La resa dei conti è vicina. Ancora cinque gare, tre in rapidissima sequenza e un back to back mediorientale, per decretare il campione del mondo di F1 2021. In questo generale marasma l’unica certezza è che Lewis Hamilton vede il suo regno assediato e vacillante sotto i colpi di maglio sferrati da Max Verstappen e della sua Red Bull. Una condizione inedita per chi, dal 2017, è stato abituato, anche negli anni in cui se l’è dovuta vedere con una rediviva Ferrari, a chiudere la pratica iridata con un anticipo rassicurante.
Quest’anno non andrà così. La lotta si potrebbe protrarre sino all’ultimo giro del GP conclusivo, come fu nel 2016 quando l’inglese dovette soccombere nella guerra fratricida con Nico Rosberg che l’indomani, in maniera inattesa e clamorosa, disse addio a tutti e appese il casco al chiodo.
Per tutta una serie di ragioni, a partire da quelle tecniche per finire alla distanza di dodici punti nella graduatoria piloti, Max Verstappen è e deve essere considerato il favorito numero uno. Gli indicatori sono chiari e narrano di una Red Bull generalmente più efficace ed adattiva. Una vettura, insomma, che si è lasciata preferire maggiormente nell’arco del mondiale di F1 2021.
In stagione il team di Milton Keynes si è accaparrato nove gare. Mercedes sei. Verstappen ne domina otto contro le cinque del campione del mondo in carica che ha ottenuto tre trionfi nelle prima quattro gare. Il resto del campionato, quindi, ha visto la RB16B imporsi in maniera abbastanza netta. Evidenza confermata da un nastro di cinque vittorie consecutive laddove il team della Stella a Tre Punte si è fermato a due. Che rappresentano non altro che i GP del Portogallo e della Spagna in cui Hamilton si è affermato. Tempi che sembrano lontanissimi per come si è poi dipanato il campionato (leggi l’approfondimento).
Altro dato eloquente è quello relativo ai giri condotti in testa. L’olandese ha comandato per 504 tornate complessive. Tre volte tanto Lewis che si ferma a 154. Insomma, se c’è da discutere su quale sia il progetto più valido, poco si può fare per contestare delle evidenze numeriche piuttosto incontrovertibili.
Questa premessa per arrivare al nocciolo della questione. Nel caso non remoto in cui Hamilton perdesse il titolo, cosa accadrebbe? Quali ripercussioni psicologiche e gestionali l’inglese dovrebbe affrontare dopo anni di dominio indiscusso? Ovviamente ci troviamo nell’alveo delle congetture ma dobbiamo partire dai fatti concreti. Tre sono le side che il britannico deve affrontare: vedersela con un campione del mondo esterno al team, adattarsi ad un contesto normativo originale e far fronte ad un nuovo compagno di squadra assetato di vittorie e affamato di gloria dopo anni di apprendistato in una Williams “decaduta”.
Durante l’era turbo-ibrida, solo in due stagioni il pilota si Stevenage ha dovuto lottare con il pilota altro team per portare a casa l’alloro iridato. Parliamo delle stagioni 2017 e 2018, quando è riuscito ad avere la meglio dopo le prime parti di campionato abbastanza complicate su Sebastian Vettel e sulla Ferrari che si sono smarriti nel momento in cui sembravano poter realmente infastidire gli uomini in grigio. Uscire sconfitto dal duello contro Max metterebbe Lewis in una situazione quasi inedita, che non vive dal lontano 2009 quando si ritrovò a difendere un titolo contro una vettura che sfruttò brillantemente un massiccio cambio regolamentare.
Uno scenario, quello che potrebbe dipanarsi nel 2022, che presenta pochi punti di ancoraggio poiché sposterebbe tutta l’attenzione a cui l’inglese è abituato sulla nascente stella che, anagraficamente, vede intatte le possibilità di aprire un ciclo rilevante. Verstappen è un potenziale pluricampione del mondo, l’ha dimostrato nella sua rapidissima ascesa e nella maniera in cui sta conducendo le operazioni in questo 2021: velocità, visione strategica, massima riduzione degli errori, gestione dello stress. Caratteristiche che solo i grandissimi posseggono.
