Una sessione di qualifica senza grigi quella disputata dalla Ferrari nel GP dell’Arabia Saudita di F1. Ad un Charles Leclerc sontuoso che si prende la seconda fila dopo qualche incertezza palesata durante i turni di libere, fa da contraltare il risultato di Carlos Sainz che sarà relegato in quindicesima piazza a seguito dell’episodio che l’ha visto coinvolto in Q2, a Curva 11.
Ed è proprio su quel momento che andiamo a focalizzarci. La questione è semplice: era davvero opportuno rimandare in pista una vettura che mostrava un evidente danno all’endplate destro dell’alettone posteriore? Valutando l’evento a posteriori la risposta è scontata ed è negativa. Ma c’è evidentemente stata una catena decisionale che ha spinto gli uomini di Maranello ad operare questa scelta.
“Il fatto che si fosse danneggiata una parte non strutturale della monoposto ci ha consentito di mandare nuovamente il pilota in pista. La macchina era completamente sicura da questo punto di vista. Il problema è che abbiamo perso prestazione e per lui è stato impossibile migliorare“.
Così si è espresso Laurent Mekies, direttore sportivo della Scuderia Ferrari (per le dichiarazioni complete leggi qui) che ha giustificato una scelta che a molti è parsa azzardata e che poteva produrre effetti ben più gravi su una pista che presenta via di fughe pressoché inesistenti in un contesto velocistico quasi senza eguali nel resto del calendario.
Carlos Sainz si è sintonizzato sulla medesima lunghezza d’onda dell’ingegnere francese nell’affermare che la Ferrari ha sostanzialmente provato un azzardo senza avere le prove che potesse pienamente funzionare: “Durante il weekend – ha spiegato l’ex McLaren – non avevo mai vissuto qualcosa di simile in Curva 11. Non mi aspettavo di perdere il controllo della vettura in questo modo. Sono riuscito a controllare il testacoda, purtroppo però ho toccato il muro con l’endplate dell’ala posteriore quel tanto che basta da piegarlo. Credevo di aver superato la curva incolume, ma poi guardando negli specchietti ho notato il danno”.
“Sono seguiti dei momenti di concitazione, poi ho provato a fare un altro giro con l’ala danneggiata. Fino alla curva 11, il ritmo c’era, ma poi sottoposta ai carichi dati dall’alta velocità che si raggiungono in quella curva, l’ala si è mossa e ho capito di non avere più il totale controllo della vettura. Anche alla 13 ho vissuto un momento critico“.
Riavvolgiamo il nastro e osserviamo come sono andate le cose dalla visuale della Ferrari n° 55. Nel suo attacco alla prestazione, Sainz offre ottimi riscontri nel T1. La guida è pulita ed efficace e nulla lascia presagire al fatale sovrasterzo che coglie di sorpresa il madrileno.
Quando la ruota anteriore sinistra tocca il cordolo interno, di colpo, arriva la reazione della vettura che si scopone e si mette di traverso senza dare al pilota la possibilità di abbozzare un controllo efficace.
Nella circostanza Sainz pare addirittura fortunato poiché riesce ad evitare danni ben più gravi alla sua SF21 che se la cava con “un bacio” alla protezione bianca posizionata a bordo pista. Un contatto non pesantissimo che determina comunque la rottura parziale dell’endplate come testimonia la foto successiva:
Nel giro di rientro si fa il punto della situazione e Sainz rassicura sul fatto che la monoposto non abbia danni di sorta. Ai box viene effettuato un rapido controllo che esclude problemi strutturali e quindi si decide di rimandare il driver in pista. Ma il successivo conciliabolo tra lo spagnolo e il suo ingegnere di pista svela che l’indagine non è stata poi così approfondita.
Riccardo Adami, nel giro di uscita dalla pit lane, conferma che c’è un danno all’ala posteriore che più tardi viene calcolato con perdita del 2% sul carico totale dell’auto. Oltre l’out lap lo spagnolo effettua un ulteriore passaggio (prep. lap) per portare in temperatura lo pneumatico durante la quale spinge nella zona dove precedentemente aveva perso la monoposto. Non è al massimo della performance la numero 55 sembra reagire in maniera neutrale, elemento che di fatto produce l’ok al “push” per provare la prestazione.
Sainz monta ancora una volta gomme medie, persuaso del fatto di riuscire a passare la tagliola del Q2 con tale mescola. Ma, ancora a Curva 11, si verifica l’ennesima sbandata di una SF21 che perde carico aerodinamico proprio a causa del danno evidente all’endplate destro. Come successo in precedenza è il passaggio sul cordolo interno ad avviare il processo che porta l’auto a scomporsi irrimediabilmente.
Il giro è ormai compromesso ma Sainz prova a tenere giù il piede per marcare un crono all’altezza e conquistare un posto nella Q2. In Curva 13 la vettura si scompone ancora e scarta verso destra. Il pilota di Madrid si apre in radio e fa sapere che la macchina è inguidabile. Il tentativo di raddrizzare un pomeriggio nefasto non va a buon fine e all’iberico non resta che prendere la via dei box accontentandosi di un mesto quindicesimo posto che, a posteriori, non è certo un risultato benevolo.
I tempi ristretti non hanno permesso ai tecnici Ferrari di smontare l’alettone posteriore per installarne uno nuovo. Si è quindi deciso di procedere a tentoni, affidandosi più al fato che all’evidenza tecnica. La non integrità di un particolare aerodinamico così importante ha determinato una sensibile perdita di downforce che si è manifestata in una curva dal raggio non troppo ampio e che aveva messo in difficoltà lo spagnolo anche in condizioni di perfetta efficienza del mezzo.
Vero è che quelli della qualifica sono momenti concitati, ma un’attenzione maggiore sul caso era senza dubbio necessaria. Specie su una pista dove ogni piccolo errore si paga a caro prezzo. Tuttavia restano alcuni quesiti che in automatico vanno attenzionati. L’esperienza pluriennale di un reparto tecnico non poteva prevedere che un endplate ballerino “schiacciato” dalla forza aerodinamica avrebbe reagito in questa maniera inficiando negativamente sul comportamento della vettura? Un danno del genere, voluminoso e fruibile ad occhio nudo da qualsivoglia tifoso, con quale metro di giudizio è stato giudicato “sicuro” e sopratutto non inficiante sul bilanciamento della SF21?
Domande alle quali difficilmente si trovano risposte logiche malgrado le “pseudo giustificazioni” di Mekies peraltro prontamente smentite dallo stesso protagonista che al volante ha vissuto tale situazione. Ancora una volta raccontiamo un scenario annebbiato, confuso da un giudizio rapido e “pressappochista” che, sino a prova contraria, avrebbe anche potuto produrre un contesto privo di sicurezza difficile da giustificare a posteriori se le cose fossero in maniera diversa.
Sainz si trova ora a dover operare una rimonta difficile in una gara che potrebbe offrire molte incognite ma anche diverse possibilità di vedere in azione la safety car. La strategia sarà pertanto fondamentale. Altri errori di valutazione non saranno ammissibili.
F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1TV, Ferrari