La F1 del 2022 si preannuncia talmente rivoluzionaria che si è messa in testa di stravolgere anche il semplice concetto di test invernali. E’ arcinoto che quest’anno avremo una doppia seduta di attività: la prima a Barcellona – che ritorna dopo un anno di stop – dal 23 a l 25 febbraio; la seconda in terra barenita dal 10 al 12 marzo, una settimana prima dell’avvio ufficiale della stagione.
Dov’è la novità? Oggi la F1, dai suoi canali social, ha confermato le date che erano note da mesi. Nel farlo ha specificato una differenza tra le due sessioni. Quella catalana è considerata una normale tornata “pre-season”. Nulla di nuovo se non che la tre giorni del Bahrain è definita come “sessione pre-stagionale ufficiale“. Che il mal di testa possa esplodere potente.
Cosa vuol dire ciò? Perché questa differenza? Le prove invernali spagnole sono meno dignitose delle altre? Ciò che viene testato a Barcellona verrà buttato nel bidone dell’indifferenziato? Si potranno provare solo alcune cose ed altre no? Nulla di tutto questo. Al Montmelò si effettueranno test come gli altri. L’unica discriminante sarà il buio totale.
No, calmi, non fraintendete: non si correrà di notte, lo si farà sempre con i favori della luce del sole. Per buio intendo che sarà quasi tutto nascosto, coperto, secretato. La F1 che si trasforma in massoneria deviata per celarsi ai suoi tifosi e addirittura alla stampa.
Non esagero. Le TV saranno estromesse. Le testate non riceveranno gli accrediti come si usa fare al solito ma saranno centellinate in numero come l’acqua nella borraccia di un viandante nel deserto. Finita qua? nemmeno per sogno. Non ci sarà la classica copertura live sul sito istituzionale. Non avremo i tempi in diretta in parole semplici. Ci dovremo accontentare di un lista dei crono che verrà pubblicata solo a fine giornata. Qualche foto rubacchiata qua e là sfuggirà di certo al controllo carcerario della FIA, ma sarà poco a fronte della curiosità che tutti noi stiamo coltivando quando ci accingiamo ad entrare nella “Formula futuro”.
In prima battuta si era detto che limitazioni spagnole, che non si preannunciavano così massicce ed escludenti, potessero dipendere dalla quarta ondata di una pandemia di Covid che affligge il mondo da ormai due anni. Dopo giorni di speculazioni è emersa la vera motivazione per cui Barcellona diventerà Alcatraz: Liberty Media, pur non confermandolo in un nessuna nota ufficiale, ha ceduto alle richieste del Paese guidato dalla famiglia Āl Khalīfa che ha preteso che la seconda tornata di prove sia totalmente aperta.
Dunque, sul circuito Sakhir di Manama, osserveremo una bella e lauta cornice di pubblico. Ci saranno tutti i media schierati con microfoni, telecamere e fotocamere indiscrete e ci sarà addirittura il live timing sul sito ufficiale. Calma: gli organizzatori mediorientali non sono così magnanimi come sembra. Sono loro che hanno imposto che i test di Barcellona siano praticamente criptati. E Liberty Media ha acconsentito. Per soldi.
Questa manovra, l’ennesima dopo altre decisioni controverse prese l’anno scorso e prima ancora, non fa bene alla categoria. La F1 sta diventando un microcosmo protetto da solide mura che non lasciano filtrare la luce e che non offrono all’osservatore la facoltà di vedere e comprendere come il meccanismo funziona al suo interno.
La serie sta arroccandosi su se stessa, pretende di “lucchettarsi” in un discutibile silenzio che contribuisce ad alzare una cortina fumosa che rende meno scrutabile l’oggetto della nostra passione. La verità è che la F1 sta diventando meno limpida e, di conseguenza, più autoritaria.
Tifosi, addetti ai lavori e professionisti che nel carrozzone operano dovrebbero poter comprendere quali siano i processi decisionali ed operativi dell’amministrazione del motorsport. E dovrebbero poter constatare con i proprio occhi cosa avviene in pista. Anche e soprattutto quando ci troviamo agli albori di una rivoluzione tecnica.
La F1, ahinoi, sta percorrendo quel sentiero che si allontana dalla piena perspicuità. L’opacità comunicativa imposta per interessi materiali dalla proprietà americana (con l’avallo della FIA che è esecutrice appiattita) sta diventando una fastidiosa costante. Se Liberty Media era giunta per rivoluzionare la massima categoria del motorsport anche da un punto di vista mediatico allora possiamo dire che, per ora, l’operazione non è riuscita.
In questa vicenda latita un elemento che dovrebbe essere l’architrave nel rapporto tra chi offre un prodotto e chi ne fruisce: il rispetto. I decisori non rispettano i media con una censura preventiva degna di uno stato assolutista. Gli organizzatori non rispettano i tifosi che reggono la serie. I padroni del vapore non rispettano gli stessi sponsor munifici che, col loro apporto, contribuiscono ad oleare un meccanismo che sembra sempre più inceppato. Ai limiti del grippaggio.
La F1 si dichiara, autolodandosi, come la serie sportiva della massima interazione tra i fan e l’oggetto della loro passione. La verità è tutt’altra e racconta, ahinoi, di una categoria autoreferenziale, inaccessibile come una casta elitaria, refrattaria alle critiche. Una brutta china che speriamo possa invertirsi immediatamente.
F1-Autore: Diego Catalano– @diegocat1977
Foto: F1, Red Bull Racing