Non solo. Lewis si ritroverebbe a lavorare in un contesto tecnico del tutto mutato. Una condizione che accomunerà tutti ma che potrebbe essere meglio maneggiata da chi ha meno lune sulle spalle. Tutto può dirsi di Hamilton tranne che sia un pilota poco versatile. Ha attraversato diverse ere tecniche passando dai motori aspirati a quelli turbo ibridi, affrontando la guida con le gomme scanalate per poi tornare a quelle totalmente lisce montate sulle monoposto “a siluro” che hanno caratterizzato i primi Anni Dieci.
Ha cavalcato diverse mutazioni regolamentari uscendone sempre in maniera brillante. Ma ora l’età è sportivamente veneranda. Il prossimo sette gennaio Hamilton sarà trentasettenne. A fine carriera la predisposizione al mutamento è ovviamente meno spiccata. E questo potrebbe rappresentare un problema quando ci si ritrova immersi in una vasca piena zeppa di giovani piranha che vogliono aggredire il vecchio squalo.
E con ciò arriviamo al terzo dei succitati fattori: l’incontro-scontro con George Russell. Dopo anni in cui la Mercedes ha deciso di comporre una line-up tecnicamente squilibrata, con Hamilton a fare da mattatore, è arrivata la promozione del talento di King’s Lynn. Che difficilmente verrà a fare da sparring partner ad un pilota che potrebbe voler concorrere all’ottava corona che quest’anno sta per sfuggire.
Quando si pensa al rapporto tra i due britannici viene in mente quanto recentemente accaduto in Ferrari. Nel 2019 Maranello concede un sedile a Charles Leclerc che fa il salto dal satellite Alfa Romeo. Nelle intenzioni di Mattia Binotto, il monegasco doveva fare da spalla apprendendo da Vettel i segreti del mestiere. Bastarono una manciata di giri per vedere crollare abbastanza miseramente i desiderata del team principal di Losanna che si trovò a gestire una coppia esplosiva che in due anni di coabitazione ha prodotto più di una scintilla portando all’inevitabile decisione di appiedare il tedesco in favore di Carlos Sainz Jr.
Hamilton potrebbe essere travolto dall’onda d’urto come accaduto a Sebastian? Difficile pronosticarlo, ma non impossibile pensarlo. La presenza dell’ex Williams relativizza le certezze sulle quali il campione del mondo in carica ha potuto contare nell’ultimo lustro. Da preda, Lewis deve trasformarsi in cacciatore. Deve puntare sia il nuovo, eventuale, campione del mondo e, contestualmente, deve tenere a bada gli slanci del compagno di squadra che vorrà ben figurare contro il più vincente di sempre. Tutto questo in un quadro tecnico rivoluzionato e in prossimità della fine della carriera sportiva. Una bella gatta da pelare.
A guardare così le cose c’è da stare poco sereni. Hamilton ha un contratto che lo lega a Mercedes ancora per due stagioni complete. Un’eventuale sconfitta potrebbe spingerlo a dire addio prematuramente alla F1? Questa ipotesi, che di tanto in tanto ritorna in una narrazione thrilling, sembra non basarsi su evidenze fattuali. Ritirarsi significherebbe percorrere il sentiero più comodo. E lo sarebbe sia se vincesse o che perdesse il campionato 2021. Si tratterebbe tutto sommato di un pilota sulla cresta dell’onda che mollerebbe con oltre cento vittorie, altrettante pole e il pedigree del più titolato di sempre a pari merito con Michael Schumacher.
Ma è proprio la coabitazione col tedesco di Kerpen che, con ogni probabilità, spingerà Lewis ad insistere ed a trovare ulteriori risorse per sfidare la nuova generazione di piloti arrembanti che non aspettano altro che offrirgli un bel tiro mancino. Dopo il beffardo 2016 abbiamo conosciuto un nuovo Hamilton. Incassare quel duro colpo l’ha fortificato e reso un pilota più completo nella gestione delle gare, dei campionati e dei momenti di stress. Ecco perché, un’eventuale sconfitta potrebbe trasformarsi in carburante per la voglia di imporsi ancora. A 37 anni suonati.
F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Mercedes AMG F1