e credendo nei propri mezzi, istinto e mani sul volante.
Non è più il tempo di rispolverare teatrini via radio, di ingaggiare conversazioni per trarre in inganno il nemico. Ora l’assalto alla diligenza è cosa unicamente da pista, un regolamento di conti che si deve svolgere sull’asfalto. Hamilton lo sa e cerca la massima concentrazione, perché la gara è lunga e non si può permettere la minima sbavatura. La sfida è ai massimi livelli: non divampa, ma si evolve giro dopo giro. Si tratta di studiare, di annusare, di interpretare. Lewis prova a costruire il vantaggio, ma non riesce a scappare. La sua Mercedes non fende a dovere l’aria calda del Texas e non riesce del tutto a sporcare quella dell’avversario.
Una freccia spuntata, scagliata verso la vittoria da un arco che sembra aver perso il mordente. Eppure Hamilton non ci sta e tenta in tutti i modi di indirizzarla verso il bersaglio. Ma a volte la volontà non basta, specie quando la squadra perde la bussola, non copre, non risponde, perdendo l’attimo buono e facendo perdere la posizione. Un Gran Premio in cui gli equilibri sembrano sbilanciarsi ora da una parte, ora dall’altra, in cui è necessaria la perfezione per mantenersi sul filo, non permette il minimo indugio. Lewis è funambolico, ma il suo team non lo è altrettanto.
Sbaglia le valutazioni e le prospettive, senza osare, senza rispondere a dovere. Il campione di Stevenage si ritrova così solo a combattere, alla deriva.La strategia perfetta invece è opera di Red Bull e soprattutto del suo capitano, che, con encomiabile freddezza, si permette di suggerire le mosse corrette al proprio box. Verstappen ragiona e capitalizza, guida e istruisce. Il mondiale ha a che fare con una prova di maturità che lui mostra di aver superato passando direttamente alla laurea.
Non c’è più spazio per l’irruenza, ma esclusivamente per il calcolo. Spietato e chirurgico come la sua guida affilata. Hamilton invece si ritrova in balia di scelte sbagliate e di opportunità sprecate. Nonostante questo prova a reagire alla sua maniera, a non darsi per vinto. Lewis ci crede fino alla fine e si mette a caccia, anche se non basta.
C’è qualcosa di epico in questo finale di campionato. C’è la storia di un vincente, le cui doti sono state messe troppe volte in discussione perché adombrate dalla macchina perfetta. C’è la parabola di un ‘predestinato‘, ritenuto da alcuni ancora incompiuto. La verità sta tutta nei loro sguardi, nella tensione dei loro gesti. Sono campioni incommensurabili e lo si evince anche dalla dimensione degli atteggiamenti, dalla loro capacità di ribaltare i pronostici e l’opinione comune. Hamilton e Verstappen vanno oltre le piste, oltre le loro squadre, sempre al di sopra delle loro vetture.
Indipendentemente da chi otterrà lo scettro, entrambi hanno conseguito la più preziosa delle vittorie: quella di regalarci un mondiale memorabile, diventando così parte del mito della F1. Perché, con buona pace dei nostalgici, Lewis e Max si stanno dimostrando eroici alla maniera dei grandi del passato. Diversamente per modi, egualmente per tempra. Figli di tempi meno crudeli, ma non meno esigenti.
F1-Autore: Veronica Vesco – @VeronicagVesco
Foto: Mercedes-AMG PETRONAS F1 Team, Red Bull Racing Honda