Il Gp del Brasile di F1 2021 verrà ricordato molto a lungo. Come nella più classica trama thriller non è mancato nulla: penalità, sostituzioni di motori, rimonte furiose, polemiche, duelli ai limiti del consentito. Tutto mescolato e servito con un epilogo affatto scontato. Alla fine l’ha spuntata Lewis Hamilton che tiene ancora aperto il campionato di F1 in forza di un distacco non incolmabile che lo separa dal rivale Max Verstappen.
Anche a San Paolo si è confermato il trend stagionale che vuole pronostici abbastanza chiari dissolversi come neve al sole. Interlagos doveva essere un tracciato amico della RB16B. Vuoi per l’altitudine, vuoi per il caldo, vuoi per la conformazione del secondo settore, “la figlia” di Adrian Newey doveva maritarsi con i 4039 metri d’asfalto paulista. Il banchetto delle nozze era apparecchiato. Ma gli uomini della Mercedes hanno giocato il ruolo dei guastafeste mostrando una forma smagliante che sa di inedito in una stagione nata e sviluppatasi sotto l’egida della stabilità pressoché totale.
Come ha fatto la W12, lato Hamilton, a sembrare così dominante? Qual è stato quell’elemento – o quegli elementi – che hanno permesso al britannico di recuperare 15 posizioni nel breve volgere di 24 giri di Sprint Qualifying e di passare dalla decima alla prima piazza durante le operazioni domenicali?
Si fa un gran parlare della sospensione posteriore della Freccia Nera che è in grado, col suo movimento, di far stallare il diffusore generando velocità di punta strabilianti (leggi qui l’approfondimento). Altri hanno sottolineato, a maggior ragione dopo la squalifica dalla gara veloce, che il “trucco” sta nell’alettone posteriore. Inutile negare che l’aerodinamica ha un effetto sensibilissimo sul drag totale della monoposto. Ma le performance sciorinate in Brasile, con ogni probabilità, sono dipese dalla power unit concepita, costruita ed assemblata in quel di Brackley.
Hamilton, dopo problemi non meglio specificati alla pompa dell’acqua avuti in Messico, ha montato una nuova unità endotermica. La quinta in stagione. Un elemento che ha permesso al campione del mondo in carica di poter contare su potenza suppletiva che arriva dalla possibilità di spremere un ICE che deve durare quattro gare e non le canoniche sette-otto.
Proprio sulla durata dei propulsori possiamo osservare una differenza di approccio tra Red Bull e Mercedes. Questi ultimi, apparsi tecnicamente in affanno, hanno deciso di sparigliare le carte e di comportarsi in maniera aggressiva accettando penalità in griglia compensate dalla possibilità di poter mostrare i muscoli. Ossa di scatenare la cavalleria pesante.
Quello della Red Bull è e resta un ottimo telaio. Probabilmente il migliore del lotto. Adattivo, capace di gestire al meglio gli pneumatici, cucito come un abito sartoriale sulle caratteristiche di pilotaggio di Max Verstappen. Il T2 di Interlagos è la fotografia dell’efficacia della vettura anglo-austriaca. Dov’è che la macchina ha sofferto rispetto alla rivale al titolo? Nei tratti cosiddetti “full gas”.
Mercedes ha adottato un cambio di passo. Un azzardo calcolato che determina penalità che, nelle intenzioni dei motoristi, possono essere “vinte” dai benefici offerti dalla maggior potenza che consente, fattore di non poco conto, di adottare profili alari più pronunciati a tutto vantaggio della downforce. Lo stratagemma del reparto powertrains della Stella a Tre Punte paga? In Brasile lo ha fatto. Bisogna capire se lo stesso accadrà da qui a fine anno.
Sostanzialmente le strade percorribili sono due. E ognuno dei pretendenti all’iride sta andando su un sentiero non sovrapponibile all’altro. Red Bull ha scelto, per il momento, di puntare sulla conservazione. Usare meno motori possibile, gestirli nel chilometraggio e nel dosaggio di potenza per portarli a fine campionato. Il che significa fare otto gare. Che sarebbe un record stagionale poiché nessuno dei 20 piloti in griglia ha usato un solo propulsore per più di sette appuntamenti.
A questo modello basato sulla parsimonia si oppone il paradigma Mercedes votato alla spregiudicatezza sul fronte potenza a scapito dell’affidabilità. Lo stesso Toto Wolff, che è sembrato stranamente sincero e quanto mai irato nella trasferta paulista, ha sottolineato che l’internal combustion engine, dopo una certa quantità di kilometri, vede scadere le proprie prestazioni. A causa di questa caratteristica endemica del V6 turbo-ibrido anglo-tedesco si stabilisce di sostituirlo con maggiore frequenza per poter contare su parametri e settaggi più spinti.
Bisogna fare una precisazione. Il motore Mercedes avrebbe la potenzialità di durare di più offrendo performance di lungo periodo comunque accettabili. Ma che non sarebbero, ovviamente, quelle mostrate l’altro ieri e sabato. Per mostrare i muscoli l’ICE non può essere stressato per troppe gare pena il rischio affidabilità. I livelli di prestazione offerti in Brasile dovrebbero perdurare, con ragionevolezza, per tutte e tre le gare che restano per completare il mondiale di F1 2021. Anche perché i turni di libere vengono affrontati con unità di potenza più datate.
