F1 – Cinque settimane dopo l’epilogo del controverso GP di Abu Dhabi nel quale Max Verstappen si è laureato campione del mondo i dibattiti non accennano a placarsi. In questi oltre trenta giorni abbiamo esposto più volte il punto di vista dei vincitori (Red Bull), degli sconfitti (Mercedes) e di chi le regole le fa, le mette in esecuzione e ne verifica l’aderenza procedurale (FIA).
Avremmo anche voluto disquisire sulle opinioni di Lewis Hamilton ma il campione del mondo si è rintanato in una quiete da eremita. Da qui congetture su cosa sta accadendo nella testa del vicecampione del mondo. Ma anche analisi più o meno sensate su quali saranno i provvedimenti che la Federazione Internazionale, con due diversi documenti ufficiali, ha annunciato di voler emanare da qui all’inizio del campionato di F1 2022.
Meno abbiamo parlato delle reazione delle altre scuderie a tutto ciò che è successo nel finale di stagione, circa le guerra di posizione che Mercedes e l’ente guidato da Mohammed Bin Sulayem stanno combattendo. Non molti team principal sono voluti entrare nel merito. Forse per opportunità, forse per tornaconto personale. Forse semplicemente per attendere il corso degli eventi e capire se la montagna partorirà il topolino o si sgretolerà in seguito ad un assestamento tellurico.
Per qualcuno la misura è colma. L’interlocuzione pregressa e attuale tra le parti si sta facendo troppo imponente per essere ancora tollerata. Zak Brown, CEO di McLaren, ha inteso stigmatizzare queste trattative che ormai sono in corso da troppo tempo e che, alla lunga, producono effetti negativi per l’intera F1. Ne ha per tutti il dirigente. Per la FIA e per i suoi colleghi manager di scuderia.
L’ex pilota statunitense, dal sito della compagine di Woking, ha riferito che la F1 deve incolpare se stessa per il pasticcio in cui si trova attualmente. Evidentemente il riferimento è all’indagine della FIA sugli eventi di Yas Marina. Brown chiede politiche di maggior polso a chi detiene il potere poiché ritiene che le squadre, attualmente, esercitino troppe pressioni. Ed è un atteggiamento che deve terminare poiché ritenuto indebito.
Secondo il plenipotenziario della McLaren, in F1 c’è una deriva da arginare ed è rappresentata dal troppo potere concesso ad alcune scuderie. L’incoerenza nel controllo dei regolamenti, una colpa da ascrivere solo ed esclusivamente alla FIA, è stata abitualmente sfruttata da certi comparti per un proprio tornaconto. E la cosa, ovviamente, ha creato un contesto di sperequazione prestazionale che non consente a tutti le medesime possibilità di correre per le zone alte della classifica.
Il potere dei taluni team andrebbe ridotto fino all’annullamento, secondo Brown. Questo perché sono gli stessi costruttori che hanno un ruolo significativo sia nella stesura dei regolamenti che nella governance della categoria. Ecco perché un’influenza fuori controllo non è la cosa migliore per la “pulizia” dello sport. E’ ovvio che le squadre debbano essere consultate in un’ottica di considerazione delle singole istanze. Specie se parliamo di visione strategiche di lungo periodo.
Ma a volte è sembrato che la disciplina sia governata da determinati gruppi proprio perché a questi è stata data la possibilità di sovrasollecitare gli organi deputati a prendere decisioni. Il mercanteggiare tra Horner, Wolff e Masi visto ad Abu Dhabi è un fulgido esempio di questa deriva. Così come lo è quello osservato a Spa Francorchamps con piloti che pretendevano, come poi è accaduto, che si registrasse un evento disputando tre giri fasulli dietro safety car. Tutto per guadagnare qualche comodo punto che a fine ha ha pesato come un macigno.
Quindi la McLaren mette in stato d’accusa un sistema che pone al centro dello stesso i team ai quali è stato permesso di arrivare ad un posizione dominante sebbene le regole inziali non prevedessero tutto ciò. Sono i manager ad aver fatto pressione per evitare a tutti i costi di finire le gare con una safety car. Gli stessi attori che si sono lamentati delle scelte fatte e che contestano regolamenti da essi stessi voluti.
Un contesto in cui latita chi deve imporre la sua autorità. Ossia la FIA. La F1 intera non ci esce con una buona immagine. Brown ha parlato della categoria come di una “pantomima” piuttosto che del vertice del motorsport globale. Parole dure alle quali devono seguire fatti concreti perché potrebbero, esse stesse, essere state proferite per influenzare chi sta pensando di riscrivere norme e procedure che definiscano meglio i margini operativi del direttore di gara.
Il desiderio del dirigente statunitense è che la FIA mostri i muscoli e dimostri maggiore capacità di comando, sottraendo alle squadre un potere autoconferitosi. Chi traina il motorsport deve avere la forza di assumersi delle responsabilità. Invece, negli ultimi tempi, la guida della F1 è sembrata essere latitante o intermittente: momenti di interventismo smodato e fuori controllo alternati con fasi in cui non si percepiva la presenza di un timoniere. La classe regina deve trovare un equilibrio. Ne va della sua credibilità.
F1-Autore: Diego Catalano– @diegocat1977
Foto: Mercedes AMG F1, F1TV, Ferrari, McLaren