Se in F1 “il secondo è il primo dei perdenti” (copyright di Enzo Ferrari), il terzo non vale nulla (copyright del sottoscritto). Ok, va bene, comprendo le critiche a questa estrema semplificazione: intanto non è proprio così, essere terzi porta comunque soldi in cassa della FOM e per l’immagine della Scuderia è certamente migliore che arrivare quarti, quinti, sesti etc etc nella classifica finale del campionato costruttori.
Ribatto che la Ferrari ha nel suo DNA il tentativo di vincere sempre. Arrivare terzi, obiettivo che tra l’altro il TP Egon Spengler aveva annunciato a febbraio come target stagionale, non sembra propriamente un grandissimo obiettivo. Mettiamo assieme un pò di numeri.
Nel 2021 per il campionato piloti, quello che dà maggior lustro in assoluto (difatti il mondiale piloti di formula uno è nato molto prima di quello costruttori), la felice “scoperta” di Carlos Sainz (pilota voluto fortemente da Egon Spengler e dimostratosi scelta azzeccatissima), piazzatosi quinto, subito dietro i piloti dei due team che hanno dominato il mondiale (Red Bull e Mercedes), mentre un Leclerc altalenante è settimo.
Due pole position (Leclerc: Monaco e Azerbaigian). Nessuna vittoria. Due secondi posti, tre terzi posti e via via a scendere. La Ferrari non vince un gran premio dal 2019. A tagliare il traguardo da vincitore fu Sebastian Vettel a Singapore con la SF90.
Il digiuno di vittorie è di due campionati mondiali tondi tondi e qualche spezzone, 17 gran premi nel 2020 (causa pandemia), 22 nel 2021, da Singapore 2019 6 gran premi per un totale di 45 gran premi senza avere una Ferrari prima sotto la bandiera a scacchi.
Ci sono stati digiuni “temporali” più lunghi. Quello più recente: dal 1990 (Prost, Gran premio di Spagna) sino al 1994 (Berger, Gran premio di Germania) per un totale però di ben 58 gare (in quegli anni i mondiali avevano 16 gare in calendario).
Che Ferrari è la SF21? Una Ferrari mediocre. Quella del cinque o, per essere un pochino di più larga manica, del cinque e mezzo. Non della sufficienza. E’ mancato almeno un acuto, spesso per demeriti del team, incapace di cogliere al volo occasioni potenzialmente propizie (vedi Alpine).
Ci sono anche qui attenuanti: il progetto SF21 è un progetto che eredita, visti i limiti stringenti posti dalla Federazione per il mondiale 2021 e accettati da tutti i team, i problemi cronici dello sfortunato progetto SF1000 (una delle peggiori Ferrari della storia) con una PU migliore rispetto alla precedente (difatti quasi completamente riprogettata) ma lontana parente dei propulsori che hanno equipaggiato le rosse dal 2017 al 2019 (quasi al top).
Non potremo mai sapere, non potendo avere la prova “sperimentale”, se la SF1000 con la power unit evoluta del 2019 sarebbe stata una monoposto competitiva o migliore. Possiamo solo ragionevolmente ipotizzarlo.
Abbiamo già parlato del discusso e blindato accordo fra Ferrari e FIA che ha fatto buttare nel cestino il motore della SF90 e quindi è facile spiegare il passo del gambero nella cavalleria, ma questo non solo non lenisce la frustrazione di molti ferraristi (compreso il sottoscritto), semmai la acuisce. Dato per scontato che quell’accordo segreto è più segreto dei codici delle armi nucleari statunitensi (quanto manca il giornalismo investigativo stile USA…), suppongo si possa argomentare con una certa ragione che una Ferrari molto forte politicamente non avrebbe raggiunto un tale accordo.
Nel senso che sarebbe andata allo scontro con la Federazione (che aveva dubbi sulla regolarità della PU Ferrari ma non è mai riuscita a dimostrarli) conscia che non avrebbe avuto danni, perché avrebbe avuto un forte potere contrattuale. Cosa che, evidentemente, non è stata e non è.
In effetti la Ferrari di Egon Spengler è una Ferrari prona alla FIA e pure alla FOM in versione yankee capitanata da Domenicali. Una comoda valletta, più realista del re, una cenerentola che però non diventa principessa, come invece accade nelle favole. Manca il lieto fine.
In sostanza, se dovessimo stilare una sorta di classifica a obiettivi (naturalmente del tutto opinabile), potremmo dire che la Ferrari si è mostrata molto carente come team a livello politico, carente a livello aerodinamico e telaistico (con le attenuanti di cui s’è detto) seppure decisamente migliore rispetto al 2020, ancora carente ma migliorata per quel che riguarda la PU, ancora confusionaria per quel che riguarda le strategie al muretto e con qualche problema ai pit stop nella prima parte del mondiale, poi risolti (pare brillantemente) nelle ultime gare.
Ora arriva il 2022. Un cambio davvero epocale. Un grande reset, a parte le PU. Sappiamo benissimo che le aspettative sono altissime in Ferrari. E sappiamo che il cambio regolamentare spariglia le carte. Tuttavia vorrei ricordare che gli ultimi grandi cicli regolamentari hanno visto la Rossa cannare clamorosamente (se si eccettua il parziale cambiamento avvenuto nel 2017).
Ecco, diciamo che noi ferraristi di antico pelo (ormai) sappiamo che contano solo i fatti, non i proclami. E, quindi, attendiamo con una malcelata ansia la prima gara del 2022. Poi, certo, come ci ricorda Foscolo nei “Sepolcri”, la speranza è l’ultima dea, cioè è l’ultima a morire. Dunque, speriamo moderatamente e con una abbondante dose di realismo, cercando di non disperarci (troppo) prima.
F1-Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Foto: Scuderia Ferrari