La situazione che affronta Max Verstappen è diversa. Il secondo sentiero di cui facevamo menzione poc’anzi porta Red Bull a dover essere più cauta nel management del propulsore Honda. L’olandese ha montato, andando in penalità, la nuova power unit in Russia. Con questa ha completato già cinque gare. E altre tre ne dovrebbe disputare.
Questa condizione, stante la politica impetuosa della Mercedes, potrebbe costringere Milton Keynes e la “Grande H” a rivedere il piano strategico. La domanda è semplice: copiare la tattica dei rivali accettando una penalità in griglia o andare avanti centellinando un motore affaticato che potrebbe incorrere in problemi di affidabilità?
In questo ultimo caso sono due le problematiche che potrebbero palesarsi: la prima, come detto, è il rischio rottura. Un motore con più km sul groppone è normalmente più esposto a défaillance. In secondo luogo bisogna contemplare il lento e inesorabile calo di prestazioni che solo gli uomini di Toyoharu Tanabe possono quantificare. Ed a loro che in Red Bull stanno guardando per prendere una decisione delicatissima, dalla quale potrebbero dipendere le sorti della stagione che fino a sabato mattina sembrava saldamente nelle mani di Verstappen.
Più si andrà avanti, quindi, più la Red Bull n°33 rischia di sottoperformare. Ecco che il cambio di unità propulsiva inizia ad essere contemplato dalle parti di Milton Keynes dove temono i mostruosi livelli di potenza deliberati dalla controparte che non ne vuol sapere di abdicare. L’ansia in Red Bull è evidente e mal celata. Ed è normale che sia così perché la mossa della Mercedes è stata letteralmente spiazzante.
E’ AMG ad aver in mano il pallino del gioco perché ha una power unit fresca e più sfruttabile ad alte potenze. Tra l’altro il prossimo GP del Qatar potrebbe venire nuovamente in soccorso di chi ha cavalli da spendere perché dovrebbe essere il classico tracciato “di motore”. Stessa condizione che dovrebbe presentarsi in Arabia Saudita. Insomma, le piste inedite che si affronteranno nelle prossine due settimane potrebbero ulteriormente confermare la bontà della scelta operata dalla Mercedes che è sembrata, dopo una serie di decisioni strategiche poco efficaci, più lungimirante della Red Bull.
“I Tori” potrebbero quindi accodarsi a Brackley. Ma quando, nel caso, effettuare lo switch? Le possibilità sono poche. Nelle prossime due sfide c’è l’incognita rappresentata da tracciati nuovi per la F1. A Yas Marina, ultimo appuntamento del 2021, pare impossibile. Sia per la conformazione della pista refrattaria ai sorpassi sia perché servirebbe un margine di sicurezza in punti su Hamilton tanto grande quanto impronosticabile al momento.
Ecco perché proprio Losail potrebbe essere il teatro per la sostituzione. E poi, in caso di cambio, cosa montare? Solo l’endotermico – limitando l’arretramento in griglia – o anche le altre componenti, accasandosi nell’ultima, scomodissima, piazzola?
Il campionato, or dunque, si gioca anche e soprattutto su queste minuzie. E sembra che Mercedes abbia sfruttato meglio le sue carte. La power unit fresca sta dunque facendo una differenza sostanziale. La sensazione è che il delta si sia allargato non solo per la capacità di adoperare mappature più aggressive da parte di AMG, ma anche e soprattutto perché il V6 Honda è in una modalità molto controllata. Evidenza che si rende necessaria per arrivare indenne a fine stagione.
Naturalmente, in virtù dei 14 punti di vantaggio, l’ago della bilancia del mondiale pende ancora in favore di Verstappen che si sta dimostrando un passista nato. A guardare gli score stagionali dell’olandese ci avvediamo che non ha marcato terzi posti. Quando è arrivato nei punti, ad eccezione del GP d’Ungheria corso con una macchina pesantemente danneggiata, arriva o primo o secondo. Un qualcosa che fa essere Red Bull ancora fiduciosa sebbene, inutile negarlo, qualche campanello d’allarme è risuonato dopo il Gp del Brasile.
La strategia Mercedes appare quindi essere vincente. Ma va valutata nel suo complesso. Quanto dura la verve del nuovo ICE? E soprattutto, l’uso reiterato e continuato di mappature così spinte potrà generare qualche grattacapo sulla sponda dell’affidabilità? E’ questo il vero timore che serpeggia nel reparto powertrains di Brixworth. E’ questa, di converso, la speranza cui si appiglia Red Bull. Uno zero in classifica sarebbe una mazzata ciclopica dalla quale è impossibile riprendersi. A tre gare dal termine il mondiale è accesissimo e la sfida tecnica, stavolta più che mai, potrebbe giocare un ruolo decisivo nell’assegnazione del titolo.
F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: Mercedes AMG F1, Red Bull Racing
Sa vostra analisi dimentica un fatto fondamentale: la Sprint Race l’ha vinta Bottas, che NON aveva la sedicente super unità ICE di Hamilton…
Il pezzo si focalizza sul duello al vertice. Ancora, nella SQ Bottas non ha affatto mostrato la superiorità che la vettura n°44 ha sciorinato sia al sabato che alla domenica.