Le polemiche sulla presunta illegalità della Mercedes AMG F1 non si placano. Mai. Il piano accusatorio messo in piedi dalla Red Bull è davvero ampio e lo scorso fine settimana, in Qatar, ha messo (ancora) nel punto di mira l’ala posteriore delle Frecce Nere, individuata come pezzo forte in grado di inalzare di parecchio le performance delle monoposto tedesche.
Secondo quanto riportano i tecnici capeggiati da Adrian Newey, infatti, rei confessi di operare in maniera analoga sino al Gran Premio di Francia prima che la FIA inasprisse i controlli statici sulle componenti aerodinamiche, le ali posteriori delle W12 spinte dal “peso” della downforce potrebbero ruotare all’indietro favorendo la penetrazione aerodinamica.
Come riportato qualche giorno fa sulle nostre pagine (leggi qui per saperne di più), un informatore interno alla scuderia di Brackley avrebbe spifferato i segreti del team pluricampione nei minimi dettagli. Elemento che ha permesso alla squadra austriaca di creare un dossier completo che ricostruisce, con tutti i particolari del caso, il sedicente meccanismo diabolico.
Il Gran Premio del Qatar è stato dominato da Lewis Hamilton, capace di infliggere un distacco importante in qualifica all’attuale leader del campionato, tenendo facilmente a bada il giovane talento di Hasselt in gara. Tutto questo senza “il motorone” (ICE nuovo montato in Brasile) che fornirebbe un importante incremento di cavalli se paragonato alle unità con un chilometraggio più alto. I sospetti sull’ala posteriore e il supposto enorme vantaggio che sarebbe in grado di creare andando a incidere in maniera strepitosa sul rendimento delle Mercedes ha fatto parlare di se pure durante il week end arabo.
La guerra psicologica non si placa. Ad alimentarla tra i vari protagonisti Red Bull ecco Christian Horner. Il manager britannico non perde occasione per fomentare la sagra della continua allusione. Atti pseudo-incriminatori relativi al rendimento delle monoposto ex grigie agitati con insistenza, basandosi su dati raccolti ed evidenze visive che andrebbero a confermare in toto i sospetti.
Ma quali sarebbero le prove schiaccianti che noi tutti a occhi nudo possiamo facilmente notare con l’ausilio di semplici immagini già presenti da vari Gp? La prova provata consisterebbe nei segni che si possono osservare all’interno dell’endplate posteriore, creati dalla deformazione del mainplaine ad alte velocità che a suo volta produce un’apertura maggiore dell’elemento.
Tale fattore, ovviamente, andrebbe a ridurre il drag e di conseguenza permetterebbe velocità di punta decisamente più elevate. Il trucco consisterebbe nella differente densità della struttura di carbonio, più bassa nella parte centrale e quindi in grado di creare un movimento flettente sugli esterni della specifica.
Se a livello fisico-teorico tale considerazione può essere senza dubbio annoverata tra le possibili spiegazioni di tale comportamento ipotetico, è pur si vero che la FIA non sembra aver trovato prove a carico in tal senso. Almeno negli esami statici realizzati nei consueti test che si svolgono durante un normale fine settimana di gara.
Inoltre, va poi da attenzionato un aspetto essenziale per sostenere una teoria del genere. Parliamo degli slot divisori, incaricati di mantenere la corretta spaziatura tra il main plane e il flap superiore. Utili a garantire una costanza nella misura relativa all’apertura dell’ala per evitare che i tecnici possano sfruttare a loro piacimento la deformazione della struttura sotto l’azione del flusso d’aria.
Mercedes sembra molto tranquilla sotto questo aspetto. Lo dimostra l’atteggiamento mantenuto dagli uomini di Brackley in Qatar, presentandosi con la medesima specifica “incriminata” negli scorsi round del mondiale 2021.
Stillare percentuali di guadagno aerodinamico in Km/h considerando livelli di carico, vetture e layout differenti risulta un esercizio quanto meno cervellotico, anche per chi come gli ingegneri di F1 lo fanno di lavoro. Senza contare altri elementi cruciali come l’utilizzo delle mescole.
Ecco perché trarre conclusioni sulle performance prodotte definendo causa ed effetto dell’ala posteriore di un’altra vettura basandosi su dati telemetrici, evidenze fotografiche e feed video sembra alquanto complicato. Questo anche se di nome fai Red Bull. Un “determinismo” assai difficile da condividere malgrado le prove che, a quanto pare, nonostante ci siano tutte, chissà perché non vengono utilizzate per inchiodare un comportamento ipotizzato irregolare a più riprese.
Benché nelle consuete dichiarazioni del dopo Gp Horner è parso soddisfatto per il lavoro svolto dalla FIA relatico ai controlli effettuati, capaci secondo l’inglese di ridurre in qualche modo il delta di velocità tra i due team rispetto al Brasile (clicca qui per saperne di più), il dominio Mercedes rispetto a Interlagos è addirittura salito. E non di poco.
Per concludere questa brave analisi, la sensazione che sotto questo punto di vista la partita non sia affatto terminata è ben presente. Sono ancora due le prove del mondiale di F1 2021, dove oltre la competitività espressa in pista le armi psicologiche, con ogni probabilità, saranno parte integrante dello scenario.
F1-Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Foto: Nicolas Carpentier – Mercedes AMG F1 Team
Quelli non sono segni di sfregamento…